Lo scontro eterno tra innovatori e conservatori spiegato attraverso il romanzo e i social

Essere o non essere? Tradizione o modernità? Analizziamo quest’eterna ed inestinguibile dicotomia guardando al passato e al presente.

Selfie dell’influencer Chiara Ferragni (blog live.it)

Nel Settecento il nuovo genere del romanzo veniva emarginato e imputato di immoralità dall’élite di letterati tradizionali. Oggi la stessa accusa ricade sui nuovi social network, bistrattati e descritti come ‘diseducativi’ da parte di boomers e tradizionalisti della X Generation. Ma perchè il ‘nuovo’ spaventa tanto?

Il romanzo nel 700: un genere nuovo

Il genere del romanzo è oggi preponderante in letteratura. La maggior parte degli scrittori sono romanzieri e i lettori accaniti divoratori di romanzi. Eppure nel Settecento le cose andavano diversamente. La letteratura includeva ed esaltava principalmente i generi della poesia, della commedia e della tragedia, e si contavano ben pochi prodotti letterari in prosa.

Nel Settecento in Europa, e solamente Nell’ Ottocento in Italia, il romanzo ha finalmente fatto la sua apparizione. E’ un genere nato in forza, cioè con numerosissime proposte e sottogeneri: il romanzo di avventura con ‘Le avventure di Robinson Crusoe’ di Defoe, quello cavalleresco con il ‘Don Chisciotte’ di Cervantes e quello sentimentale di Richardson con ‘Pamela’. In Italia si dovrà invece attendere il 1817, anno di pubblicazione del romanzo epistolare ‘Le ultime lettere di Jacopo Ortis’ di Foscolo, e il 1840 per ‘I Promessi Sposi’ di Manzoni.

Tuttavia si è dovuto aspettare più di un secolo prima che il nuovo genere si imponesse definitivamente. Infatti il romanzo ha dovuto prima difendersi e slegarsi dai pregiudizi della ristretta cerchia di letterati della tradizione che lo consideravano privo di dignità letteraria, immorale e riprovevole.

(illibraio.it)

Romanzi e romanzieri messi al bando: le accuse

Per i tradizionalisti del 700 poteva considerarsi letteratura esclusivamente quella regolata dai canoni della poesia classica, che rispettava le unità aristoteliche di spazio-tempo e azione e che era ispirata ai grandi classici latini e greci. Il romanzo si presenta invece come un flusso di parole ininterrotto, privo di scansioni metriche, un prodotto unico nel suo genere e concepito anche da autori non ‘istituzionali’. Inoltre veniva letto da chiunque, per poterlo comprendere era  sufficiente saper leggere, non era necessario conoscere la tradizione e le rigide regole della lirica. Il romanzo iniziò così ad essere letto ed apprezzato da un pubblico molto vasto e questo intimorì ed indispettì i letterati tradizionali.

Le accuse volte al genere e ai suoi protagonisti erano forti e consistenti. Ne rappresentano un esempio quelle volte a Pietro Chiari, romanziere di successo del Settecento. Egli è noto oggi soprattutto per le sue commedie e per esser entrato in polemica con Goldoni, meno per la sua attività romanzesca. I suoi romanzi, oggi illeggibili per la scarsa qualità letteraria, a loro tempo avevano goduto di un’ immensa popolarità ma si erano anche guadagnati l’odio dei tradizionalisti. Per il critico Giuseppe Baretti, Chiari era “un cane da trattare come un cane“, mentre per il vescovo Padre Adeodato Turchi la produzione di Chiari, e di riflesso tutta quella romanzesca, era pericolosa e diseducativa, il leggere era divenuto ‘un furore’, una pazzia che provocava una perdita di autocontrollo nei nuovi lettori inesperti.

Pietro Chiari, romanziere settecentesco (picclick.it)

Il romanzo e i social: trionfo della modernità sulla tradizione

Il romanzo nei suoi primi cento anni di vita è stato emarginato, diffamato e screditato e con lui tutti coloro che vi si cimentavano. Leggere romanzi era considerato quasi una vergogna e chiunque venisse colto con uno di questi libri tra le mani veniva redarguito. Come sappiamo la situazione si è successivamente ribaltata. Le controproducenti accuse provenienti dal mondo della tradizione sono state messe a tacere ed il romanzo è divenuto il genere per eccellenza della modernità. E’ così che dall’800 la tradizione ha perso e la modernità ha visto finalmente il proprio trionfo.

Ma questa situazione non ci ricorda forse la tenace e infondata avversione dei tradizionalisti odierni verso i nuovi social? Sono infatti all’ordine del giorno le accuse degli esponenti di queste generazioni verso Instagram, TikTok e chi con loro. Se descritti da un ‘boomer’ i social network non sono altro che strumenti che fiaccano e ‘corrompono‘ i giovani, mezzi della perdizione che alimentano la superficialità delle nuove generazioni.

Solo chi è nato e cresciuto con le nuove tecnologie di rete e i nuovi media comprende a pieno la forza che questi mezzi di comunicazione portano con sè. I social media garantiscono un’incredibile connessione tra gli utenti, sono un luogo di condivisione di pensieri ed esperienze, un incubatore di informazioni e sapere. Dopotutto, se l’8 dicembre è stato assegnato l’Ambrogino d’oro alla coppia Chiara Ferragni-Fedez, forse i tradizionalisti si sbagliano e si sono sempre sbagliati. Ai due influencer milanesi è stato infatti riconosciuto il merito di essersi distinti grazie all’influenza positiva esercitata su Instagram durante i difficili mesi della pandemia. Tra le numerose operazioni benefiche organizzate, hanno avviato sulle ‘stories’ di Instagram una raccolta fondi che ha permesso la realizzazione di un reparto di terapia intensiva al S. Raffaele di Milano, salvando centinaia di vite.

Chiara Ferragni e Fedez ricevono l’Ambrogino d’oro (coming soon.it)

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