Negli ultimi anni molti ricercatori si stanno chiedendo se la musica possa essere utilizzata in ambito clinico, per esempio per migliorare gli effetti di una psicoterapia.

La musica è sempre stata una fedele compagna dell’uomo, pronto a sostenerlo in ogni momento della sua esistenza. Lei è presente quando siamo felici, quando abbiamo voglia di ballare e di festeggiare, quando siamo tristi, quando siamo innamorati e quando siamo arrabbiati. Si adatta ad ogni tipo di situazione e non chiede mai nulla in cambio. Vista quindi la sua importanza nella ostra quotidianità, è stata oggetto di numerosi studi nel corso del tempo, anche nell’ambito clinico. In tanti infatti si sono chiesti se la musica potesse essere un valido alleato della psicoterapia, quindi essere utilizzata anche in ambito clinico. In questo caso si parla di musicoterapia.
La musicoterapia
Nel 1996 la World Federation of Music Therapy ha definito la musicoterapia come ‘l’uso della musica e/o di elementi musicali da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un utente o un gruppo, in un processo atto a favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. […]‘. Da poco tempo si parla di utilizzo della musica in ambito clinico, ma sembra che il suo impiego in tal senso risalga addirittura all’antica Grecia. Da quel momento in poi infatti tantissimi studiosi di tutto le epoche hanno cercato di comprendere meglio e di definire la natura del linguaggio musicale.
L’impiego della musica in ambito clinico però risale appena agli anni ’50 del secolo scorso, quando psichiatri e medici di tutto il mondo hanno iniziato a pensare al modo in cui la musica potesse essere utilizzata durante un processo terapeutico. Si riteneva infatti che la musica potesse contribuire al raggiungimento di una serie di obiettivi, tra cui migliorare le capacità di insight e l’espressività del Sé corporeo, facilitare le relazioni interpersonali e contenere i propri vissuti emotivi.

La musica ci aiuta a regolare le nostre emozioni
Come già detto in precedenza, la musica si adatta ad ogni situazione e soprattutto all’emozione che stiamo provando in quel momento. Infatti siamo soliti scegliere la musica in linea con il nostro umore e lo facciamo sia quando siamo di buon umore sia quando siamo tristi. Ma perché quando siamo tristi ascoltiamo musica triste? Alcuni ricercatori si sono posti lo stesso quesito e la risposta sembra piuttosto semplice. Sembra si tratti di un modo per distrarci dall’evento triste, un modo per incanalare la nostra tristezza in qualcos’altro.
Inoltre ognuno di noi utilizza una logica diversa da quella degli altri per scegliere il brano più adeguato per quel determinato momento, ma gli studiosi hanno individuato 4 strategie che solitamente utilizziamo per scegliere il brano da ascoltare. La prima è definita ‘connessione‘, cioè quando si sceglie un determinato brano musicale perché ritrae bene l’emozione che stiamo provando o perché ci si identifica molto bene con il testo. La seconda è definita ‘trigger‘ (o innesco) della meoria perché la scelta del brano in questione ha delle associazioni con avvenimenti o con persone del passato. La terza strategia ci porta a selezionare un brano musicale perché è considerato bello, quindi quandi ha un valore estetico molto elevato ed infine si può selezionare un brano per il suo messaggio musicale, cioè quando l’ascoltatore si identifica con il messaggio racchiuso nella canzone.
L’ascolto di una canzone triste in un momento triste della nostra vita sembrerebbe quindi che ci permetta di fronteggiare meglio ed accettare quel momento. Da molti invece è utilizzata come un porto sicuro, un posto felice che permette di staccare, anche se per poco tempo, dalla realtà.
L’utilizzo della musicoterapia nelle psicoterapie
Alla luce di tutto questo, è possibile affermare che la musica ci aiuti nel regolare le nostre emozioni, positive o negative che siano. Per questo oggi sono in molti a pensare che la musicoterapia possa giovare alle persone che stanno attraversando un momento triste o particolarmente difficile della loro vita, fungendo da strumento di sostegno e di supporto. Continuando su questa linea, alcuni si sono anche chiesti se la musica potesse essere utilizzata con persone che presentano una sintomatologia più seria, quindi nei casi in cui non si parla più solo di una fase transitoria e momentanea. Sono state svolte diverse ricerche in merito ed i risultati lasciano ben sperare.
Un recente studio ha evidenziato gli effetti positivi dati dalla combinazione tra psicoterapia e musicoterapia in pazienti affetti da depressione. È stato registrato un aumento del tono dell’umore maggiore rispetto a quello registrato a seguito di una terapia standard. Un altro aspetto interessante è che la combinazione delle due terapie si è rivelata essere efficace non soltanto per gli adulti, ma anche per bambini ed adolescenti. Altri studi hanno invece messo in evidenza il ruolo benefico della musica nell’ambito delle cure palliative. Sembrerebbe che la musica abbia contribuito a ridurre i livelli di ansia e depressione in malati terminali dopo appena una seduta di musicoterapia. Si spera che in furuto questi risultati positivi possano spingere altri ricercatori ad ampliare la letteratura in merito all’argomento.
Coco
Si tratta di un film d’animazione del 2017 ed uno dei temi principali del film è proprio la musica. Miguel, il protagonista, è un ragazzino che sogna di diventare un musicista, proprio come il suo idolo Ernesto de la Cruz, ma purtroppo è costretto a coltivare il suo sogno in segreto perché la musica, in tutte le sue forme, è stata bandita dalla sua famiglia. Il motivo di tale scelta risale a qualche generazione prima. La sua trisavola Imelda era stata abbandonata dal marito perché quest’ultimo voleva perseguire il suo sogno di diventare un musicista. Nonostante questo ferreo divieto, Miguel non rinuncia al suo sogno e decide di esibirsi di nascosto ad una gara di mariachi. Gli manca però qualcosa di fondamentale, uno strumento. La sua chitarra infatti era stata distrutta da sua nonna, la quale aveva scoperto il sogno di Miguel. Il ragazzino allora sarà costretto a prendere in prestito la chitarra di Ernesto de la Cruz dal suo mausoleo, poiché era convinto di essere il suo pro-pronipote per via di una fotografia che aveva trovato sull’ofrenda di famiglia.

Basta una nota suonata con quella chitarra per trasportare Miguel nel mondo dei morti, dove non solo ritroverà i suoi parenti, ma sarà costretto a fare una corsa contro il tempo per ritrovare Ernesto e farsi rimandare nel regno dei vivi prima che sorga il sole. Si susseguiranno una serie di avventure, collegate tutte dalla musica. Se all’inizio quest’ultima aveva diviso una famiglia, costringendola a bandirla per sempre, alla fine riuscirà a riunirla, facendo riscoprire ai suoi membri la gioia e la bellezza di poter festeggiare su quelle note che per anni avevano allontanato.