Non è ormai un segreto il fatto che le sindromi da stress siano tra le più diffuse nel popolo italiano. Secondo dati ISTAT, circa sei milioni di italiani,dai 18 ai 70 anni, hanno dichiarato di vivere in una condizione di stress perenne causata da lavoro o studio, a seconda dell’età.
Non poche sono le ricerche condotte a riguardo, finalizzate a trovare una cura a questa incalzante “malattia”.
Se si guarda alla definizione vera e propria di stress, si vedrà che si parla di una sindrome generale di adattamento atta a ristabilire un nuovo equilibrio interno. Se si parla, però,di adattamento, dunque di cambiamento interiore rispetto ad una situazione nuova, si farà riferimento ad un riadattamento rispetto ad una situazione originaria, alla quale qualcosa è venuto a mancare.
Riflettendo sull’epoca attuale non sarà difficile comprendere che ci troviamo nell’era in cui l’industrializzazione e macchinazione sta raggiungendo i suoi massimi livelli e la fattibilità si trova ad essere attributo necessario di qualsiasi ente, compreso l’uomo.
La società odierna è articolata su di una dialettica compratore/venditore, posta in un’ottica dove ciò che conta, a livello finale,non è altro che il guadagno.
In poche parole tutto è finalizzato ad uno scopo, ma che ruolo ha la bellezza (pura) in una società dove il bello aderisce col costoso, con ciò che arreca guadagno?
Forse alcuno ed è,forse, proprio questo a scaturire lo stress di una società che ha tutto, ma sente niente,in quanto manca di gusto estetico, da intendersi come quel gusto che fa riferimento al rapporto del soggetto con l’oggetto, libero da vincoli, e non all’oggetto stesso.
Proprio il verbo sentire è importante e mancante: il sentimento puro per una bellezza pura, che riempia l’uomo di meraviglia senza che vi sia alcun interesse, il semplice e genuino poter contemplare la bellezza di qualcosa nella sua pura formalità, senza alcun interesse economico a permeare e frenare, allo stesso tempo, la meraviglia che la bellezza è in grado di suscitare.
La bellezza senza scopi, senza interesse, ma tuttavia favorevole al nostro animo è ciò che manca ad uno schema che non trova spazio per il “senza scopi” nel suo paradigma, pur essendo esso ciò che più viene a mancare, causando non solo il declino del bello, ma anche l’apatia dell’uomo, in quanto se la bellezza pura si fonda sul sentimento, nel momento in cui non vi è bellezza,è proprio il sentire alla base che viene a mancare.
Nonostante l’industrializzazione odierna permetta una larga e rapida diffusione di mode a cui, in un modo o nell’altro,non ci si può sottrarre (veniamo sopraffatti dalle mode) servirebbe una “rieducazione al bello” ,attraverso la rieducazione allo spirito critico personale, in quanto non vi è può essere un’educazione al bello come se fosse un attributo dell’oggetto, essendo la bellezza soggettiva. Si tratterebbe di una rielaborazione delle priorità originarie dell’essere umano che, in quanto tale, non è solo “animale politico” razionale, ma anche necessitante sentimenti puri che possano riempire un’esistenza,di per sé finita, con attimi di stupore che sono in dovere di essere fini a se stessi ed a noi stessi, senza alcuno scopo, se non il favore dell’animo.