Diritti LGBT, quando la corsa ai diritti civili è una questione di marketing

Tutti sogniamo un mondo liberale ed egualitario, dove a tutti siano assicurati i propri diritti, indipendentemente dall’etnia, dal credo o dall’orientamento sessuale. D’altronde si è già abbondantemente discusso in merito all’importanza di sostenere i diritti LGBT, indipendentemente dal fatto che si sia eterosessuali o meno. Il problema si pone quando i diritti civili vengono strumentalizzati al solo scopo di vendere un prodotto, vestendolo con i simboli di una minoranza, o peggio, quando sorpassano i diritti sociali.

Strumentalizzare i diritti LGBT

Strumentalizzare le minoranze

Il fenomeno dei pride e la progressiva apertura del mondo occidentale nei confronti del tema dell’omosessualità, hanno portato anche i grandi marchi ad avvicinarsi alla comunità LGBT. Un avvicinamento tradottosi nella creazione di gadget a tema, nella realizzazione di pubblicità LGBT friendly e nella sponsorizzazione dei pride. Apple ha ad esempio prodotto per il Mese-Pride degli Apple Watch dal cinturino arcobaleno, mentre H&M ha lanciato la Collezione Arcobaleno e la catena di supermercati Coop ha pubblicato uno spot pubblicitario a tema LGBT. Lo stesso è stato fatto da Netflix, Disney, Amazon, Google e tutti i più grandi colossi della produzione. Non ci sarebbe niente di male ed anzi sarebbe un bene, se vi fosse un reale interessamento da parte delle grandi multinazionali alla tematica dei diritti civili. Tuttavia, come quasi ogni cosa nell’era del consumismo, anche in questo caso si tratta di semplici trovate pubblicitarie, che fanno leva su un tema oggi molto sentito, specialmente dai giovani, per promuovere un prodotto o un marchio.

Strumentalizzare i diritti LGBT

La doppia faccia di questa ipotetica tolleranza e filantropia è evidente nel caso della squadra inglese Manchester City. Fin dal 2018 essa si è infatti esposta sul tema LGBT, manifestando il suo sostegno alle lotte per i diritti civili, ad esempio apportando i colori arcobaleno al proprio logo in occasione del Mese-Pride del 2018. Eppure il 1° settembre 2008 il Manchester City veniva rilevato dallo sceicco Mansour, degli Emirati Arabi Uniti, in cui al tema LGBT non si accenna nemmeno e dove anzi l’omosessualità è ancora perseguitata legalmente. E così, molte altre aziende propongono una faccia di tolleranza in Occidente, per poi tappare gli occhi davanti ai soprusi patiti dalla comunità LGBT in altre parti del mondo.

Quando i diritti civili distraggono dai diritti sociali

Quello che fa ancora più paura è che il tema dei diritti civili sia stato trasformato in un surrogato dei diritti sociali. Che senso ha vestirsi di arcobaleno se poi verremo ugualmente vessati sul posto di lavoro? A che serve scendere in piazza per il pride, se poi si rischia di perdere il diritto allo sciopero? A destra e a sinistra non si parla più di lavoro precario, morti sul lavoro e ore lavorative non retribuite, ma per il tema LGBT c’è sempre un presunto opinionista pronto a parlarne in televisione. La lotta per i diritti civili è una distrazione dall’unica vera lotta di cui c’è bisogno, ossia quella per i diritti sociali, da cui poi i diritti civili derivano naturalmente. Lottare per un mondo più eguale dal punto di vista economico e lavorativo è l’unico modo per assicurarsi una vera e piena libertà, che si riflette poi ovviamente anche nella sfera della libertà sessuale. Guardiamo ad esempio il caso di Deliveroo, messosi in primo piano per la battaglia LGBT, ma continuamente sotto i riflettori per le condizioni lavorative a cui sottopone i propri fattorini. Stesso discorso vale per Amazon, che manda i propri ambasciatori con le magliette arcobaleno “Glamazon” al pride di Milano, per poi obbligare i propri lavoratori a turni lavorativi insostenibili.

Strumentalizzare i diritti LGBT

D’altra parte Dolce e Gabbana, pur essendo dichiaratamente gay, non hanno poi sofferto grandi discriminazioni in vita propria. Questo perché, anche in questo caso, il reale conflitto risiede nel contrasto tra ricchi e poveri. Se vogliamo perciò evitare un futuro dove ognuno è ugualmente sfruttato sul posto di lavoro -senza differenze per l’orientamento sessuale però!-, è determinante che la lotta per i diritti civili torni ad essere parte integrante della lotta per i diritti sociali.

Alessandro Porto

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