Strettamente legati alle più pericolose patologie cardiovascolari, gli “ultra-processed foods” sono gli alimenti che più si avvicinano al veleno per l’uomo e che – paradossalmente – sono tra i più consumati al giorno d’oggi
UPF: come lo distinguo?
Prodotti da forno precotti, snack salati, ma anche di origine animale come carne o pesce ricomposti, zuppe precotte e bevande gassate, sono solo alcuni dei cibi dannosi per il nostro organismo.
“Non è una novità” direte voi, ma cos’hanno in comune tra loro tutte queste bombe caloriche?
L’aver subito un’elaborata trasformazione industriale, che comprende i diversi processi adottati dalle aziende alimentari, tra cui: cottura al forno o mediante frittura (precottura in generale), idrogenazione, il trattamento con additivi o con dolcificanti, esaltatori di sapidità, aromi e coloranti.
Il ricercatore brasiliano Carlos Monteiro ha classificato questi alimenti come “super dannosi” poiché resi appetibili dai processi di modifica industriale, ma scarsi in micro e macronutrienti e pieni zeppi di grassi insaturi. In quelli che oggi si definiscono i paesi più industrializzati, rappresentano fino al 60% dell’introito calorico giornaliero per individuo, e sono oggetto di studio per i loro possibili effetti nocivi sulla salute: favorirebbero infatti condizioni patologiche quali l’obesità, l’ipertensione arteriosa e l’ipercolesterolemia, fino ad aumentare il rischio di insorgenza di alcuni tipi di tumori.
Tant’è che il ricercatore col suo team hanno promosso l’adozione di un sistema di riconoscimento dei gradi di “corruzione” industriale, ovvero – in parole semplici – “poter inserire ogni prodotto in una tabella in base alla quantità ed all’invasività dei processi che subisce“.
La tabella proposta è detta NOVA, e prevede la distinzione in 4 gradi diversi:
Le varie patologie
Dagli studi di Bernard Srour dell’Université Paris Cité, in Francia e di Maira Bes-Rastrollo dell’Università della Navarra a Pamplona, si evincono pochi lampanti risultati: seguendo un campione di pazienti – con età media di 40 anni – per 10 anni, ed incrementando le loro razioni di UPF giornaliere, i campioni non solo rispondevano con un incremento di peso, e con risultati delle analisi sfavorevoli (aumento di pressione, di livelli di colesterolo nel sangue e glicemia), ma erano anche più propensi a sviluppare malattie cardiovascolari.
Le malattie cardiovascolari – ricordiamo – sono un gruppo di patologie a carico del muscolo cardiaco e dei vasi sanguigni.
Malattie ischemiche del cuore, come l’infarto acuto del miocardio e l’angina pectoris, oltre alle malattie cerebrovascolari, come l’ictus ischemico ed emorragico, sono tra le maggiori cause di invalidità e morte in Italia negli ultimi anni. Tutto ciò è dovuto alla cattiva alimentazione, oltre che all’abuso di alcol, fumo o al vivere uno stile di vita sedentario.
Oggi quindi, con l’avanzare dei progressi tecnologici nell’industria alimentare, va prestata maggiore attenzione a ciò che mangiamo, curando il nostro corpo come un delicato tempio di cristallo, a cui bastano pochi sussulti perché si infranga.
Umberto Raiola