Sandro Ruotolo è un noto giornalista e cronista, attivo contro le mafie, specie in Campania ma non solo. Lo stesso giornalista che ad Ottobre scrisse dell’infrastruttura che gestisce l’apparato social della Lega, rinominato “La Bestia”. Lo stesso uomo che oggi si vede tolta la scorta che gli era stata assegnata dopo le minacce del boss del clan dei Casalesi. Un uomo abbattuto per questo fulmine a ciel sereno. E nel frattempo, si sospetta anche che sia un gesto pilotato, una sorta di sporco gioco di potere, degno della serie televisiva “House of Cards”
Difficilmente in questi giorni non avrete sentito parlare del fatto che a Sandro Ruotolo, noto giornalista antimafia, sia stata revocata la sua scorta. Dopo tre anni e mezzo, da quando ha ricevuto minacce di morte da parte di Zagaria, boss del clan dei Casalesi. E, come ha ricordato Roberto Saviano, è un errore mastodontico perché “La mafia ha la memoria lunga e non dimentica“. E nel conflitto tra Stato e Mafia, abbiamo bisogno di uno Stato forte che si comporti da Stato, non uno che abbandona uno dei suoi maggiori esponenti della lotta antimafia
Chi è Sandro Ruotolo
Ma cominciamo facendo un po’ di chiarezza. Chi è Sandro Ruotolo? È un giornalista che è stato attivo per molti anni soprattutto nella regione Campania e a Napoli. Ha collaborato molti anni con Michele Santoro. Nel 2013 si candida nella lista Rivoluzione Civile, ma a causa dello scarso successo della lista in Campania non viene eletto. Nel 2015 viene messo sotto scorta dopo le minacce ricevute da Zagaria, a seguito delle indagini portate avanti da Ruotolo sul traffico dei rifiuti tossici in Campania. A fine 2018 scrive un articolo, pubblicato anche su YouTube, in collaborazione con FanPage.it, dove fa luce su “La Bestia“, ovvero l’infrastruttura soggiacente alla macchina social di Salvini e della Lega.
“La Bestia”
In quest’ultimo servizio viene messo in luce quale sia e come funzioni l’apparato social di Salvini. Di fatto è un sistema che analizza post su Facebook e tweet per permettere al leader della Lega di essere sempre sul pezzo. Viene anche messo in luce il ruolo del supporto di fake accounts e di sostenitori stranieri, come ad esempio esponenti di Turning Point e la NRA (National Rifle Association). Si mette quindi in dubbio il vero seguito del ministro degli interni. All’interno dell’articolo vengono anche messi in luce alcuni meccanismi prettamente psicosociali, che spiegano perché vengano utilizzati questi metodi di aumento del consenso.
Alcuni meccanismi del consenso
Principalmente abbiamo i meccanismi del “salto sul carro del vincitore“. Si tratta di un fenomeno per cui ci troviamo a votare o a schierarci per un partito che già di per sé sta ottenendo un grande consenso (vedi anche, ad esempio, Forza Italia ai suoi tempi). “La Bestia”, viene usato anche per diminuire il dissenso (e quindi far sembrare ancora maggiore il consenso), visto che il senso di compattezza e di gruppo che si viene a creare porta ad atteggiamenti ostili nei confronti di chi esprima un’opinione contraria (il cosiddetto “squadrismo digitale“).
Questo è un fenomeno particolarmente insidioso perché va anche oltre il post o il tweet, portando anche ad insulti ripetuti nel tempo nei confronti delle stesse persone. Terzo, avere un gruppo di riferimento prettamente ostile, con atteggiamenti razzisti aiuta a disinibire le resistenze alla messa in atto di comportamenti aggressivi. E tutti coloro che covano questo tipo di sentimenti finiscono col far parte di quell’elettorato e sostenerlo. Di fatto, Salvini e compagnia hanno permesso di dare giustificazioni ad atteggiamenti razzisti attraverso meccanismi di disimpegno morale. Si danno giustificazioni cognitive, di vario tipo e riferiti a vari aspetti della loro condotta, tali che permettano moralmente il loro atteggiamento. Come il minimizzare le conseguenze, deumanizzare le vittime, diffondere le responsabilità o adoperando il cosiddetto “confronto vantaggioso”. Così il suo elettorato può esprimersi, ad esempio, contro gli immigrati giustificandosi e affermando di non essere razzisti. Non scappano dalla guerra, ne abbiamo presi troppi, sono solo delle bestie, nessuno in Europa li vuole, perché dovremo prenderli noi… E l’evergreen, “prima gli Italiani“. E persino, chiunque si opponga è “razzista nei confronti degli Italiani”. La lezione insomma è che se volete dare dello sporco negro al prossimo povero senegalese che vi chiede l’elemosina perché non ha di che mangiare, abbiate premura di farlo pensando ai terremotati ad Amatrice. Poi elogiate il vostro dolce e coraggioso figlio, che è andato a cercare la fortuna a Londra, e insultate gli inglesi che gli fanno fare solo il lavapiatti.
La rimozione della scorta
Tornando a noi, a Febbraio 2019 la scorta di Sandro Ruotolo è stata rimossa. Molti si stanno chiedendo se sia solo una coincidenza o meno. Chiaro, l’ombra del dubbio che si tratti di una macchinazione degna di House of Cards non può non esserci.
Se nella serie Tv Frank Underwood si muove di intrigo in intrigo fino a conquistare la presidenza degli Stati Uniti, in molti ritengono ci sia qualcosa di sporco dietro una rimozione del genere. Ricordiamo infatti che sia un fatto gravissimo, dato che il clan dei Casalesi non è di certo noto per la loro misericordia. Senza entrare nel merito degli intrighi, appare comunque ovvio come ci volesse una presa di posizione forte da parte dei viceministri dopo la decisione del Viminale. Di Maio, per una volta, ne ha detta una giusta affermando fosse un atto assolutamente deplorevole e da rivedere. Dopo mesi e mesi di discussioni da parte dei fan di Salvini circa la rimozione della scorta a Saviano, e le promesse del ministro travestito da poliziotto di ridurle del 30%, ci voleva una posizione forte. Lo Stato può battere la mafia solo a patto che si comporti da Stato. Uno stato forte, e, per quanto inetto e corrotto, fermo e moralmente deciso a risolvere la questione. Non uno Stato che mette in pericolo coloro che hanno lottato e combattuto contro i boss mafiosi. E di certo non uno Stato in cui un ministro si può permettere di prendere posizioni come quelle dichiarate contro i suoi maggiori esponenti. Non uno in cui un ministro degli interni può permettersi di minacciare un esponente della lotta antimafia. È inaccettabile e non si può restare a guardare. Esprimiamo qui tutta la nostra solidarietà per Sandro Ruotolo, sperando possa riavere la sua scorta. E riavere la sua vita: una vita difficile, fatta di reclusione e paura, ma col sostegno dello Stato per cui si è battuto
Matteo Sesia