Il filosofo e scrittore americano Jim Holt propone il mistero dell’esistenza come il massimo “perché” che l’uomo può porsi. La domanda sul motivo per il quale noi e l’universo tutto esistiamo ha interessato la filosofia, la religione ed ovviamente anche la fisica, dalla più antica (costituita per lo più da filosofi), fino alla moderna. Wittgenstein, citato anche da Holt, scrisse “Non è perché le cose stanno al mondo ad essere mistico, è il fatto che il mondo esista“. Ciò significa che prima di chiederci come le cose del mondo siano e perché, dovremmo interrogarci sul perché ci sia un mondo.
Leibniz e Dio
Leibniz per primo si pose questo quesito. Come mai esiste il mondo? Perché non c’è il Nulla? Non sarebbe più facile da concepire, il Nulla? Anticamente, prima cioè della Rivelazione biblica, i filosofi si ponevano una domanda diversa. Essi si chiedevano “Che cos’è l’essere?“. Successivamente, ci si è iniziati a domandare “Perché c’è l’essere?”. La risposta fornita da Leibniz, come ha giustamente mostrato Holt nel suo TED, è Dio. Ma il perché ed il percome il filosofo tedesco sia giunto a questa conclusione ne dà una chiarificazione maggiore. La risposta alla nostra domanda trova fondamento nel principio di ragion sufficiente, per la prima volta tematizzato in modo completo da parte di Leibniz. Tale principio afferma che tutto ciò che esiste ha una ragione per esistere e, soprattutto, per esistere in quel determinato modo. Ora, partendo da ciò, Leibniz è giunto alla prima conclusione che se il mondo esiste, se esiste l’essere, necessariamente ci sarà una ragione dalla quale tale esistenza dipende. Ma qual è? Ebbene, Leibniz afferma che la ragione dell’esistenza dell’essere non può trovarsi nell’insieme delle cose contingenti, cioè di quelle cose che hanno necessità di appoggiarsi ad altro per giustificare la propria esistenza. Sarebbe un assurdo se fosse così. Egli afferma dunque “Questa ragione ultima delle cose è ciò che chiamiamo Dio“.
Fisica senza Dio (o quasi)
Holt prosegue il suo intervento introducendo un’altra disciplina che ha da sempre lavorato sul “perché”. La fisica, infatti, si propone di essere un valida alternativa per coloro che, non soddisfatti dalla giustificazione religiosa data da Leibniz, cercano una risposta “atea”. Ma è davvero così? Lawrence Krauss, fisico e saggista americano, citato da Holt, afferma che la teoria dei quanti potrebbe andare a confermare una creazione del mondo ex nihilo. Senza entrare profondamente nel merito della teoria quantistica, essa spiegherebbe in che modo, dal nulla, si genererebbe l’esistenza. Ma Holt, a questo punto, problematizza ad un livello superiore: non è questa una proposta che ricalca una visione religiosa? In breve, la venerazione delle leggi ed equazioni fisiche, non è paragonabile a quella nei confronti di Dio? Ed inoltre, perché proprio queste leggi fisiche?
“Perché proprio queste leggi fisiche?”: i Possibili
Le leggi fisiche sono, al pari delle idee platoniche, dei modelli di descrizione del reale. Esse descrivono mediante linguaggio matematico quello che è presente nella nostra realtà. È quindi del tutto legittimo affermare che determinate leggi fisiche spieghino il “perché” della nostra realtà. Ma è stato dimostrato dalla fisica più contemporanea come altre equazioni fisiche, completamente diverse dalle nostre, che siamo in grado di applicare alla nostra ristretta visione della realtà, descrivano altri mondi, altre realtà possibili. In breve, le leggi fisiche che stanno alla base dell’esistenza del nostro mondo, non valgono per quelle realtà al di fuori della nostra. In realtà, questi mondi sono, cioè esistono da qualche parte. Noi li possiamo chiamare possibili perché non sono mondi che si sono dati alla nostra presenza.
Dal Nulla o dal Tutto? Le realtà casuali
Il considerare il nostro mondo nato o dal Nulla, o dalla moltitudine di Possibili, presuppone che esso sia speciale. Ma cosa stiamo dimenticando? La casualità. Non è possibile infatti che il nostro mondo non sia speciale? Che la realtà che noi conosciamo non sia derivante da un disegno ma sia casualmente generata? Secondo Holt, ci sono prove scientifiche a favore di questa visione dell’esistenza, ben lontana dal poter essere considerata “pessimistica”.
“Perché dovrebbe importarvene? In che tipo di realtà vogliamo vivere?”
In tutta questa indagine filosofica, religiosa e scientifica sembra quasi di esserci dimenticati la componente umana o, meglio, antropologica. Holt, continuando nel suo intervento, analizza l’esistenza umana all’interno delle realtà speciali di cui sopra. Quale senso avrebbe, per noi uomini, vivere in un mondo in cui tutto è possibile? Quale sarebbe il fine delle mie scelte se, in un altro luogo, un altro me stesse scegliendo una strada completamente diversa? Qual è lo scopo di vivere in una realtà dove tutte le strade sono già state prese? In fondo, vivere in una realtà mediocre, qual è la nostra, in un mondo cioè dove c’è il bene ed il male e dove siamo ancora, noi uomini, in grado di creare uno scopo per noi e per l’universo tutto. Non è questa la migliore possibilità di esistenza?
Giuseppe Maria Pascoletti