21 anni senza De Andrè: come lui e Caravaggio hanno raccontato gli ultimi

Dove sta la forza di questi due maestri? Nelle capacità? Senza dubbio. Ma non basta essere bravi per essere ricordati. De Andrè e Caravaggio sono stati i primi a raccontare con la propria arte il popolo che nessuno riteneva meritevole di essere raccontato.

I bari – Caravaggio

Sono passati 21 anni esatti dalla scomparsa di Fabrizio De Andrè. Il modo migliore per ricordarlo è cercare quantomeno di capire il suo messaggio: il cantore degli ultimi si è guadagnato questo epiteto perché, a differenza degli altri, ha deciso di cantare di quelle persone a cui nessuno aveva mai dato voce. È Caravaggio il genio più simile al cantautore genovese. Distaccandosi dalle monotone rappresentazioni artistiche, è riuscito a dare centralità a personaggi o situazioni viste sempre come contorno.

L’unicità di De Andrè

La morte di Fabrizio De Andrè, oltre che un uomo, ha portato via un punto di riferimento per tutte quelle persone che nella musica non vogliono vedere solo un momento per rilassarsi o per esaltarsi. La sua voce era il tramite per messaggi diretti e di interesse popolare senza mai cadere nella banalità e senza mai abbandonare la sua caratteristica poesia. De Andrè, nel suo repertorio di oltre 200 canzoni, ha variato temi e contenuti che vanno da un amore malato a un chimico, da una guerra fino a arrivare da un ottico; il coraggio di dedicare le proprie canzoni o la propria poesia per difendere gli umili, i diseredati e gli emarginati lo ha reso unico nel suo genere. Fabrizio una cosa amava: l’amore. Ogni sua espressione era dettata dal più elevato dei sentimenti, era un amore indistintamente riservato al popolo senza diritti: le sue prostitute, i suoi travestiti, i suoi ladri e persino c’è stato un pò di amore per i carcerieri del suo sequestro, perdonati dopo il vile atto. L’amore però, per il cantautore genovese, non è certamente pieno di rose e di felicità. Nei suoi scritti l’amore ha le sembianze di Medusa: appena lo guardi negli occhi rimani talmente impietrito che la tua fine è giunta prima che tu te ne possa rendere conto.

Faber ha saputo dare dignità a situazioni e ambienti in condizioni di disagio e voce a figure marginali. Ma la sua non è una semplice lotta sociale, il menestrello degli ultimi in quello che cantava ci credeva davvero. La vita per De Andrè era quella che descriveva con la sua poetica: un bordello dove lavora una puttana, una bar pieno di ubriaconi, un quartiere malfamato, ovunque dove le “vittime di questo mondo” vivono non meno valorosamente degli altri. Come disse don Antonio Balletto al suo funerale: “Ha trovato il timbro sincero che semina fiori anche nella disperazione e sa sferzare gli sciocchi, quelli che credono di sapere. Ha aperto sentieri verso miniere d’oro: per i disperati, per quelli che non hanno diritto.”

Caravaggio, tra genialità e turbamento

L’arte di Caravaggio, dopo essere stata analizzata, è stata definita dagli storici dell’arte come un’arte “realisticamente drammatica“. Inizialmente il suo stile era basato sugli insegnamenti classici e rinascimentali ricevuti, il suo estro e i suoi istinti primordiali non potevano essere espressi tramite quelle tecniche pittoriche. Proprio per questo Michelangelo Merisi (vero nome del Caravaggio) trovò il modus operandi adatto: lo sfondo passa in secondo piano, per Caravaggio i personaggi sono gli elementi che devono trasmettere il messaggio del quadro. Il naturalismo perenne che ritroviamo nei soggetti è dato da un uso delle ombre che teatralmente sottolineano i volumi dei corpi che escono improvvisamente dal buio della scena retrostante.

Caravaggio, come molti in quel periodo, riceveva diverse commissioni religiose. Questo però non frenò quello che il maestro lombardo voleva dimostrare con la sua arte: il motivo religioso ha sempre uno sfondo sociale, un gesto, un personaggio, uno sguardo, qualsiasi cosa può far scendere il divino al pari di un umile umano. I soggetti però sono quelli che hanno reso famoso Caravaggio. Personaggi frequentemente utilizzati sono dei ragazzi molto giovani e seducenti che il Merisi trovava nei posti a lui usuali: bordelli, bische, osterie e vari luoghi poco raccomandati. Non solo affascinanti fanciulli, ma anche varie prostitute venivano ritratte perché ammirate dal pittore milanese; la forza della pittura di Caravaggio sta nel non limitarsi a una mera rappresentazione, ma a creare un vero e proprio rapporto con queste figure maschili e femminili.

Canzoni e quadri

Via del campo

“dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior”

Via del campo è una famosa strada di Genova dove storicamente si trovavano i travestiti che si prostituivano e dove De Andrè era abituale cliente e passeggiatore. Per capire questa canzone, e aggiungerei per crescere come persone, oltre che ascoltarla basta leggere l’intervista che Faber fece a riguardo: “Passavo spesso da Via del Campo, la strada dei travestiti. Una volta salii in camera con un certo Giuseppe, che si faceva chiamare Joséphine e mi apparve come una bellissima ragazza bionda. Ma, una volta venuti al dunque, scoprii facilmente che era un uomo. Senonché era talmente bella e aveva un seno così strepitoso che restai ugualmente. Ridiscesi, e sotto ad aspettarmi c’erano Paolo Villaggio e Giorgio Leone, un altro amico. Feci loro un racconto dettagliato dell’incontro, come era nelle nostre abitudini […] e solo alla fine precisai: c’è un solo problema, ha l’uccello. Loro cominciarono a sghignazzare e a prendermi in giro. Ma poi tornammo in via del Campo, per più di un mese, a cercare il mio amico Giuseppe”. 

La canzone di Marinella

“e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno , come le rose”

Questa è una canzone ispirata a un fatto di cronaca nera che De Andrè lesse su un giornale: la morte di una prostituta annegata in un fiume da un delinquente. Anche senza averla mai conosciuta, De Andrè rimase talmente emozionato e colpito da questa storia che decise di reinventare la vita a questa ragazza e di addolcirle una morte vigliacca e immeritata.

Fanciullo con canestro di frutta

Alan Moir di questa opera ha detto: “Il risultato è un’enfatizzazione della tangibilità degli oggetti nello spazio delicatamente velato, il quale conferma l’illusione visiva eallo stesso tempo l’autenticità dell’episodio che non è più una creazione della fantasia del pittore, bensì una trascrizione della sua esperienza”

Le prime impressioni che scoviamo in questo quadro sono chiaramente a sfondo sessuale: uno sguardo melenso è il perfetto compagno della spalla scoperta da una camicia che pare essere stata indossata all’ultimo momento. La frutta è evidentemente indirizzata verso un’esperienza tattile più che visiva, il realismo degli oggetti è accentuato ma allo stesso tempo armonico con il personaggio che li sostiene e pare quasi offrirli allo spettatore.

Incredulità di san Tommaso

“Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!” ( Gv. 20,19-31 )

Il vangelo di san Giovanni parla di un episodio iconico per la religione cristiana: dopo la resurrezione e la conseguente apparizione di Gesù agli occhio degli apostoli, Tommaso, assente al momento della comparsa, disse che avrebbe creduto al ritorno di Cristo solo se si fosse presentato davanti ai suoi occhi. Cosa ha fatto Caravaggio di tanto innovativo? Non è Cristo il protagonista dell’opera. Tommaso, precisamente l’espressione del santo, ha rubato la scena al figlio di Dio concentrando gli occhi del pubblico sui gesti che san Tommaso compie. La straordinarietà dell’impatto emotivo che si crea guardando questo quadro è data dalla precisione e dal realismo tipico del pittore che rendono un semplice spettatore protagonista della scena.

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