Ostetrica condannata per omicidio colposo: il dibattito sul giusnaturalismo e sul diritto positivo

Un’ostetrica è stata condannata a un anno e nove mesi di reclusione per omicidio colposo dopo la morte di un bambino durante il parto: fino a che punto i diritti naturali possono influenzare il codice legale?

Notizia di venerdì è quella sulla decisione della Cassazione riguardo al caso verificatosi nel novembre del 2008 in una clinica di Salerno.
Messa sotto accusa è un’ostetrica ritenuta colpevole di omicidio colposo «per imprudenza, negligenza e imperizia» riguardo alla gestione di un parto che ha portato alla morte del feto durante la nascita.

La decisione della Cassazione

Secondo l‘accusa l’ostetrica non avrebbe rilevato la sofferenza del feto non comprendendo la necessità di accelerare la sua estrazione che così era nato morto per asfissia perinatale.
La Cassazione ha quindi emesso la sentenza, per ora sospesa, di un anno e nove mesi di reclusione; a ciò l’ostetrica ha risposto presentando un ricorso alla Suprema Corte contestando la decisione di condanna per omicidio colposo e ritendendo invece il fatto un caso di aborto colposo, chiedendo quindi di fatto una riduzione drastica della pena.
La decisione della Cassazione viene dalla scelte di considerare il bambino, in processo di nascita, una persona e non più un feto; per questo dunque si ha il passaggio dall’accusa di aborto colposo a quella di omicidio.
Il bambino tuttavia si trovava di fatto in un limbo, non essendo nè feto nè cittadino vero e proprio con diritti civili; seguendo però la Cassazione evidentemente si può, anzi si deve, dire che il bambino avesse in ogni caso dei diritti.
Ciò quindi a cui la Cassazione si appella è il diritto naturale alla vita che si ha non in quanto cittadini di un determinato paese ma semplicemente in quanto persone.

La posizione giusnaturalista

Ma che valore possono avere questi diritti a fronte di quelli legali e civili legati alla singola costituzione?
Per rispondere a questo quesito si può prendere in considerazione il dibattito creatosi tra il pensiero giusnaturalista, sviluppatosi fra ‘600 e ‘700, e la risposta a tale movimento che si esplica per lo più nel pensiero di Thomas Hobbes.
Il concetto di base della prima corrente di pensiero è il voler cercare un principio unitario e stabile a discapito della considerazione dei vari diritti civili, visti come troppo variabili, senza una vera stabilità e soprattutto senza una vera giustificazione per la loro imposizione.
Al contrario i diritti naturali non hanno bisogno di una vera e propria ragion d’essere in quanto costituiscono un tratto universale di tutti gli uomini senza costituire tema di dibattito ma anzi unendo i molti.
Alla base di questa concezione vi è quindi una visione più che positiva della natura, tuttavia sono presenti molti esponenti che si pongono come risposta critica a questa corrente di pensiero, il maggiore dei quali è Thomas Hobbes.

Il pensiero hobbesiano

Parte principale della teoria hobbesiana consiste nella confutazione di ciò che il giusnaturalismo riteneva essere base fondante del diritto umano ovvero il diritto naturale.
La situazione in cui questo diritto si sviluppa è, secondo Hobbes, lo stato di natura: stato iniziale della storia umana in cui vale la legge del homo homini lupus ovvero “ogni uomo è lupo per ogni altro uomo”.

Questo perché per natura nell’uomo sussiste solo l’egoismo individuale che spinge l’uomo a cercare di arrogarsi ciò di cui necessita per il suo sostentamento, anche a discapito degli altri, creando così una perenne guerra civile.
Per uscire da tale situazione serve dunque, secondo Hobbes, la creazione di quello che chiama “contratto sociale” tra gli uomini: tale legge va a rendere possibile quella che è la società che si pone un bene che non è quello del singolo ma quello comune.

Diventa chiaro come quindi nel pensiero hobbesiano il diritto civile e positivo sia quanto mai necessario e superiore rispetto a quello naturale, visto invece come elemento che divide l’uomo lasciandogli la libertà di sopprimere quella altrui.

Il dibattito tra diritto naturale e positivo, seppur in termini diversi, è ancora vivo, come si vede dall’accesa questione riguardante le legge 194 sull’aborto: è tuttavia giusto dire che qualsiasi scelta verrà presa a riguardo sarà considerata arbitraria e lascerà di sicuro una grande fetta di società insoddisfatta e in grande malcontento.

Davide Zanettin

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