A Grottaferrata, in provincia di Roma, si trova Agricoltura Capodarco, una cooperativa sociale di tipo B che da 40 anni si occupa di inclusione e inserimento lavorativo di persone disabili.
“Inizialmente ci occupavamo maggiormente di disabilità fisica, oggi lavoriamo soprattutto con il disagio psichico, ma anche con ex pazienti psichiatrici o tossicodipendenti“, racconta Salvatore Stingo, responsabile della cooperativa: “Cerchiamo di offrire condizioni lavorative migliori per questi ragazzi, credo nel lavoro come possibilità di riscatto, come modo per integrarsi nella società, anche per chi è meno capace o ha meno possibilità.”

La cooperativa gestisce 40 ettari di terreni, impiegati in diverse attività legate al settore primario e all’agricoltura: dalla produzione orticola a quella del vino, insieme a miele, uova e altri prodotti che confluiscono poi nell’area negozio adibita alla vendita di questi prodotti e nel ristorante parte dell’agriturismo.
“E’ importante per loro interagire con i clienti, fa parte del percorso; l’idea che sta alla base è quella di un’azienda multifunzionale, sul modello della filiera, nel rispetto del chilometro 0 e del territorio, sfruttandone le caratteristiche e le risorse”

Capodarco offre anche progetto parallelo, quello della Casa Famiglia “Milly & Memmo“, rivolto soprattutto ai genitori che hanno figli con disabilità, “genitori magari ormai anziani che si preoccupano del futuro dei figli“; la Casa Famiglia è orientata allora “in ottica successiva, con uno sguardo sul dopo“.
La Casa Famiglia offre l’avvio di un percorso di autonomia, anche dalla famiglia, per sperimentare una vita collettiva, una vita di comunità, anche dopo i genitori.

FARE “AGRICOLTURA SOCIALE”
Le intenzioni di Salvatore e della sua cooperativa sono chiare: accogliere e offrire solidarietà a chi vive in condizione di svantaggio per via di disabilità fisiche e psicologiche, attraverso un percorso di reinserimento sociale e lavorativo nell’attività agricola e ristorativa.
Gli obiettivi che si vuole raggiungere sono due: la centralità della persona e il rispetto dell’ambiente:
“Attraverso l’agricoltura” spiega Stingo “diamo condizioni socio-lavorative migliori a queste persone”.
Le attività connesse all’ agricoltura sociale riguardano l’ambito socio-terapeutico e riabilitativo, quello educativo-didattico, formativo, dell’inserimento al lavoro, dell’animazione territoriale, della promozione del consumo responsabile, della tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale.
Interrogato sulle innovazioni nel settore, il presidente di Agricoltura Capodarco si augura che l’agricoltura sociale riceva maggiore attenzione ed investimenti da parte della PAC (Politica Agricola Comune), “non tanto a livello economico quanto soprattutto in ottica di idea di futuro” in quanto futuro del settore “come capacità dell’agricoltura di dare possibilità ad un territorio“.

IL LASCITO
Esperienze come quella di Capodarco si inseriscono all’interno del corpus teorico e dell’attività pratica di Franco Basaglia, psichiatra italiano sostenitore dell’antipsichiatria già presentata da Thomas Szasz e riformatore del concetto di salute mentale e dell’attività psichiatrica.
A lui si deve la Legge 180, promulgata nel 1978 e conosciuta come Legge Basaglia, unico esemplare nel suo genere, che sancì di fatto la chiusura dei manicomi in Italia e la fine di una certa impostazione nell’assistenza psichiatrica e introducendo il trattamento sanitario obbligatorio assieme ai servizi di igiene mentale pubblici.
Ma allora, nel 2018, a 40 anni di distanza dalla rivoluzione che è stata la Legge Basaglia, cosa rimane oggi?
Sopravvive un passo rivoluzionario ed un tassello fondamentale nella concezione di stato di welfare, sopravvive il vanto e l’orgoglio tutto italiano di un progresso socio-civile di portata internazionale ed unico al mondo, sopravvive il superamento dei concetti discriminanti di normalità e disagio psichico inteso come malattia, come devianza, da confinare; sopravvive la dignità individuale e soggettuale di una Persona, cui è permesso nuovamente la formazione di una rete sociale, relazionale e familiare, a cui è restituita la dignità civile del lavoro; sopravvive l’attività e l’azione di persone come Salvatore, che vanno oltre l’etichetta pre-concettuale di “fascia debole” e portano avanti l’opera di un pensatore unico e di un vero innovatore.
Marco Funaro
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