Una pianta per amica: intelligente anche senza cervello.

 

Qual è il soggetto della foto?

Che cosa vedete nella foto qui sopra?  Molti, come me, staranno pensando  che il soggetto sia il serpente, nonostante vi siano una miriade di alberi che lo circondano. Questa indifferenza nei confronti del mondo vegetale, percepito esclusivamente come paesaggio o arredo, si chiama Plant Blindness ed è un fenomeno studiato. Molto molto tempo fa, le nostre menti hanno preso l’abitudine di ignorare i vegetali poiché, data la loro presunta immobilità, non hanno mai rappresentato un pericolo. Purtroppo per noi, questa cecità ci ha portato a ritenere le piante organismi viventi molto semplici, al limite con l’inanimato. Ma è davvero così? Le ricerche del professore, eccellenza italiana nel campo della neurobiologia vegetale, Stefano Mancuso dimostrano il contrario: le piante sono forme di vita dotate di un’intelligenza che non avevamo mai avuto la pazienza di capire.

Alla radice dell’intelligenza delle piante: Ted Conference 2012.

Le piante sono, innanzitutto, la prova che in natura non serve avere un cervello per essere intelligenti, lo spiega Stefano Mancuso, alla Ted Conference di Milano già nel 2012. Data la loro scelta di restare radicate nel terreno, non potevano permettersi di affidare ad organi specifici, facilmente attaccabili, la responsabilità delle loro funzioni vitali. Ecco che allora si sono evolute come una rete: ogni radice, dotata di cellule capaci di trasmettere impulsi elettrici, svolge la stessa funzione e collabora con le altre per l’apporto di ossigeno mentre tutte le foglie provvedono a catturare la luce solare. Se un bruco dovesse mangiarsi il 90 percento della pianta, essa continuerebbe a vivere.

A sinistra il World Wide Web, a destra le radici di una pianta. Si assomigliano vero? L’immagine è mostrata dal professor Mancuso durante il suo intervento alla Ted Conference 2012 a Milano.

Anche riprodursi non è facile quando non ci si può spostare: per trasportare il polline le piante hanno  avuto bisogno di un vettore e lo hanno trovato negli insetti. Come fare per essere certi che essi continuino ad attingere dai fiori? Usando la droga. Grazie all’ emissione di sostanze volatili di cui gli insetti non sanno fare a meno, le piante si garantiscono i loro servigi di impollinazione.

I sensi delle piante.

Organismi molto più sensibili degli animali, le piante percepiscono contemporaneamente almeno 15 stimoli chimico-fisici diversi, per fare un esempio i gradienti di concentrazione. Una pianta rampicante che, posta nei pressi di un sostegno, si sporge con sicurezza nella sua direzione non è solo una prova del fatto che esse effettuano dei movimenti ma che lo fanno con criterio, ‘sentendo’ l’ambiente circostante. ‘Vedono’ distinguendo semplici forme grazie alla variazione della luce e ‘odono’ le frequenze basse, come i 200 Hz, le stesse emesse dai ruscelli verso cui le radici tendono a dirigersi per ottenere l’acqua di cui hanno bisogno.

Il fagiolo magico è un esempio di pianta che cresce sapendo dove andare.

Le tredici erbe danzanti.

Nell’ ottobre 2018, grazie ad una collaborazione con l’azienda Ricola, Stefano Mancuso ha lanciato una sfida: mostrare al mondo che le piante sono così piene di vita da riuscire a danzare a ritmo di musica. Grazie alla tecnica, semplice ma efficace, del time-lapse ha raggirato l’ostacolo del tempo: i movimenti che effettuano le piante sono estremamente più lenti dei nostri ed è per questo che esse ci sembrano così immobili. Per dieci giorni è stata registrata una malva del giardino delle tredici erbe Ricola, l’azienda che ha deciso di stanziare i fondi per il progetto. Le note a cui la pianta è stata esposta sono state composte appositamente dal musicista Vittorio Cosma. Il risultato dell’esperimento è stato sorprendente: la pianta, reagendo allo stimolo sonoro, si è mossa davvero seguendo il ritmo, in modo aggraziato e armonioso!

Un futuro in verde.

A cosa possono servire tutte queste scoperte? Il professor Mancuso, inserito dal New Yorker tra le dieci personalità world changers, ha preso ispirazione dalle piante per creare la serra galleggiante Jellyfish, un prototipo autonomo a bassissimo impatto ambientale. Esso, imitando il processo di traspirazione delle piante, sa produrre acqua dolce da acqua salata, salmastra o inquinata, impiegando l’energia solare. La serra potrà farci dire addio ai problemi di alimentazione del pianeta, aggravati dalla scarsità di acqua e di terreni disponibili per l’agricoltura. Oltre agli ibridi, come la serra di cui sopra, un altro possibile sviluppo sono i robot plantoidi che, ad immagine e somiglianza delle piante, serviranno per sondare i terreni ed esplorare i suoli, sport in cui le radici sono già maestre. Infine, si potrebbe cercare di prevedere l’ evoluzione della rete di Internet studiando quella già molto sviluppata delle nostre amiche verdi. 

Camilla Viola