L’abominio della violenza sui bambini

Il fatto di cronaca

Il 2 febbraio su Repubblica.it esce un’articolo dal titolo “Bimbo ucciso a Cardito, il giudice: “troppo orrore negli interrogatori”, il sottotitolo cita la sorellina: “finalmente vado via da quella casa”. Un uomo ha ucciso a bastonate il figlio di 6 anni della compagna e riempito di botte anche la sorellina, la madre ha provato a difenderli, ma la violenza dell’uomo si è riversata anche su di lei. L’uomo confessa la verità agli inquirenti, dicendosi molto dispiaciuto per come sono andati gli eventi, che purtroppo ha perso il controllo per uno scatto di rabbia, ammettendo di aver esagerato e portando come movente della reazione il fatto di essere stato svegliato dal chiasso dei piccoli.

Analisi

Stiamo parlando di un forte episodio di violenza domestica messo in atto dal compagno dell’ultim’ora della madre delle piccole vittime. Ogni forma di violenza è abominevole, in ogni luogo, contesto e situazione, ai danni di chiunque e per mano di ognuno, ma quando quest’ombra pesante entra in casa, la questione acquista sfumature molto più cupe. La casa è il luogo ideale, non fisico, ( per gli inglesi è la differenza tra home e house ) in cui idealmente ci dovrebbero essere amore, cura e protezione. Nessuno sta dicendo che nelle case debbano esserci tutte famiglie da copertina, perché di fatto non può essere, perché l’essere umano ha tanti, infiniti, singolari e unici modi di esprimere e garantire i suddetti requisiti. Fortunatamente nella maggior parte dei casi è cosi, in pochi non lo è, come in questo. La follia di un uomo che si scaraventa su dei bambini è forte, non esiste al mondo persona più indifesa, non porta con se solo conseguenze fisiche ed evidenti, che malgrado tutto guariscono, porta con se lacerazioni interiori per questi piccoli, creando buchi enormi nella psiche di queste creature, mettendo il seme per una serie di sviluppi durante tutto l’arco della vita.

i mostri che nascono e vivono in chi ha subito violenza

Il trauma e le conseguenze .

Subire un trauma significa essere esposti ad eventi molto forti e stressanti con elevato carico emotivo per il soggetto, che da quel momento cambia per sempre, perché quell’evento ( o quegli eventi ) ha creato una falla difficilmente riparabile nel suo sistema. E’ difficile per un adulto fronteggiare a questa cosa, immaginiamo cosa debba essere per un bambino. L’età infantile è la più delicata perché è quel periodo in cui la psiche del soggetto è in piena formazione, come se fosse il periodo gestazionale della nostra interiorità, tutto quello che accade intorno al bambino in quel periodo verrà assorbito e darà direzionalità al successivo sviluppo. A partire da quando si è lattanti si imparano cose sul mondo esterno e su di sé attraverso le relazioni, primarie e non, che l’essere intesse, registrando tutto ciò che avviene e costruendo dentro di sé modelli operativi interni che ci diranno per tutta la vita come dobbiamo comportarci, sono davvero duri da smontare e ricostruire. Le aree che vengono lese a seguito del trauma, diventando disfunzionali, sono: attaccamento e relazioni, funzioni biologiche ( ad esempio disfunzioni motorie o di altri apparati), gestione dell’affetto e dell’emotività, stati dissociativi, controllo del comportamento, area cognitiva ( es. intelligenza ), idea di se stessi. Le patologie psicologiche, più o meno gravi, connesse alle esperienze traumatiche sono varie, la più nota è il Disturbo da stress post-traumatico PTSD. Bisogna chiarire che è considerabile trauma non solo l’esperienza in prima persona di un evento particolare, ma anche un’evento indiretto può provocare trauma.

mostri

Giuseppe di 6 anni è morto, la sorellina è viva ma condannata a gravi futuri dolori. Il trauma ha come conseguenza una fondamentale trasformazione del modo in cui mente e cervello elaborano la realtà. Il trauma crea fantasmi che tolgono il sonno anche ai più temerari. Il trauma crea mostri che giorno dopo giorno, come parassiti, si nutrono dell’organismo ospitante, divorando, prima delle carni, l’energia di vivere.

(Giuseppe Benedetto)

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