A cinquant’anni dal memorabile Italia-Germania 4-3 riviviamo questa storica rivalità.
L’entusiasmante partita fra Italia e Germania esprime bene la competizione fra le due nazioni, che è sia sportiva che storica-culturale.
La partita del secolo
Un tipico pomeriggio afoso messicano. Più di 100.000 spettatori seduti vicinissimi nell’accogliente Stadio Azteca di Città del Messico. Semifinale del Mondiale 1970.
Entrando i tifosi stavano sicuramente discutendo di una partita tesa, probabilmente determinata dagli episodi o dalle abili giocate tecniche dei loro campioni dei quali indossavano le magliette e gridavano i nomi, come per invocarli. I tedeschi sicuri di sé e del superbo cammino compiuti negli incontri precedenti, gli italiani schiacciati dalla pressione dei giornalisti e reduci da due mondiali negativi ed un inizio tiepido di quello in corso.
Uscendo piangevano. Sapevano tutti di essere entrati a far parte della storia calcistica e non solo. Sui volti dei nostri connazionali scorrevano lacrime di gioia pura e dolore, ma di quello che ti fortifica. I rivali erano disperati per la mancata rimonta che avrebbe significato la finale del torneo.
Una targa affissa allo Stadio che ospitò il match ricorda “La partita del secolo“, così come è stata definita da cronisti e giornalisti contemporanei, senza sbagliarsi. Il telecronista RAI Nando Martellini regalerà questa frase ai milioni di telespettatori esultanti nelle loro case: ” Due ore di gioia e sofferenza“. Questo era, nulla di più e nulla di meno.
Che meravigliosa partita!
Passano solo otto minuti dal calcio di inizio e Roberto Boninsegna, dal limite dell’area, spara un sinistro insidioso all’angolo della porta tedesca. Siamo in vantaggio. La partita procede senza grandi difficoltà e le bandiere tricolore già sventolano festanti nel chiaro cielo messicano e sembrava che niente potesse placarle. Ma ci pensa Karl-Heinz Schnellinger nei minuti di recupero che, a pochi passi da Albertosi, non sbaglia. Supplementari.
Il pareggio acciuffato allo scadere inietta nel sangue tedesco una speciale adrenalina, quella agonistica, che permette ai rivali di condurre per 2 a 1 al minuto 94 ( rete di Muller). L’Italia riesce pochi minuti dopo (98′) a pareggiare i conti col difensore Burgnich e a ribaltare il risultato con un gol di Riva. Finisce il primo tempo supplementare ed inizia subito il secondo ed ultimo atto. Italia 3 – Germania 2.
Al minuto 110 Gerd Muller colpisce di testa a distanza ravvicinata indirizzando il pallone verso il secondo palo. Lì copriva la zona Gianni Rivera, che proprio in quel momento si era spostato di pochi centimetri dal legno. Sufficienti e fatali a far passare la sfera del 3-3. Passano pochi secondi e Boninsegna è già dall’altra parte, affonda sulla fascia sinistra e passa la palla indietro, verso il centro dell’area. Ad attenderla… Rivera. Proprio lui! Complice del terzo gol tedesco ora si trova nella posizione dell’eroe. E ne approfitta. Segna il 4-3 che vale la vittoria degli azzurri e l’accesso alla finalissima contro il Brasile di Pelé.
Una rivalità storica
Questa partita riassume in modo eccelso la complessa storia di due nazioni vicine: Italia e Germania. La rivalità fra i popoli, ancora oggi viva più che mai, è riconoscibile in alcuni eventi passati che hanno contribuito a fomentare questa lotta pacifica ed esaltante.
Già nel 98 d.C. Tacito metteva in luce le popolazioni germaniche definendole resistenti al freddo e alla fame, con carattere duro e grande forza fisica, a discapito dei romani, ritenuti molli e ridicoli. Martin Lutero e le 95 tesi sposteranno questo scontro sul piano culturale-religioso, chiamando in causa addirittura il pontefice.
Per citare episodi più vicini a noi nel tempo basta pensare al rapporto di amore e odio che vincolava Hitler e Mussolini. Prima amici che si ispiravano a vicenda poi condottieri egoisti concentrati solo sul guadagno personale. Se gli italiani accusavano i tedeschi di averci coinvolto in una guerra folle e distruttiva, loro ci incolpavano della disfatta del Patto d’Acciaio causata dalle fallimentari campagne militari.
Ancora oggi gli scontri sul campo da calcio coi cugini tedeschi pompano nel nostro sangue quella rivalità sana e agonistica, che rende novanta minuti ( o 120 come nel 1970) una battaglia interiore dove perdere e vincere. I precedenti storici sono a nostro favore e sappiamo quanto valga una vittoria contro i rivali storici. Che partita!