La disposizione naturale dell’uomo alla metafisica ci rovinerà tutte le serie che amiamo

“A me m’ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c’è una ragione. Perché proprio in quell’istante? Non si sa. Fran”, quando Alessandro Baricco scrive questo passaggio di Novecento sta ritagliando con discreta precisione l’attimo in cui si realizza l’inizio della fine. Quell’onomatopea poco musicale e ingenerosa giunge come una cesoia su l’esiziale momento della frana, il primo cedimento della slavina, l’inclinazione ferale che rompe l’equilibrio. Infatti, parla di accorgersi di non amare più, di scoprire che non la pace non c’è più, che un treno come questo non passerà più, che gli anni della giovinezza non ci sono più. Qual è stato il momento preciso in cui avete capito che la vostra serie preferita stava iniziando la sua discesa? Fran. La letteratura di settore ha adottato come sineddoche per tutti i punti di rottura delle serie un altro punto di rottura di una serie, peraltro amatissima.

In principio fu il salto dello Squalo contro California Kid

Convocato a Hollywood per un provino a causa delll’allure da nuovo James Dean, Arthur Fonzarelli, per tutti e per sempre Fonzie, si trova a rivaleggiare con California Kid, idolo assoluto da quelle latitudini. Lo scontro rusticano tra i due si consuma con una prova di coraggio: saltare con gli sci d’acqua una gabbia in cui nuotava un pericoloso squalo. Il salto dello squalo, affrontato da Fonzie con l’iconica livrea, giubbetto di pelle e t-shirt immacolata, e boxer da bagno, increspa in maniera impercettibile lo stagno della narrazione di Happy Days, fino ad allora placida e confortevole nella sua pacata tela conservatrice. La serie ha incantato l’America facendo risplendere il glamour degli anni ’60 e ha stregato il resto del mondo declinando il perfetto paradigma dell’american way of Life. Dopo il salto con lo squalo (5×03, la serie affronta ancora sei stagioni, con nuovi personaggi (il più vitale e fruttifero è Chachi Arcola, cugino di Fonzie, che debutta proprio in quella puntata e sarà il marito di Joanie e futuro protagonista di un infelice spin-off) e nuovi snodi. Ma lo squalo rimane un vulnus con la credibilità dello spettatore, un azzardo infelice che macchia il tessuto narrativo generale.

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Ci sono stati molti modi per saltare lo squalo e sono tutti sperimentati sulla nostra pelle di binge-watcher. Cambio di cast immotivato\insoddisfacente (dalla terza alla quarta stagione di Misfits, Daario nel Trono, Spartacus, il vuoto lasciato da Lightow alla fine della quarta stagione di Dexter). Fran. Sviluppo non coerente dei personaggi (il rabbonimento di Dexter, Jim e Pam di The Office). Fran. Decadimento a macchiette degli stessi (Ross che sbaglia nome sull’altare per farci capire che nulla cambierà e che possiamo stare molto tranquilli nella Friends-confort-zone). Fran. Furbate assortite (guest star come se piovesse, film trattati dalla serie mentre la serie stessa stava ancora in onda, inspiegabile nuovo setting, come la quinta stagione di Fringe), riempitivi patetici (una puntata montata su clip tematiche, un must dai tempi di Popeye e Betty Boop, fino ad arrivare a Lost e a GoT), allungamento esponenziale della trama, culto assoluto dello status quo (nessuno impara dagli errori, sentenze e condanne terribili spesso evase con disarmante facilità, secondo il principio dell’immunità del Joker, il fallimento diventa l’unica opzione possibile se, come alternativa, c’è la rottura dell’equilibrio o, peggio, una crescita del personaggio, come accade a Jon Snow che viene allontanato, la sistematica eliminazione di personaggi secondari che potrebbero alterare il placido scorrere dell’identico). Fran. Fran. Fran.

Quel peculiare destino della Ragione Umana

In due passaggi delle due edizioni della Critica della Ragione Pura, Kant inchioda con pochi passaggi la pochezza della ragione umana che si specchia nella grandezza alla quale, da sempre, ambisce. Ci troviamo assediati da questioni che non possiamo evitare (la nostra mente le esige: è davvero metaphysica naturalis) ma non abbiamo la forza (meglio, il materiale) per ottenerne risposte valide.

da numina blogNascono così domande sul senso ultimo, racchiuse in tre giganteschi punti interrogativi: l’unità del soggetto pensante (l’anima), unità dei fenomeni (il mondo), l’unità della condizione di tutti gli oggetti del pensiero in generale (Dio). In questo contesto. Al centro del primo percorso, vi è la psicologia, per studiare il mondo, frequentiamo la Cosmologia mentre la Teologia studia il divino. Sono pseudoscienze, ai tempi delle Critiche kantiane, non hanno prodotto risultati soddisfacenti e hanno trascinato nella loro insipienza anche la Metafisica, nobildonna decaduta a sussurri e voci. Il balbettio di queste discipline nasce dalla consapevolezza che gli oggetti dei loro studi non sono oggetto di esperienza: non conosciamo né Dio né l’Anima, figuriamoci il senso del Mondo. Ogni conoscenza parte (ma non si esaurisce) con l’intuizione sensibile spazio-temporale: di questi elementi non ne abbiamo elementi operativi, pur sviluppandone, umanamente, naturalmente, i concetti. Se applichiamo questa attitudine cognitiva dell’uomo, la “disposizione naturale” alla metafisica, alle risposte di senso ultimative, alla narrazione per immagini (filmica o seriale, poco importa) vediamo in controluce lo sfondo oscuro che non ci permette di goderne appieno. Più o meno famose, più o meno mainstream, ogni produzione apprezzata salta lo squalo: dietro ci può essere una scelta precisa (come illustrato), una veniale miopia, una colpevole ma ingenua leggerezza o la lenta china raziocinante e fallace della nostra mente. La nostra attitudine all’incondizionato (così Kant indica l’ossessivo avventurarsi la dove non arriva ossigeno) non si esaurisce e non esauriscono così le polemiche che si sollevano di fronte agli snodi narrativi. Non saremo mai contenti e non saremo mai d’accordo. Anche un servizio zerbinato da fan-fiction non troverebbe proseliti, anzi. Viziati o umiliati troveremo sempre uno scampolo per porsi i nostri interrogativi e ricavarne una conclusione degna, davvero eroica ma destinata almeno dal punto di vista gnoseologici indebita.

casualwanderer

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