Perché semplicemente i mostri sono mostruosi, no? Ed è proprio qui che vi sbagliate… E The Witcher 3 può aiutarci a capire come e perché.

The Witcher 3: Wild Hunt (uscito nel 2015) è il terzo capitolo della serie di videogiochi action RPG The Witcher, sviluppato dalla casa di produzione polacca CD Project Red e ispirato all’opera letteraria di Andrzej Sapkowski. Molto apprezzato sia dalla critica che dal pubblico, è stato nominato Game of the Year per l’anno 2015. In esso si conclude la storia del witcher Geralt di Rivia, come sempre ambientata in un vasto mondo da esplorare liberamente. Ci sarebbero molti aspetti interessanti da analizzare in questo videogioco ma in questo articolo vogliamo concentrarci sul suo peculiare uso e rappresentazione del concetto del mostro. Nello specifico sono presenti tre accezioni: una ontologica, una sociale e infine una morale.

I mostri “ontologici”
The Witcher 3 è ambientato in un mondo fantasy medievaleggiante, pieno di magia e (soprattutto) mostri che in questo caso sono principalmente ispirati alla mitologia e al folkore dell’Est Europa. I witcher sono cacciatori di mostri, dei veri e propri professionisti che vengono assoldati per eliminare queste pericolose creature. Infatti, come illustra il professore Stephen Asma nel suo libro intitolato “Monsterology“, se nel nostro mondo i mostri sono spesso prodotti della nostra immaginazione e incarnazioni delle nostre paure, al contrario nel mondo di questo videogioco sono reali e costituiscono un’autentica minaccia esistenziale per i personaggi del gioco. Possiamo quindi parlare di una prima ed evidente accezione “ontologica” del concetto di mostro. Però anche in questo significato le cose sono più complicate di quel che sembrano. Infatti, non tutti i mostri attaccano gli umani: molti sono di per sé innocui e addirittura alcuni mostri (come i vampiri superiori) sono esseri senzienti. A questo punto diventa difficile tracciare una linea netta, “metafisica”, per delimitare che cosa costituisca esattamente un mostro e questo a maggior ragione quando al giocatore è offerta la possibilità di risparmiare le proprie prede (e su questo punto torneremo tra pochissimo). E se già a questo livello niente è così evidente come si potrebbe pensare, le cose si fanno ulteriormente più complesse se analizziamo le altre due accezioni del concetto di mostro presenti nel gioco.

I witcher: mostri “sociali”
La seconda che incontriamo è l’accezione “sociale” del concetto di mostro. Rifacendoci ancora una volta a Monsterology del professor Asma, un’altra delle ragioni per cui “nascono” i mostri è la paura dell’Altro. In questo caso, il modello di mostro è associato allo straniero, al diverso, per “demonizzarlo” e renderlo meno umano. Una sorte simile capita ai witcher che sono considerati dei mostri dal resto della popolazione e per questo subiscono atti di discriminazione (come del resto il resto delle razze non-umane presenti nel gioco come elfi, nani, …). Questo perché i witcher, per poter svolgere il proprio lavoro, oltre ad uno specifico addestramento subiscono una serie di mutazioni che gli conferiscono forza, velocità e abilità sovrumane. Questo però ad un prezzo: cicatrici, sterilità, e la perdita della capacità di provare emozioni. È allora comprensibile che le persone comuni siano spaventate da questi sanguinari mutanti. Anche qui però le cose non sono così semplici poiché seguendo Geralt ci rendiamo conto che non tutti i witcher sono uguali: alcuni diventano effettivamente delle fredde macchine ammazza-mostri, ma altri (come Geralt) sono brave persone che hanno riappreso a provare sentimenti. Forse una famosa citazione di Nietzsche può aiutarci a capirne il motivo:
“Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te“, Friedrich Nietzsche

I giocatori: mostri “morali”
Questa citazione può anche proiettarci sulla terza accezione del concetto di mostro, sicuramente meno evidente ma forse più importante delle altre due: l’accezione morale. Una delle ragioni per cui The Witcher 3 è un gioco tanto amato è l’ampia presenza di scelte moralmente rilevanti. Spesso il giocatore si trova davanti a difficili dilemmi morali (per esempio quando c’è la possibilità di risparmiare un mostro) oppure a delle opzioni che di primo acchito sembrano irrilevanti ma che in seguito si rivelano avere degli effetti importanti, in ogni caso le sue scelte hanno delle effettive conseguenze. E con la scelta arriva anche la possibilità di essere virtuoso o mostruoso. Questo può essere meglio espresso dal concetto di deinos: un termine greco che indica la capacità (tipicamente umana) di essere al contempo terribili e meravigliosi. Quindi è legittimo chiedersi: i veri mostri del gioco non sono forse i giocatori quando decidono di comportarsi in modo immorale? Forse, ma (a costo di ripeterci) anche qui le cose sono più complicate. Infatti, queste divisioni binarie non restituiscono appieno la vita morale degli esseri umani e neanche la vita morale presente nel gioco. Difficilmente una scelta è completamente virtuosa o completamente mostruosa, la maggior parte delle volte si tratta di scegliere tra due mali diversi. Non ci sono bianchi o neri ma un grande mare di grigi e il concetto di mostro può essere il faro che indica la via da non seguire. Oltre che mostrare la profondità di un bellissimo videogioco.
Benjamin Cucchi