Figlio di boss mafioso si dissocia pubblicamente: combattere il “pensare mafioso” come Peppino Impastato

Durante la manifestazione “Disarmiamo Napoli” – organizzata dopo il ferimento della piccola Noemi in un agguato ad un pregiudicato – era presente anche Antonio Piccirillo. L’uomo, ventitré anni, è figlio del boss Rosario Piccirillo. Alla manifestazione sventolava un cartello con su scritto “La camorra è una montagna di merda”. Non ha esitato a dichiarare con un megafono che rinnega il padre e che la camorra gli fa schifo. Ha spiegato come la vita da figlio di camorrista lo abbia segnato. Il padre, dice, usciva ed entrava dal carcere continuamente e di rado poteva stare tranquillamente a casa. Antonio continua dicendo che vuole crescere ipropri figli secondo i suoi valori e nonostante ami il padre, lo rinnega. Infine ha invitato tutti i figli di camorristi a fare lo stesso e a battersi per una vita migliore.

Peppino Impastato

“La mafia è una montagna di merda”

Antonio Piccirillo ha deciso di citare proprio Peppino Impastato e riformulare la sua frase più emblematica sostituendo a “mafia” la parola “camorra”. Il ragazzo di Cinisi proprio 41 anni fa fu condannato a morte dalla mafia, venne ritrovato morto il 9 Maggio 1978 (lo stesso giorno dell’uccisione di Moro). Qualche analogia tra i due c’è. Peppino era come Piccirillo figlio di un mafioso. Il siciliano aprì la sua Radio Aut, dalla quale denunciava le malefatte mafiose in chiave satirica e ironica. Il boss Gaetano Badalamenti – che abitava a soli cento passi da casa di Peppino – fu deriso pubblicamente e ribattezzato “Tano Seduto”. Impastato viene infatti preso da Piccirillo come il modello di chi si ribella alla mafia dei padri.

Corteo in memoria di Peppino Impastato

Caratteristiche del metodo mafioso

La mafia ha bisogno di nascondersi dalle istituzioni e dai cittadini, ma di essere comunque percepita come presente. Quello che Innocenzo Fiore descrive come “il pensare mafioso” si esplica soprattutto in due aspetti. Il primo è il ritenere la famiglia come più importante, più forte, rispetto all’individualità della persona e dell’intero tessuto sociale. Il che porta l’affiliato a costruire una mafia famigliare, tramandata ereditariamente e che può contare soltanto sui parenti. Nei casi più recenti i giovani che entrano a far parte delle organizzazioni vedono in esse una famiglia vincente, superiore a quella naturale e che consente di fargli avere successo, in questo senso l’assenza dello Stato e di un tessuto sociale forte è determinante. Il secondo aspetto del “pensare mafioso” è che esso è un modo di essere ereditato e trasmesso internamente alla famiglia. Impastato quarant’anni fa e Piccirillo oggi dimostrano che il “pensare mafioso” si può interrompere e debellare, a partire dai giovani. La mafia ha bisogno di omertà che la protegga. Così chi parla delle organizzazioni diventa una spina nel fianco, un danno.

Oggi, come 41 anni fa, Peppino è vivo e lotta insieme a noi.

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