Usando la concezione ciclica del tempo e la filosofia di Nietzsche, in questo articolo analizzeremo la struttura delle sitcom per capire perché mai continuiamo a guardarle.
Friends, How I Met Your Mother, The Big Bang Theory, Camera Caffè, The Office … Sono tantissime le sitcom che ci hanno accompagnato in questi anni come amici fedeli: ma perché le guardiamo? Com’è possibile che senza una trama da seguire, senza dei segreti da scoprire e senza dei cliffhanger di qualsiasi tipo noi continuiamo a guardare queste serie tv? La risposta sta nella struttura delle sitcom che si basa in generale sull’antica concezione ciclica del tempo e più in particolare sul concetto dell’eterno ritorno dell’uguale di Nietzsche. Iniziamo analizzando gli elementi e la struttura tipici delle sitcom.
La struttura delle sitcom
Le sitcom, abbreviazione di situation comedy, è un tipo di serialità tipica della televisione caratterizzata da un set definito di personaggi e si concentra sulle loro relazioni e sulle situazioni comiche e/o assurde che gli capitano. Spesso tutti gli episodi si svolgono in una particolare ambientazione (una casa come in Friends, un bar come in How I Met Your Mother, un ospedale come in Scrubs, un ufficio come in Camera Caffè, etc…) e da una struttura di episodi stand-alone, ovvero indipendenti gli uni dagli altri. Questo ha una conseguenza molto importante: alla fine di ogni episodio si deve ristabilire l’equilibrio iniziale, il conflitto creato dalla nuova situazione deve essere risolto. Per questo motivo nelle sitcom i personaggi rimangono sostanzialmente statici e stereotipati e non c’è alcun sviluppo di una trama generale (se non a volte quella delle relazioni amorose). La ragione di questa struttura non è tanto estetica quanto economica: le sitcom sono strutturate per essere viste da chiunque in qualunque momento senza aver bisogno di sapere quel che succede precedentemente. Non sono fatte per raccontare una storia complessa ma per far ridere, come emerge anche dal loro altro elemento caratteristico. le (fastidiose) risate pre-registrate, usate per scandire i tempi comici. Ma sotto tutte quelle risate, questa struttura sottintende ed esemplifica una concezione ciclica del tempo.
La concezione ciclica del tempo
Due sono le concezioni classiche del tempo: quella lineare e quella ciclica. La concezione lineare vede il tempo come un progresso da un inizio verso una fine (per questo è spesso rappresentata da una linea retta) ed è quella propria della nostra epoca e società. Al contrario la concezione ciclica era maggiormente presente nelle società antiche e vede il tempo come un ripetizione eterna e continua degli stessi avvenimenti (per questo è spesso rappresentata da una ruota). La ripetizione può essere esatta in ogni dettaglio (un esempio è il concetto stoico di “palingenesi”) oppure in ogni ciclo di nascita, morte e rinascita gli stessi eventi possono avvenire in modi diversi. Le ragioni dietro la concezione ciclica del tempo sono molteplici ma possiamo per il momento sottolineare una ragione puramente pratica (nelle società tradizionali la vita era scandita dalla ripetizioni cicliche del sorgere e tramontare del sole e dell’alternarsi delle stagioni), una ragione razionale che vede il tempo come misura delle cose mutevoli della natura (un esempio sono gli orfici e i pitagorici) e una ragione mitologica secondo cui la storia degli uomini sia una ripetizione della storia degli dei. Allo stesso modo anche nell’universo delle sitcom le situazioni si susseguono in modo ciclico, si ritorna sempre allo sesso punto, ad ogni “morte” (la fine di un episodio) corrisponde una “rinascita” (l’inizio di un episodio) e i protagonisti degli eventi rimangono sempre gli stessi e rimangono invariati. Ora, però, scendiamo più in profondità perché c’è una concezione ciclica del tempo in particolare che ci aiuta a capire la struttura delle sitcom.
L’eterno ritorno di Nietzsche
“Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere“, Nietzsche
Così Friedrich Nietzsche enuncia per la prima volta la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale nella Gaia Scienza (1882) per bocca di un demone. È una particolare forma della concezione ciclica del tempo poiché fa di ogni istante un’eternità. Infatti, non solo gli eventi si susseguono identici o simili secondo fasi di morte e rinascita ma ogni istante della nostra vita subisce questo processo. Ogni istante è, è stato e sarà vissuto infinite volte, tanto da essere eterno. Secondo Nietzsche, a questa visione del tempo si può rispondere in due modi: o si è “soffocati” perché la si vede come un’ineluttabile condanna a ripetere le stesse scelte senza che la nostra volontà abbia un qualche peso, oppure si può gioire dell’eterno ritorno dell’uguale poiché ogni nostra piccola scelta entra nell’eternità e si realizza l’identificazione tra essere e divenire. A questo si collega un altro concetto, quello dell’amor fati. È il dir di sì all’eterno ritorno, l’accettare attivamente e con felicità che questo stesso istante si ripeterà all’infinito. È non è forse questo quel che facciamo quando guardiamo le nostre sitcom preferite? Cerchiamo l’eterno ritorno di quei personaggi, cerchiamo il ristabilimento dello status quo ala fine di ogni episodio, cerchiamo le risate pre-registrate perché vogliamo godere di quel momento che tornerà infinite volte. Per questo guardiamo le sitcom?