La chimica degli esteri rivive con la primavera e i suoi profumi

Anche quest’anno è arrivata la primavera. Colori, sensazioni e specialmente profumi. Come molti altri aspetti della nostra vita, anche ciò che noi odoriamo è regolato dalla chimica.

Struttura chimica di un estere, il propionato di etile (fonte: MolView)

Gli esteri sono tra i composti organici meglio conosciuti. Sono molecole volatili, e quando vengono emessi da un fiore o da un frutto ne donano l’odore caratteristico. Nella realtà gli aromi sono una composizione molto complessa di molecole diverse, ma per semplicità considereremo solo la gran parte, ossia quella composta dagli esteri.

La primavera e le sue sensazioni

Passeggiate tranquilli per la strada, in una giornata soleggiata. Ridete e scherzate con gli amici e di colpo un’altra cosa attira la vostra attenzione. Un gelsomino vi si para di fronte e subito vi travolge con il suo bianco abbagliante e il suo caratteristico odore. Piacevole o meno, il profumo del gelsomino è molto ben distinguibile. Questo perché i suoi fiori producono delle molecole ben precise, come accade anche per molte altre piante. Solitamente piante, fiori e frutti producono e rilasciano nell’aria degli esteri. Per capire come queste molecole arrivino ai nostri recettori pensate ad una bottiglia di alcol, o ad un bicchiere che contiene una bevanda alcolica. Stappate un buon vino, o lasciate per sbaglio l’alcol denaturato aperto sul tavolo del soggiorno dopo aver fatto pulizie, e nel giro di poco la stanza viene invasa dal tipico odore di alcol. Questo perché l’alcol etilico, la molecola presente anche in birra, vino e superalcolici, è molto volatile. La stessa cosa accade con gli esteri. Sia esteri che alcoli sono molecole organiche, ossia molecole in cui la struttura è composta principalmente da carbonio. La maggior parte degli esteri e degli alcoli con cui abbiamo a che fare ogni giorno hanno un basso peso molecolare, questo significa che sono molecole “leggere”. Vista questa loro leggerezza, come il vento solleva meglio una piuma che una pallina di piombo, si diffondono molto facilmente nell’aria. Quello che succede quindi, sempre pensando alla bottiglia di vino, è che una piccola parte delle molecole di alcol e degli aromi presenti al suo interno si distaccano e volano nel collo della bottiglia fino al nostro naso. Come spesso proviamo sulla nostra pelle in questi tempi di pandemia, alcuni alcoli come quelli usati nei disinfettanti hanno degli odori pungenti, quasi irritanti per le narici. E se pensiamo al gelsomino incontrato per strada con gli amici, non è solo nei suoi profumi che la chimica ha un’importante ruolo. Il suo colore bianco acceso, come il rosso delle rose o il blu delle azalee, sono il risultato di una miscela di pigmenti. I pigmenti sono a loro volta sostanze chimiche, sviluppate dalle piante principalmente per attirare meglio i raggi del sole. Queste sostanze sono presenti anche nei cibi, pensiamo all’arancione della carota o al verde della zucchina, e negli animali. In particolare in questo caso, i pigmenti si sviluppano come arma per attrarre il partner, o come meccanismo di difesa. Un chiaro esempio di animali che sfruttano il potere dei pigmenti ce lo danno il polpo e il camaleonte, maestri del mimetismo.

Nell’industria cosmetica vengono usati composti chimici per arricchire profumi e altri prodotti (fonte: pexels)

Dalle molecole ai profumi

Come alcoli ed esteri sono importanti famiglie di composti organici, ne esiste una terza formata da carbonio idrogeno e ossigeno: gli acidi carbossilici. Prima di questo apriamo però una piccola parentesi. Ho usato il termine “famiglie”, perché? Cosa si intende con “famiglia di composti”? Immaginate di avere a che fare con una famiglia di persone, genitori, figli, zii, nonni e chi più ne ha più ne metta. Ora immaginate che in questa famiglia ci siano maschi e femmine, alti e bassi, magri e in carne. Tutti però, e dico tutti, hanno i capelli biondi. Allora quando alla fiera del paese incontrate una persona con i capelli di quel colore, sapete che è di quella famiglia, indipendentemente dal suo nome, la sua corporatura e che sia simpatica o meno. Con i composti chimici accade esattamente la stessa cosa. Prendiamo ad esempio gli acidi carbossilici, caratterizzati dal gruppo -COOH, in cui il carbonio si lega con un’ossigeno e con un altro gruppo -OH. Fate finta che vedere -COOH al termine di una molecola sia come vedere il capello biondo paglierino di quel vostro compaesano: un composto biondo, con un -COOH, è un acido carbossilico. Pensiamo ora al gruppo -OH. Non vi piacciono i biondi? Perfetto, alla porta accanto abita una famiglia di castani. Alti, bassi, belli, brutti, ma tutti con i capelli castani. Ecco che sapete riconoscere gli alcoli. Ogni volta che incontrate il gruppo -OH su un composto, esso è un alcol. Ci sarebbe qui una precisazione da fare sui fenoli, i cugini aromatici. Chimici non me ne vogliate, ma non posso buttare troppa carne al fuoco in un solo articolo. Torniamo ora sui nostri esteri. Gli esteri sono un pochino diversi dagli altri composti: non si riconoscono per i capelli ma per gli occhi. Sono, diciamo così, tutti quelli con gli occhi verdi. Negli esteri infatti non c’è un vero e proprio gruppo caratteristico. O almeno non come accade in alcoli e acidi carbossilici. Quando si parla di esteri infatti si parla di molecole con al loro interno un “ponte” formato dal gruppo -COO- tra due catene carboniose. Come forse qualcuno avrà già intuito, c’è un filo che lega queste tre grandi famiglie. Osserviamo ancora la loro struttura, chiamiamo per semplicità “R” il resto della molecola, quello che non ci interessa, e concentriamoci sui loro gruppi caratteristici. Sempre parlando della fiera del paese, il nostro R sta a significare alto, basso, bello, brutto, simpatico o antipatico, tutte cose che al momento non ci interessano. Gli acidi carbossilici diventano R-COOH, gli alcoli R-OH e gli esteri R-COO-R’. Una cosa salta subito all’occhio: gli esteri sono identici agli acidi carbossilici, se non fosse per l’H sostituito da un resto di molecola. In effetti una delle produzioni preferite per produrre gli esteri, l’esterificazione di Fischer, prende un acido carbossilico e un alcol per dare un estere e una molecola di acqua. Facciamo un conto molto veloce: R-COOH + R-OH = R-COO-R’ + H2O. Ci si accorge facilmente che il numero di lettere R, C, O e H da una parte e dall’altra dell’uguale è la stessa, quindi la nostra reazione è bilanciata. La grande varietà degli esteri sta proprio nell’avere due R. Posso formare una molecola a partire da un acido con un R molto lungo e un alcol con un R molto corto e ottenere un estere con un braccio lunghissimo e uno cortissimo. Oppure posso scegliere un acido e un alcol con gli R identici, e ottenere quello che si dice estere simmetrico, vale a dire una molecola con R uguale ad R’. Ma se gli esteri ci donano profumi di frutta e primavera, mentre gli alcoli hanno odori più pungenti, cosa fanno gli acidi carbossilici?

Anche alcuni batteri hanno dimostrato di saper produrre esteri grazie a degli enzimi, in figura Escherichia coli, che lo può fare grazie all’ingegneria genetica (fonte: pexels)

Buoni e cattivi odori

Ironia della sorte, sono proprio gli acidi carbossilici alcuni dei composti responsabili degli odori peggiori. L’acido formico è presente nell’urina delle formiche e di altri insetti, l’acido acetico nell’aceto e alcuni altri acidi sono presenti nelle nostre feci. Assieme a loro, nei nostri scarti una gran parte del tanfo è prodotta da composti sulfurei. Quello stesso acido solfidrico che definisce l’odore delle uova marce ad esempio. Oppure indolo e scatolo, molecole aromatiche. Il peggior composto in assoluto in quanto ad odore è il tioacetone. Sintetizzato nell’800, una fuga di questo agente chimico fece impazzire le persone dalla potenza del suo tanfo. Questa molecola, dalla struttura molto semplice, contiene zolfo, proprio come l’odore delle uova marce. Pensiamo ora a qualcosa di più piacevole, come il profumo di albicocche, o di ciliegie, o di mela appena tagliata. Gli esteri infatti ne hanno per tutti i gusti. La maggioranza della frutta ha un odore caratteristico causato da una miscela di esteri. Prendiamo ad esempio le mele. Il butirrato di metile è il principale responsabile del loro profumo. Questo significa che è un estere che può essere sintetizzato a partire da acido butirrico e alcol metilico. Oppure il butirrato di etile, che dona profumo all’ananas. Preferite i frutti di bosco? Nessun problema, c’è il metanoato di butile che profuma le more. Vi piacciono le arance o gli agrumi? Allora vi piacciono l’etanoato e il metanoato di ottile. E i fiori? Proprio come la frutta, anche i fiori hanno esteri che li contraddistinguono molto bene. Facciamo ora un passo indietro: se gli acidi carbossilici sono responsabili di diversi cattivi odori, com’è possibile che invece gli esteri a loro così simili abbiano fragranze piacevoli? Se ci pensate è strano che composti di odore pessimo e altri composti dall’odore fastidioso si uniscano per creare dei profumi, eppure la chimica è spesso imprevedibile. Basti pensare che l’unione di sodio, metallo alcalino estremamente reattivo in acqua, e cloro, gas pericolosissimo, nasca il sale da cucina che maneggiamo e ingeriamo ogni giorno. Tra colori, odori e profumi la primavera è la stagione preferita di molti, un po’ meno forse di chi si ritrova tempestato di allergie e obbligato a prendere medicinali appositi. In fin dei conti allora la chimica non è solo un noioso pezzo di scienza che dobbiamo tutti studiare alle scuole superiori, ma ciò che colora il mondo e lo rende unico e speciale.

 

Ogni profumo di frutta ha una storia da raccontare: è un mix di esteri e altre molecole che dipendono dalla pianta e dalla zona in cui viene colto (fonte: pexels)

 

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