L’attacco all’Arabia Saudita e gli interessi dietro il petrolio

A Riad il 5% della produzione mondiale di greggio va in fumo,subito gli USA incolpano Teheran, mentre la domanda mondiale di oro nero cresce.

Cresce la tensione internazionale per l’attacco di origine ancora incerta al complesso di raffinerie saudite che ha portato immediate conseguenze diplomatiche ed economiche. Tutto questo per una sostanza oleosa, frutto di processi biochimici e geologici durati milioni di anni, da noi usata nel settore industriale ed energetico.

L’attacco dal cielo

Con una ventina di droni militari e probabilmente con l’ausilio di missili da crociera, una delle più grandi raffinerie di petrolio al mondo è stata messa fuori uso. L’attacco è stato rivendicato dai ribelli sciiti Houti, sostenuti dall’Iran, ma gli USA accusano l’Iran stesso di essere il diretto responsabile dell’attacco, lanciato dalle proprie basi militari e da quelle in territorio iracheno sotto il suo controllo. Lo stato persiano replica respingendo ogni accusa e definendo il tutto “insensato”. Intanto le borse mondiali segnano una flessione, mentre i titoli del greggio sono in netta ascesa, oscillando intorno al +10% rispetto a ieri.Con la perdita di più del 5% della produzione mondiale di petrolio, la peggiore della storia, gli Stati Uniti si preparano ad attingere alle loro riserve strategiche, onde evitare disagi simili a quelli della crisi energetica del 1979, scaturita dalla rivoluzione iraniana. Il Medio Oriente non è certo nuovo a questo genere di situazioni, basti pensare agli incendi dei pozzi petroliferi appiccati in Kuwait durante la Guerra del Golfo dalle truppe di Saddam Hussein, o al sequestro dei pozzi petroliferi da parte delle forze dell’ISIS. Questo perché i paesi del golfo Persico hanno basato la loro economia sul petrolio sin da quando ne furono scoperti i giacimenti, sfruttandolo per aumentare la propria ricchezza ed influenza politica in Medio Oriente , la stessa che ora spinge gli Stati Uniti ad accusare l’Iran per difendere i propri interessi.

 

Ma perché il petrolio è cosi importante ?

Il petrolio, dal tardo latino petroleum, composto da petra ‘roccia’, e oleum ‘olio’, è una sostanza formata da vari idrocarburi, ovvero composti organici formati unicamente da carbonio e idrogeno. Sono molte le teorie sulla sua formazione, ma quelle tuttora riconosciute considerano il petrolio il risultato dei lenti processi biochimici che hanno coinvolto i resti di microorganismi, piante e animali rimasti sepolti per milioni di anni, in particolare nei fondali marini. Inizialmente il materiale organico,sepolto sotto vari strati di sedimenti, viene decomposto da batteri anaerobici, ovvero operanti in assenza di ossigeno, e responsabili della formazioni di enormi quantità di metano. Successivamente con la crescita dei sedimenti cresce anche pressione e temperatura nei depositi, innescando nuovi processi chimici che trasformano il materiale organico nel miscuglio chiamato comunemente petrolio. Una volta estratto i vari idrocarburi vengono prima separati da acqua e minerali, poi raffinati tramite distillazione, dove vengono ottenuti vari prodotti dall’ampio utilizzo, quali bitume per l’asfalto, carburanti vari fra cui benzina e metano, oltre che i precursori necessari per i materiali plastici. Proprio questo suo ampio utilizzo nel settore energetico e in quello dei materiali lo ha reso una risorsa indispensabile e contesa, basta guardarsi intorno per capire di che portata è il suo impiego nella fabbricazione di oggetti di uso comune. Inoltre, dopo la sopracitata crisi energetica del ’79, le grandi potenze mondiali si resero conto dell’importanza di avere un rifornimento costante di risorse energetiche che sostenessero la loro crescita, concorrendo fra di loro per accaparrarsi quanti più giacimenti possibili, sia con l’uso della forza, che tramite vie diplomatiche. USA ed Arabia Saudita ne sono un esempio, cosi come in altre dispute internazionali, dal Venezuela al Mar Cinese Meridionale, le varie potenze del globo ancora oggi cercano, oltre a preservare i giacimenti sotto il loro controllo, di ottenerne di nuovi e più ricchi, con gli obbiettivi di accaparrarsi più risorse possibili e di acquisire potere ed influenza internazionale.

Il ruolo del petrolio in futuro

In che misura nei prossimi decenni, l’oro nero inciderà nelle scelte politiche, nelle scelte economiche, nelle scelte ambientali della comunità internazionale ? 

Sicuramente ci sarà , secondo l’International Energy Agency, un sostanzioso incremento nei prossimi 5 anni dello sfruttamento delle energie rinnovabili, in continua ascesa da circa 12 anni, con la Cina a guidare la scena internazionale per tecnologia e produzione,secondo il rapporto “Statistical Review” della Bp,  cosa che porterà dunque a rivalutare l’importanza economica a livello energetico del petrolio.  Anche il settore delle bioplastiche, ovvero plastiche biodegradabili e compostabili segnerà, secondo le previsioni dell’European Bioplastics, una crescita positiva nei prossimi 5 anni, seppur lasciando ai derivati del greggio, almeno fino a quando non si avrà la tecnologia necessaria, l’ambito produttivo responsabile delle forniture di materie plastiche resistenti ad un utilizzo prolungato e a condizioni ambientali avverse , settore in cui le bioplastiche si prestano male, quali tubature, rivestimenti esterni ed imballaggi industriali. Perfino il mercato delle auto elettriche, secondo BloomberNEF segna un decisivo rialzo, con un +120% di vendite in Italia, nonostante ciò l’energia necessaria alla loro alimentazione sarà ancora per molto prodotta da carburanti fossili fra i quali il petrolio. E sempre BloombergNEF ad affermare infatti che solo nel 2050 le fonti di energia ecosostenibili provvederanno al 50% del fabbisogno energetico mondiale, raggiungendo un picco del  92% in Europa. In definitiva, il petrolio continuerà ancora per diversi decenni ad essere una risorsa largamente sfruttata e largamente contesa, e finché ci sarà bisogno di petrolio, e finché esso rappresenterà una fonte di guadagno, esso rappresenterà anche una fonte di potere, per cui “vale” la pena combattersi.

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