Analisi del tema dell’immigrazione in chiave filosofico-antropologica: il pensiero di Girard applicato ad un fenomeno globale, nello specifico alla situazione in Italia.
Il fenomeno dell’immigrazione è stato ampliamente discusso, e negli ultimi tempi il nuovo governo giallo-verde ha posto l’accento su alcuni avvenimenti e problematiche, spesso anche con toni accesi e dichiarazioni forti. I risultati delle elezioni per il parlamento europeo in Italia hanno visto una vittoria schiacciante della lega sugli altri partiti. La lega si è da sempre espressa sul tema dell’immigrazione, il che ha condotto moltissimi italiani a farsi delle opinioni, basandosi principalmente sulle analisi di stampo politico comunicate dai media. È possibile, però, analizzare questo argomento anche da un punto di vista filosofico.
Desiderio mimetico, rivalità e conflitto
René Girard, antropologo e filosofo francese contemporaneo, attraverso le sue teorie ha esaminato la storia della cultura umana e della società, basandosi anche, nella sua attività di critico letterario, su celebri testi di scrittori quali Shakespeare e Dostoevskij. Nelle sue pubblicazioni, l’autore espone delle teorie innovative e con una risonanza estremamente attuale. Girard, infatti, partendo dalla lettura di romanzi classici, arriva ad individuare e teorizzare il desiderio mimetico, ovvero imitativo. Da questo punto, ampliamente trattato dal filosofo, egli descrive come rivalità mimetica il conflitto che si sviluppa a partire dagli oggetti e dal desiderio di appropriazione che diversi individui hanno nei confronti di questi. La rivalità mimetica, in quanto imitata, è contagiosa, perché gli individui tendono ad avere gli stessi modelli e a desiderare le stesse cose.
Violenza mimetica: come il governo cerca di gestire la crisi
Quanto detto sopra, in un quadro più ampio di crisi economica, in cui si ha difficoltà a trovare e mantenere un lavoro, diventa motivo di insoddisfazione, sconforto e tensione tra la popolazione. Emerge qui immediatamente il parallelismo con la situazione attuale dell’immigrazione in territorio italiano. Spesso abbiamo sentito, letto o visto tramite i media il nostro ministro dell’interno e vicepremier Matteo Salvini fare leva sui sentimenti negativi degli italiani, con frasi enfatiche che ripetevano come mantra gli stessi concetti, accentuando il fatto che anche gli immigrati possano voler trasferirsi in Italia per lavorare, privandoci del nostro lavoro, della nostra terra, sconvolgendo la nostra cultura. Lo sconforto indotto nella popolazione, spesso accompagnato anche da contenuti multimediali o articoli, diffusi dal fronte anti-immigrazione, che collegano gli stranieri alla criminalità e alla violenza, aumenta i sentimenti di paura e rabbia degli italiani. È esattamente ciò che Girard definisce violenza mimetica, che è anch’essa imitativa come il desiderio, e può pericolosamente e rapidamente diffondersi a catena.
L’individuazione del capro espiatorio e il suo ruolo nella crisi economica
Ciò che succede a questo punto dell’escalation mimetica è facilmente intuibile: in assenza di un unico e identificabile colpevole, viene scelto un bersaglio sostitutivo, definito dall’antropologo francese il capro espiatorio. Esso va a tutti i costi eliminato, secondo la teoria girardiana ciò avviene tramite uccisione o espulsione. In questo caso, il capro espiatorio non è uno solo, ma un insieme di persone; per avere un esempio concreto di ciò, basti pensare alle numerose immagini e notizie riguardanti i barconi carichi di migranti, talvolta bloccati prima di attraccare sulle coste italiane. È come se allontanando il capro espiatorio, contro cui le persone sfogano i propri sentimenti negativi, si avesse la risoluzione del conflitto. In realtà, allontanare gli immigrati o aumentare nel popolo risposte emotive forti e potenzialmente pericolose, non è utile per risolvere il conflitto di appropriazione: essi restano coinvolti nel meccanismo vittimario, capri espiatori, bersagli sostitutivi della crisi, ma proprio perché sono dei finti nemici, la crisi non cessa con il loro allontanamento.
Chiara Checchetto