La Fogna del Comportamento è raccontata stavolta nell’Utopia di Lars Von Trier; parliamo di Dogville e della sua colonia di topi antropomorfi.
Parliamo di Dogville
Dogville si apre con uno spaccato della vita di tutti i giorni, sapientemente illustrata in questo ibrido dove teatro e cinema si fondono per dar vita ad una catarsi cinematografica, priva della contaminazione di qualunque cliché che non sia atto allo scopo di rappresentarla. Chi dice che per essere originali serva infrangere la tradizione mente o più semplicemente preferisce le realtà edulcorate, dove la vita è romanzata e zeppa di colpi di scena. Lars, cosa risaputa, è un cinico irrazionale; cinico perché preserva perversamente in ogni suo film tutto ciò che della società più detesta; irrazionale perché suggerisce per tutto il film un lieto fine che non c’è, rendendo talvolta ciò che si guarda fin troppo indigesto a chi aspetta il momento della rivalsa tarantiniana dove il sopruso viene sostituito dall’eccesso della violenza. Violenza che infine giunge, ma che risulta poco appagante, perché di fatto, di soddisfazioni da ricercare c’è ne sono ben poche. La scenografia è scarna, abbozzata quel tanto che basta a far lavorare la fantasia e i personaggi sono quanto di più fastidioso mente umana potrebbe mai concepire.
La Non-Recensione
Questa non è una recensione, ma una ricerca dell’essenza di un’opera che oggi trasmette la consapevolezza dell’esistenza e persino la futilità della stessa. Quali sono gli ingredienti di questo capolavoro maestria?
- Grace; che sia il nome della protagonista interpretata da Nicole Kidman non lascia molto spazio all’immaginazione. Chi è Grace, quale “grazia” concede al suo arrivo nell’eremo cittadino di Dogville? Grace è l’aspettativa di una vita che non concede più nessuna sorpresa. La via di fuga dalla passiva certezza di un’esistenza da cui tutti i sogni sono stati abbandonati per lasciar posto alla monotonia.
- Il tempo: alienante, infinito, lentamente agonico verso un calvario di introspezioni umane troppo violente da rappresentare con il silenzio.
- Il contesto; A Dogville vince l’umanità portata all’eccesso di ogni buonismo. Appena quindici adulti e pochi altri bambini; quindici adulti dalle vite distrutte e senza alcuna aspettativa o sogno e pochi altri bambini che dei desideri non sanno che farsene.
- L’identificazione; Lars non ci prova nemmeno a farci empatizzare con qualcuno, ma rende molto facile farci odiare praticamente chiunque.
“Grace, c’è parecchio da fare qui a Dogville, considerato che nessuno ha bisogno di niente”
L’Esperimento 25
Molti qui avrebbero da aggiungere un rigo, ne sono certo, su quale fosse l’effettiva denuncia che Lars intendeva portare avanti, ma qui oggi, scegliamo di notarne soltanto uno; il bisogno di vivere per uno scopo, per una affermazione. La ricerca di uno stesso motivo di vita pari al bisogno di Grace di adeguarsi ed essere accettata in un mondo di regole ed equilibri precari a Dogville, lo si evidenziò anche in un noto esperimento di John Bumpass Calhoun, noto etologo statunitense.
Il collasso della società di Dogville è raccontato perfettamente dall’Esperimento 25, che ci dà un’evidenza empirica di come vivere non sia solo un presupposto biologico ma una richiesta psichica vera e propria. Calhoun diede vita ad uno spazio ricco di qualunque necessità atta alla sopravvivenza e alla proliferazione di una colonia di topi; l’universo aveva la forma di un serbatoio di circa due metri e sette, con sedici tunnel saldati al suo interno e quattro corridoi orizzontali per un totale di quasi duecentocinquantasei rifugi sicuri per tutti i topi della colonia. Questo spazio veniva pulito ogni quattro settimane e la sua temperatura era sempre mantenuta sui venti gradi. L’Universo 25 avrebbe garantito la sopravvivenza di quasi quattromila topi; ma così non fu. Dopo un iniziale processo di adattamento, le nascite iniziarono gradualmente a diminuire e gli animali presentarono un graduale cambiamento comportamentale verso i loro simili. La colonia iniziò a rivoltarsi contro sé stessa, distruggendosi; i topi si divorarono a vicenda e in poco tempo l’Esperimento 25 fu chiuso, non prima di aver rivelato che; in assenza di stimoli, la vita non sente il bisogno di replicarsi. Un concetto semplice, eppure tanto controverso, ma che ci viene raccontato direttamente dalla piccola “colonia” di Dogville, dove in un ambiente sterile e senza il minimo stimolo, viene invece introdotto un mutamento ambientale, uno stimolo a cui i membri della colonia danno le risposte più disparate. Grace sconvolge la vita degli abitanti del paesino delle Montagne Rocciose e in poco tempo ne esplora gli anfratti più desolati e perversi. Avviene anche qui l’implosione della società, la detta Fogna del Comportamento di cui parlava Calhoun.
Considerazioni Finali
Ogni essere vivente funge da perno vitale per la società che rappresenta e in quanto membro della stessa, necessita di stimoli costanti per alimentare il bisogno di creare altra vita. La morte sociale di Dogville non avviene per sovrappopolazione, ma ugualmente per uno stravolgimento; ad un mondo senza scopo, privo di stimoli, viene dato uno stimolo troppo grande per la semplicità caustica di coloro che della vita non cercano che la sopravvivenza. Grace è dapprima la ventata d’aria fresca, per poi diventare la strega di Salem da martirio appena la sua presenza origina i desideri più oscuri e peccaminosi della brava gente di Dogville. Ora, non sappiamo ad oggi se nella colonia dell’Esperimento 25 sia stata una “Grace” a suggerire alle madri topo di mangiare i propri figli, dunque non sappiamo se il gusto del peccato sia intrinseco o meno della natura umana; ciò che sappiamo è che la razza umana desidera solo esistere, ciclicamente, per sempre. L’uomo vuole lasciare un segno del suo passaggio, un’impronta indelebile, qualcosa da tributare nel futuro di questa esistenza volta a riciclare se stessa. Dunque non basta una colonia perfetta, perché non darà comunque vita ad una società perfetta, perché la natura per vivere, ha bisogno di uno scopo.