Se si pensa a Black Mirror: Bandersnatch, non si avverte forse una sensazione di stress o di angoscia? Soffocati da un numero impressionante di realtà alternative, ed altrettanto dalla sofferenza di Stefan, il protagonista, gli spettatori sembrano a tratti non voler più prendere parte al meccanismo di scelte e conseguenze che sta alla base del film interattivo. Un modo come un altro, insomma, per dire che questi sarebbero tentati di smettere di scegliere, di far sì che la storia prosegua autonomamente, senza alcun intervento; ma è davvero possibile non scegliere?
L’impossibilità di non scegliere
Una cosa che non può essere messa in discussione riguarda l’impossibilità umana di non scegliere. Il filosofo danese Soren Kierkegaard lo aveva compreso già nel 1844, all’epoca della prima pubblicazione de Il concetto dell’angoscia – pensiero poi ripreso in Aut-Aut. All’interno dell’opera, egli indaga l’essenza di “una paura senza fondamento, che tortura l’uomo fin dal peccato originale”. Questa paura consiste appunto nell’angoscia, un sentimento negativo inteso come possibilità di esercitare la propria libertà. L’uomo vive non in termini di necessità, bensì di possibilità, ed è proprio questa “infinita possibilità di potere” a generare in lui un vuoto esistenziale e una profonda paura.
Se l’essere umano nasce in quanto decidente e potente, ciò significa che egli non può non esercitare una scelta. Il non scegliere rappresenta a propria volta una scelta, così come l’astenersi indica una scelta di non scegliere. Tale libertà comporta la presenza di un’angoscia permanente, poiché l’uomo si troverà sempre dinnanzi a più alternative – “possibilità che sì” e “possibilità che no” – senza godere di un qualche criterio decisionale e, pertanto, brancolando nel buio “in una posizione instabile”. Tuttavia, il vero problema non risiede nella scelta o nella non scelta, quanto piuttosto nell’impossibilità di fuoriuscire da tale instabilità, accezione che mina il concetto di libertà nella sua interezza.
Black Mirror: Bandersnatch
In Black Mirror: Bandersnatch, film interattivo targato Netflix e pubblicato nel dicembre 2018, lo spettatore prende il controllo della vita di un giovane programmatore, Stefan Butler, decidendo per lui. Durante lo svolgimento della trama, allo spettatore viene chiesto di effettuare varie scelte, che, in caso di riluttanza, verranno prese in automatico al termine dei dieci secondi a disposizione. I finali principali dell’opera sono cinque, ma ne esistono altri considerati non canonici – poiché non portano ad una conclusione in senso stretto.
La vicenda è ambientata nel 1984 e Stefan, basandosi su un romanzo interattivo chiamato Bandersnatch, si occupa della creazione di un videogioco a scelta multipla. Il giovane è sotto terapia presso la dottoressa Haynes, la quale gli propone di parlare della morte della madre. Sin da subito appare evidente un legame tra l’autore del romanzo, Jerome Davies, e lo stesso Stefan. Davies, in seguito all’impossibilità di gestire tutte le storylines del libro, aveva decapitato la moglie nel mezzo di una crisi di nervi; allo stesso modo, Stefan inizia a manifestare i segni di un esaurimento, che culminerà in una vera e propria crisi soltanto in alcuni tra i finali disponibili.
L’illusione della libertà
L’alterazione dello stato mentale del protagonista si deve proprio a quella infinita possibilità di potere delineata da Kierkegaard: la tremenda angoscia esistenziale viene domata soltanto in uno dei finali possibili, ossia quando Stefan comprende come la libertà di scelta sia soltanto un’illusione. Nel momento in cui egli capisce che, benché scegliendo, il giocatore è ugualmente costretto a seguire la trama ideata dal programmatore, allora il giovane completa il videogioco, ricevendo una valutazione di 5 stelle su 5. Il tutto dopo aver ucciso e fatto a pezzi il padre, ovviamente…
Ciò che Black Mirror: Bandersnatch inscena concerne un rapporto triplice tra l’autore, lo spettatore e il personaggio: scegliendo di non scegliere, lo spettatore si lascia guidare dall’autore, esattamente come per Stefan scegliere di non scegliere significa lasciarsi guidare dallo spettatore – e dunque anche dall’autore. Alla base del lavoro sussiste un meccanismo contorto che tuttavia non sembra essere altro che una semplice esemplificazione della (illusione della) libertà: se scegli di non scegliere, la vita e gli eventi sceglieranno per te.
– Simone Massenz