That’s amore: la scienza dell’infatuazione spiegata in “Fleabag”, la serie evento

That’s amore: la scienza dell’infatuazione spiegata in Fleabag, la serie evento

L’amore, un sentimento provato almeno una volta da tutti, è spiegato dalla serie tv targata Netflix “Fleabag”: vediamo come.

Amore o infatuazione? La serie tv ci mostra come sia possibile essere innamorati di qualcosa che non si può avere, ma a livello chimico nel nostro cervello accadono in contemporanea tanti meccanismi che ci consentono di prendere consapevolezza del nostro sentimento. Di conseguenza, l’amore è razionale o irrazionale? Scopriamolo.

“Fleabag” e la ricerca di un amore impossibile

Prima di tutto, iniziamo col dire che “Fleabag” è una serie targata Netflix britannica ambientata a Londra e prodotta dalla Two Brothers Pictures per il canale digitale BBC Three con un accordo di co-produzione con Amazon. La serie è stata trasmessa dal luglio 2016 all’aprile 2019 per un totale di due stagioni da sei episodi ciascuna ed è stata collocata alla 61ª posizione sulla lista redatta dal Telegraph degli “80 migliori spettacoli della BBC di tutti i tempi”.

Prendiamo però in considerazione soltanto la seconda stagione: la trama racconta proprio della protagonista soprannominata “Fleabag”, che dopo aver superato un lutto, si ritrova a frequentarsi con una persona a lei assai cara, l’unica che riesce a vedere “ciò che vede lei”: un prete. Infatti, questa etichetta è la causa per cui il loro a primo impatto sembra un amore impossibile, e per questa ragione basterebbe smettere di frequentarsi. Peccato però, che non sia una scelta razionale quella di far smettere di provare sentimenti: tanto che Fleabag, quando va in chiesa a pregare, trova il prete in pena di amore per lei, perchè non riesce a toglierla dalla testa. Sappiamo infatti che i preti cattolici devono adempiere all’obbligo del celibato, per cui non possono nè consumare rapporti, nè innamorarsi o sposarsi con qualcun3. Ovviamente anche “Fleabag” si sente combattuta, anche perchè, non avendo affrontato del tutto la questione del lutto, il cui è anche causa del suo strano rapporto con il sesso, non sa come muoversi nella questione, e si rivolge a noi: infatti, la particolarità della serie sta proprio nello spaccamento della quarta parete. Infatti Fleabag è l’unica che è capace di vedere il pubblico oltre la telecamera, e a confrontarsi con esso. Nella serie quindi la protagonista si rivolge spesso agli spettatori infrangendo la quarta parete appunto, e inoltre non rivela mai il suo vero nome, né quello di alcuni degli altri personaggi della serie, semplicemente chiamati con un soprannome. Il suo, “fleabag” (traducibile come “sacco di pulci”), è anche quello con cui era chiamata affettuosamente la stessa Waller-Bridge; tuttavia l’attrice e autrice ha dichiarato che la serie è solo parzialmente biografica.

La stagione quindi si incentra tutta in questo rapporto amoroso che non avviene mai, lasciando in suspance lo spettatore con anche un po’ di farfalle nello stomaco per la tenerezza con cui entrambi si rapportano. Più la coppia inizia a essere più intensa, intima e legata, più lo spettatore pone la speranza nella rottura del rapporto con Dio del prete, per lasciarsi andare a quella che sembra l’amore della sua vita. Questa intimità tra i due la ritroviamo poi esplicitata in un avvenimento particolare: il prete, da un certo punto in poi, riesce a notare quando Fleabag si rivolge verso il pubblico:

-What was that?

-What?

-Where did you just go?

IL prete quindi è l’unico che riesce a “vedere” nel mondo della protagonista, e ciò lo rende ancora più speciale. Questo fenomeno è ovviamente anche ambivalente, in quanto lo stesso prete racconta di una certa volpe che lo perseguita da tutta la vita, nei momenti più assurdi. Egli si preoccupa di poter sembrare pazzo, ma capita che anche Fleabag sia riuscita a vedere la volpe, l’unica quindi, a poter “vedere” nel suo mondo.

Spoiler. Purtroppo chi ha visto la serie sa che, anche avendo visto la volpe, e anche se il prete ha guardato in telecamera, il rapporto non è destinato a durare.

-I love you

-It’ll pass

I due quindi si lasciano andare, come anche la stessa protagonista fa con noi che siamo il pubblico, nella rassegnazione che per quanto si possano amare, non possono superare la barriera sociale e religiosa. Ma il pubblico si chiede: se fosse stata solo infatuazione? Se si fossero amati davvero, avrebbero continuato lo stesso? Forse non si amavano abbastanza?

La regia non ci ha lasciato spiegazioni, ma probabilmente, la scienza  e le può dare.

La scienza dell’infatuazione (o dell’amore)

Quando ci piace qualcuno la scienza ci dice che si scatenano un tripudio di ormoni: ossitocina, cortisolo, testosterone… e il corpo si prepara per qualcosa di elettrizzante. Questo spiega perchè durante il primo bacio una serie di meccanismi nel nostro cervello e una serie di percezioni entrano in azione: il cuore batte più forte, le pupille si dilatano, il corpo rilascia glucosio per avere maggiore energia, la percezione del tempo svanisce e la memoria si attiva.

Helen Fisher, antropologa e biologa, ha scoperto che esistono delle precise aree del cervello associate a quello che definisce come “amore romantico”. L’area tegmentale ventrale del cervello è quella che si occupa dell’innamoramento e collabora con il Reward System, il sistema di ricompensa, motivazione e concentrazione, energia e desiderio, cioè da dove si stimola la dopamina, la stessa che provoca l’assuefazione alle droghe. Infatti quella dell’infatuazione diventa una vera e propria droga, e probabilmente è per questo che Fleabag non può dimenticarsi del prete, perchè ne è assuefatta. Il cervello non riesce a superare la sensazione di rifiuto, in quanto ancora in cerca di dopamina. Anche Publio Terenzio Afro diceva:

“minore è la speranza e più ardente è il mio amore.”

Insieme a tutto ciò entra in gioco anche quella parte del cervello adibita al calcolo delle perdite e guadagni e quella legata al profondo attaccamento per l’individuo. Tre sono le aree attive: quella del desiderio di gratificazione sessuale, quella dell’innamoramento e quella dell’attaccamento.

Per quanto riguarda la prima, il desiderio sessuale serve per costringerci a ricercare più partner, a buttarci nella mischia, per aumentare di più le probabilità di riproduzione.

La seconda, invece, serve al mantenimento e all’evoluzione della specie: consiste cioè nello scegliere tra tutti i partner quello che sembra più affidabile per crescere degli eventuali figli.

La terza invece serve per permetterci di sopportare l’individuo con cui abbiamo deciso di accoppiarci.

Come possiamo vedere, le ultime due aree sembrano fatte per renderci monogami, per quanto possa sembrare un colpo di scena, ma la prima area, cioè quella di buttarci nella mischia, sembra di no. Ci accoppiamo per crescere i nostri figli, soltanto questo. Schopenhauer diceva:

l’amore è il grande agguato che la natura ha teso agli uomini per procreare la specie.

I 4 tipi di personalità di Fisher

Inoltre, sempre Helen Fisher descrive 4 tipi di personalità nell’essere umano ed è proprio la nostra biologia che ci spinge a prediligere qualcuno rispetto a qualcun altro. Chi ha una predisposizione per alti livelli di dopamina che la Fisher chiama Explorers, sono quelli innovativi, curiosi, creativi, cercatori di sensazioni. Chi esprime meglio il sistema della serotonina, i Builders, cauti, tradizionali, amano ciò che è familiare: ricercano amici fedeli, seguono piani, leggi, routines e queste due personalità ricercano persone a loro simili. Poi ci sono i Directors, quelli spinti dal testosterone, analitici, logici, diretti, competitivi, bravi in matematica e ingegneria, poco empatici ed esigenti. E infine, chi ha alti livelli di estrogeni, i Negotiators, che sono invece fantasiosi, intuitivi, affettuosi, creduloni ed estremamente empatici, ti entrano direttamente in testa e sanno esattamente cosa hai bisogno di sentirti dire. Queste ultime due personalità, secondo la Fisher, ricercano i loro opposti.

Allora perchè ci si innamora di una persona invece che di un’altra? Si può dire per ora, cautamente, che l’infatuazione è solo una fase del coinvolgimento emotivo, che a volte sboccia in amore e altre in un cuore spezzato. Differisce da l’innamoramento per intensità ed esito del sentimento, ma non va sminuito. Può caratterizzare un minor grado di affezione, ma l’intensità del coinvolgimento è un’altra cosa, tanto che quando finisce male sfocia nella limerenza, e in casi estremi verso il disturbo ossessivo compulsivo.

E’ un desiderio difficile da controllare, e i sintomi sono: la necessità e il bisogno quasi urgente di vedere una persona, il desiderio sessuale, l’ansia di saperla distante e il rischio che si prova nel volersi avventurare e il desiderio di lasciarsi andare e provare cose nuove. A volte ci fa sentire stupidi e quello è l’eccesso di adrenalina che ci tiene sugli spigoli. E’ uno stato febbrile e difficilmente prendiamo decisioni razionali in questa condizione. La nostra chimica non è bilanciata e non prendiamo decisioni valide per il lungo termine.

Aveva un po’ ragione il vecchio Schopenhauer: siamo ingabbiati in un corpo predisposto per non lasciarci ragionare troppo, come dice anche il Richard Dawkins:

Noi siamo macchine da sopravvivenza: robot semoventi programmati ciecamente per preservare quelle molecole egoiste note sotto il nome di geni

Oltretutto entra in gioco anche il bayers cognitivo “lo scarsity effect”, coniato da Robert Cialdini, spiega con esperimenti ed anni di ricerca, come siamo attratti da tutto ciò che non possiamo avere, anche nei rapporti interpersonali.

E tutto ciò effettivamente, da’ significato a quel famoso proverbio:

“In amore vince chi scappa”

un po’ come il prete in Fleabag.

 

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