Bergson, filosofo e matematico parigino, nel 1907 scrive il suo capolavoro “L’evoluzione creatrice”. La vita è uno slancio vitale, che irradia energia spirituale che contagia tutti i livelli della realtà. Il mondo è quindi un organismo unitario.
La sua è un’idea di continuità tra la vita biologica e quella della coscienza.
Tra spirito e realtà scorre un’unica energia vitale: la vita – animale, vegetale ed anche quella razionale umana – è originata da un unico impulso: lo slancio vitale, l’elan vital.
È un’energia libera e non costretta, che risulta imprevedibile e si muove in ogni direzione.
Da ciò si origina la grande varietà delle specie viventi: l’evoluzione si muove in ogni direzione.
Questa energia potentissima e inarrestabile non è scomponibile e non è reversibile ma piuttosto implica la conservazione integrale del passato:
nel suo sviluppo, con ogni evoluzione, in ogni momento comprende in sé sempre quelli precedenti.
Questo slancio si irradia in ogni direzione, con più o meno decisione, e ciò spiega perché le specie viventi siano così diverse tra loro – piante, animali e uomo.
Le analogie tra animali e vegetali si ravvisano proprio perché entrambi sono due diramazioni di uno stesso nucleo originario, la vita che sorregge la realtà.
Bergson non è un filosofo finalista: il processo creativo ed evolutivo è sì unitario ma non c’è un disegno precostituito. La vita infatti si muove in ogni direzione, liberamente e in “totipotenza” – ha la possibilità di divenire tutte le cose, e gradualmente si attualizza e si specifica.
Bergson paragona la vita dell’universo ad un proiettile che esplode in mille pezzi, ognuno di questi frammenti è una forma di vita.
La contingenza ha fatto in modo che noi fossimo nella nostra forma attuale e non in un’altra.
La nostra forma non è una necessità ma piuttosto un’espressione della libertà dell’energia vitale.
Bergson parla di una realtà in movimento che si manifesta e genera se stessa, ovvero dell’evoluzione creatrice.
LA GIORNATA MONDIALE DELLA BIODIVERSITA’
Come l’azione dell’uomo sia riuscita a distruggere intere specie nel giro di pochi secoli non è un fatto recente.
Quando i primi membri delle specie umana entrarono nel continente australiano riuscirono a distruggere la maggior parte delle specie animali in pochi decenni, sterminandole e portandole all’estinzione.
Negli ultimi secoli però l’industrializzazione ha portato a dei cambiamenti climatici che agiscono non più su scala locale, ma globale, distruggendo interi ecosistemi.
I mille frammenti del proiettile ormai sono stati distrutti da una sola specie.
Il 22 Maggio, dal 2000, si festeggia la giornata mondiale della biodiversità.
Le specie in estinzione dimostrano che l’evoluzione creatrice potrebbe avere un freno, che è proprio l’uomo.
130 paesi nella scorsa settimana si sono riuniti a Parigi in una assemblea dell’ONU per parlare del problema della biodiversità.
Le stime dell’uomo indicano che in pochi decenni potrebbero scomparire un milione di specie viventi. Nei passati quarant’anni sono state perse il 60% delle specie.
Secondo gli studiosi per evitare questo collasso è necessario smettere di sfruttare intensivamente gli ecosistemi per finalità umane.
Il mondo è un organismo unitario – proprio come aveva anticipato Bergson – e la perdita di specie porterebbe a delle conseguenze su scala globale:
dal cibo all’energia, dall’acqua potabile alla produzione di farmaci all’assorbimento di anidride carbonica.
L’unico modo di preservare la biodiversità e di non far collassare l’intero pianeta è quello di agire, limitando lo sfruttamento delle risorse e muoversi verso quelle sostenibili.