La storia dell’italia non è solo sui libri di storia ma anche nelle canzoni del Festival di Sanremo.
I cantanti spesso descrivono meglio di cento pagine scritte il volto del paese. Quello che pensa e che vuole, cosa lo rende felice e cosa triste. Agitazione, tradizione e realtà hanno sempre fornito agli autori grande appoggio per parlare agli italiani, e ci sono riusciti.

Anni ’60-’70
Televisione, lavatrice, macchina… Nelle case degli italiani arrivano tanti nuovi oggetti all’avanguardia, che caratterizzeranno la loro vita e quella delle generazioni successive. Com’è possibile? Appena vent’anni dopo una micidiale guerra, potersi permettere tutto ciò? Semplicemente con un Boom Economico, proprio quello che investì il Bel Paese negli anni Sessanta, spingendone ai massimi storici economia ed autostima.
In seguito si registrarono anni movimentati e, addirittura, violenti: dalle rivoluzioni del 1968, ai fenomeni di terrorismo degli anni ’70. Prima gli studenti, poi gli operai e le donne decidono di dire basta! Basta a una società comandata da pochi “padroni”, basta al potere dei professori, dei datori di lavoro, dei genitori, degli uomini. Da destra a sinistra si formano dunque movimenti di protesta, che creeranno una forte spaccatura nei giovani, tanto da etichettare politicamente qualsiasi cosa ( si pensi ad esempio ai vestiti, alle scuole, alle radio…).
Gli anni Settanta sono macchiati dal sangue causato dal terrorismo “rosso”, di estrema sinistra, e “nero”, di estrema destra. Due modi diversi di agire, lo stesso obbiettivo: spaventare la gente. Il primo operava su singoli individui, come dimostra il caso Moro, spesso di alta caratura, come politici, magistrati o poliziotti, mentre il secondo mirava ad un maggior numero di vittime, come dimostrano le stragi di Piazza Fontana (Milano, 1969), di Piazza della Loggia (Brescia, 1974), della stazione di Bologna ( 1980). Tanto caos e tanta paura appositamente generati per abbattere lo Stato, rovesciarlo completamente.
Tanto scalpore creò anche Adriano Celentano al Festival di Sanremo del 1966, quando partecipò col brano ‘Il ragazzo della Via Gluck‘. La canzone è un vero e proprio inno contro la feroce urbanizzazione che non guardava in faccia alla natura e all’uomo. Una denuncia contro le colate di cemento ( “…mentre là in centro io respiro il cemento…”) e le costruzioni spropositate. Un forte grido ambientalista, già negli anni ’60.

Gli anni ’80-’90
Dopo tanta caoticità arriva una semplice, e sana, confusione: la vittoria ai mondiali di calcio (1982), le notti magiche (1990), Tangentopoli (1992-93), Non ci resta che piangere ( 1984, Benigni e Troisi). Insomma, dopo le montagne russe che hanno caratterizzato il ventennio precedente, il popolo italiano si gode la fantastica vittoria in Spagna sotto la guida di Bearzot, e i grandi successi delle pellicole di Benigni, Troisi, Verdone, Banfi, Bud Spencer e Terence Hill.
Qualche sorriso per Mani Pulite, perlopiù amari; se è vero che si incarcerava un’intera classe politica corrotta, è anche vero che mostrava un brutto lato della nostra penisola. Non certo un episodio felice, ma era quello di cui c’era bisogno. Infine si è andati a sbattere il muso nel 1990: mondiali di calcio in casa, ovvero tante aspettative e moltissima energia positiva che portano ad un unico pensiero, vinciamo! Ma non fu così. Perdiamo ai rigori contro l’Argentina. E quattro anni dopo peggio ancora: quei maledetti rigori ( “maledetti” solo fino al 2006) ci fecero perdere la finale contro il Brasile.
Nel 1983, con ‘L’italiano‘ Toto Cutugno, sempre a Sanremo, racconta il nostro paese. Narra delle abitudini ( “…la moviola la domenica in TV…”, “… una Seicento giù di carrozzeria…”, “… gli spaghetti al dente…”) e dei cambiamenti che stavamo vivendo (“… troppa America sui manifesti…”, “… con più donne e sempre meno suore…”), inserendo precisi riferimenti alla religione (“… buongiorno Dio…”) e alla politica (“… un partigiano come presidente…”).

Gli anni 2000
Innovazione e tecnologia, ma anche crisi e disastri ambientali, questa è l’Italia del Terzo Millennio. Come nel resto del mondo, anche qua arrivano i computer portatili, i cellulari, le macchine elettriche e le questioni più problematiche, quelle che ci scuotono l’anima e il portafoglio. Abbiamo sempre letto o sentito dire di come nell’ insicurezza e nell’ instabilità abbia vissuto il nostro paese, ma quando questi due mostri li vediamo davanti a noi è tutta un’altra storia. Nel momento in cui la casa che crolla è la nostra, lo stipendio risicato è il nostro, ecco che capiamo davvero chi siamo, e reagiamo.
Viviamo oggi nella globalizzazione, che ci costringe ad indossare migliaia di maschere, ad essere ogni giorno qualcuno di diverso: apriamo il cassetto e scegliamo. Oggi studente e domani avvocato, oggi marito e domani padre, oggi scherzoso e domani triste. Tante cose allo stesso tempo. E’ una gabbia nella quale ci siamo voluti chiudere noi.
Questo stato viene descritto bene da due canzoni, sempre esordienti a Sanremo: ‘Italia amore mio‘ di Pupo, Filiberto, Canonici, e ‘ Una vita in vacanza‘ de Lo stato sociale. La prima è una lettera d’amore all’Italia, alle sue tradizioni e alla sua storia, a quel passato che è fondamento del presente e del futuro di ciascuno di noi, che piaccia o no, e non si può cancellare, mentre la seconda parla appunto del nostro essere camaleonti, di cambiare in base alla situazione che viviamo, dell’essere obbligati a scegliere una forma nella quale vivere per un’ora o un anno. Poi ancora spinge a riflettere sul secolare tema del lavoro, una spina nel fianco.
Il Festival di Sanremo ha due certezze: il grande successo ( anche quest’anno ascolti alle stelle!) e il fatto che racconta il paese. Ne intercetta l’umore e i sentimenti, riesce a inviare il suo messaggio a milioni di italiani, perché a differenza di giornalisti e politici è semplice e diretto.