Il 2018 è stato l’anno del videogioco Fortnite, lo sparatutto che ha segnato una vera rivoluzione nell’industria videoludica. Nonostante il gioco sia scaricabile gratuitamente, nell’anno appena scorso la Epic Games ha guadagnato ben oltre 2 miliardi di dollari dagli acquisti dei giocatori, record assoluto. La peculiarità sta nel fatto che gli utenti non pagano per ottenere sequenze di gioco o agevolazioni sulla forza del proprio avatar, bensì soltanto per migliorarlo esteticamente. Cosa spinge i giocatori a spendere denaro reale per accessori virtuali e immateriali che neppure influenzano i rapporti di forza dell’universo di Fortnite? Evidentemente la voglia di personalizzare il proprio alter ego e renderlo più accattivante. Durante l’anno appena trascorso i giochi free-to-play come Fortnite (cioè il cui costo iniziale è nullo) hanno incassato ben 87,7 miliardi di dollari contro i 17,8 di quelli premium (per i quali è necessario pagare per giocare.) (Dati: Superdata).
Avatar, realtà virtuale e rappresentazione
Nello scorso anno inoltre è cresciuto di circa un miliardo di dollari il giro d’affari della realtà virtuale (VR), portatosi a 3,6 miliardi di dollari e per il 2019 Superdata ipotizza un raddoppio: 6,2 miliardi di dollari. Ad oggi la realtà virtuale riproduce fedelmente i sensi della vista e dell’udito dell’utente. L’obbiettivo è potenziare soprattutto l’aspetto tattile prima che l’olfatto o il gusto. Quando questi dispositivi – oggi ancora ai primordi – saranno potenziati al massimo e così i nostri organi di senso adeguatamente soddisfatti, potremo vivere esperienze di ogni genere in maniera virtuale, come se fossero reali. Bisogna tuttavia ricordare che sono i sensi ad inviare le informazioni alla nostra mente, che rielaborandole costruisce una rappresentazione del mondo. La mente umana può immaginare realtà alternative: se sono in salotto posso immaginarmi di essere in spiaggia, ma non posso certo avvertire la sabbia sotto i piedi. La realtà virtuale invece immerge l’intelletto in un ambiente alternativo e ne fa provare le sensazioni. Potrebbe la realtà virtuale diventare un mondo alternativo in cui vivere? E condizionare la nostra concezione del mondo reale?
Metzinger e la realtà virtuale
Thomas Metzinger è un filosofo tedesco che si è dedicato allo studio della coscienza, del virtuale e della rappresentazione che l’uomo si costruisce della realtà. Nel suo libro “Il tunnel dell’Io” espone la teoria che la mente sia essa stessa una realtà virtuale. Cioè che la coscienza non sia la riproduzione della realtà, ma soltanto una rappresentazione a partire dai nostri sensi e adeguata ad essi. Il tedesco ritiene che l’uomo abbia una propria visione soggettiva della realtà, che noi in condizioni normali percepiamo e concepiamo come l’unica e vera. Metzinger spiega così i rischi delle realtà virtuali. Tali simulazioni sarebbero infatti capaci di suscitare emozioni reali nell’utente, sottoponendolo a sensazioni predeterminate. Il pericolo per alcuni soggetti, che abusassero di questi strumenti – specialmente se in via di sviluppo – sarebbe quello di non riconoscere il mondo reale rispetto ad uno virtuale – a parità di sensazioni. Oppure quello di identificarsi non con il proprio corpo ma con un avatar. Ogni esperienza illusoria o virtuale influenza quindi l’ “esperienza cosciente” dell’individuo e il suo senso della realtà.
La realtà virtuale magari in futuro potrà essere utilizzata con successo in campi come educazione, ricerca, medicina. Tuttavia è bene considerare i rischi che da essa deriveranno col suo progredire in quanto a “depersonalizzazione” dell’individuo.