Il disturbo dipendente di personalità è caratterizzato da una dipendenza così estrema da essere patologica. Tenere in vita una relazione intima nella quale qualcuno si prende cura del soggetto in questione è fondamentale per non sentirsi perso, abbandonato e senza punti di riferimento.
Spesso le persone attribuiscono un’accezione negativa al concetto di dipendenza. Per alcune è una forma di debolezza, per altre invece è vitale perché significa avere qualcuno che si prende cura di noi, come nel caso dei bambini. Come per tutte le cose, ‘est modus in rebus‘, nel senso che c’è bisogno di equilibrio in tutte le cose e la dipendenza non fa eccezione. Dipendere da qualcuno è normale e spesso ci aiuta a superare momenti difficili o situazioni particolarmente stressanti, il problema si presenta quando la dipendenza diventa morbosa. Si crea quindi un legame talmente tanto forte con un’altra persona che alla fine non se ne può più fare a meno, non ci si può allontanare da quella persona e si perde la capacità di essere autonomi ed indipendenti. La caratteristica principale del disturbo dipendente di personalità è proprio il bisogno eccessivo di essere accuditi ed un eccessivo affidarsi agli altri.
Il disturbo dipendente di personalità
Si tratta di uno dei dieci disturbi di personalità presenti nella sezione ad essi dedicata nel DSM-5. Il disturbo dipendente di personalità è stato collocato nel cluster o gruppo C, insieme ai disturbi evitante ed ossessivo-compulsivo di personalità (da non confondere con il disturbo ossessivo-compulsivo). Questi disturbi sono stati raggruppati perché sono caratterizzati da ansia, paura, da forte preoccupazione e disagio. L’individuo deve presentare almeno 5 o più dei seguenti elementi affinché possa essergli diagnosticato il disturbo dipendente di personalità, tra cui forte paura relativa al dover badare a se stessi e a prendersi cura di sé, cercare con urgenza una nuova relazione intima quando quella precedente termina e fare cose che non piacciono come mezzo per ottenere l’approvazione ed il sostegno degli altri.
Chi ne soffre si sente debole, perso e si rivolge agli altri per ottenere sostegno, per delegare responsabilità e per evitare di dover prendere decisioni. Le persone inoltre temono di restare da sole, di perdere chi si prende cura di loro ed è una paura con la quale non riescono a smettere di vivere. Si potrebbe quindi pensare a persone passive perché non intraprendono attività di alcun tipo senza il parere o l’approvazione dell’altro; in realtà sono pronte a fare qualsiasi cosa pur di mantenere e di preservare la loro relazione intima, quella senza la quale si sentirebbero smarriti. Nel caso in cui la loro più grande paura dovesse concretizzarsi, le conseguenze potrebbero essere anche piuttosto gravi. Spesso infatti le persone con disturbo dipendente di personalità sviluppano la depressione maggiore in seguito alla perdita di una persona e quando questo accade possono mostrare comportamenti suicidari; sono inoltre a rischio elevato di sviluppare un disturbo d’ansia e la bulimia.
Alcune ipotesi sulla genesi del disturbo dipendente di personalità
Gli psicoanalisti del passato ritenevano che tale disturbo si manifestasse a seguito di difficoltà nella fase orale dello sviluppo psicosessuale, mentre oggi quest’idea non è più molto condivisa. Le teorie contemporanee ritengono che sia più probabile la presenza di un modello pervasivo di rinforrzo genitoriale sulla dipendenza che agisce in tutte le fasi dello sviluppo. Sembrerebbe infatti che famiglie di individui con disturbo dipendente di personalità presentino una ridotta espressività, un elevato controllo e scarsa indipendenza. Alla base di tutto quindi ci sarebbe un legame di attaccamento insicuro poiché molti genitori comunicano ai figli l’errata convinzione che l’indipendenza sia minacciosa e piena di insidie nascoste. Sembra modesta invece l’influenza delle componenti genetiche e dei fattori ambientali.
Quali sono i motivi che spingono una persona con disturbo dipendente di personalità a cercare così affannosamente qualcuno da cui dipendere? I motivi ipotizzati sono molteplici, ma tra i più condivisi ce ne sono due. Il primo è legato a profonde ansie, le quali spingono la persona ad aggrapparsi agli altri per mascherare la sua aggressività. In questo senso quindi si potrebbe parlare della formazione di un compromesso che difende dall’ostilità, la quale viene però contemporaneamente espressa. La persona che costituisce l’oggetto dell’attaccamento del soggetto dipendente può percepire le richieste di quest’ultimo come assillanti ed ostili. Il secondo motivo ipotizzato sostiene l’idea secondo la quale il comportamento dipendente sarebbe un modo per evitare la riattivazione di esperienze traumatiche del proprio passato.
Le onde del destino
Nel 1996 fa il suo debutto il primo film della ‘Trilogia del cuore‘, insieme a Idioti (1998) e Dancer in the Dark (2000). I tre film sono accomunati dal medesimo destino dei protagonisti, un destino crudele causato dalla loro eccessiva bontà e dal loro altruismo. La protagonista è Bess, una giovane donna estremamente cattolica che decide di sposare Jan, un ateo altrettanto convinto, attirando così su di lei lo sdegno e la disapprovazione della comunità nella quale vive. Questo però non le importa, ciò che conta è poter stare con il suo amato. L’idillio viene ben presto rovinato a causa di un incidente che Jan avrà sul posto di lavoro, rendendolo paralizzato. Bess allora cadrà in uno stato di profonda disperazione, si sentirà smarrita e farà di tutto per cercare di aiutare il marito a guarire.
Durante i primi minuti del film i problemi di Bess iniziano a far capolino, acuendosi ed ingigantendosi al momento dell’incidente di Jan. Bess infatti si dimostra fin da subito innamoratissima di Jan ed il suo amore per lui non conosce ostacoli, per questo non si cura di ciò che la sua comunità pensa di lei. Ogni volta che Jan deve andare a lavoro, Bess si fa prendere da uno stato di agitazione perché si sente sola, persa e non riesce ad affrontare da sola i problemi della vita. Dopo l’incidente però tutto si complica: la sua paura di essere abbandonata cresce di giorno in giorno e questo la porterà a voler fare di tutto affinché suo marito possa guarire. Il sentimento nei confronti del marito e la sua devozione col passare del tempo la annulleranno, la renderanno sempre più insicura e sempre più svalutata, il tutto in climax che la condurrà alla morte.
Martina Morello