James Sunderland come Anna O: ecco come Freud avrebbe spiegato la sua Silent Hill

Un acclamato gioco targato Konami ci mostra i più reconditi spazi oscuri della mente umana. Freud ci racconta di Anna O, celeberrima quanto la psicoanalisi ispirata dai suoi deliri.

Anna O. e James Sunderland. Due volti noti del panorama “disturbato” della psicologia clinica. Scopriamo come Silent Hill racconta la prospettiva di un malato di mente.

Ecco chi era la prima “isterica” psicoanalizzata da Freud

Le ragioni celate dietro l’irrazionalità sono state per secoli giustificate dalla natura, da teorie religiose e da strampalate concezioni filosofiche volte a legittimare l’inspiegabile dietro la coltre offuscata del pressapochismo. Le malattie mentali erano trattate come una vergogna sociale, sintomo repressivo di una società egoica all’inverosimile e improntata sull’ideale di una civiltà perfetta. In non poco tempo la psicoanalisi si prese di diritto il suo posto nel novero delle scienze e il caso limite che si identifica come progenitore di una tecnica psicoanalitica, vede come “paziente 0”, proprio Anna O.

Ma chi era Anna O?

Joseph Breuer, maestro dell’ipnosi e all’epoca degli eventi, primo esperto in materia dell’isteria, presentò al discepolo Sigmund Freud il caso di Bertha Pappenheim che il mondo letterario avrebbe riconosciuto successivamente come Anna O.

Ai tempi citati, l’isteria era una prerogativa femminile ed era opinione comune che l’autolesionismo o il malessere fisico presentato da talune pazienti, fosse solo un modo di attirare l’attenzione; Breuer e Freud, tuttavia, furono di parere contrario quando si trattò della signorina Pappenheim.

La ragazza, allora ventunenne, era di nazionalità austriaca e proveniente da una famiglia benestante. Non presentava deficit apprenditivi e anzi, era riconosciuta per essere straordinariamente intelligente e istruita sulla cultura del tempo; parlava diverse lingue e conosceva dettagliatamente il panorama politico austriaco. Con il tempo cominciò a presentare sintomi bizzarri che non avevano un’effettiva connessione tra loro; tendeva ad entrare in una sorta di trance, da lei stessa definita come “nuvole“, durante la quale era perseguitata da allucinazione di ogni sorta. Nella trance Anna era inseguita da serpenti e demoni, da draghi e teschi; rimaneva muta, senza poter parlare e non poteva ingerire liquidi di nessun genere. Inoltre, nella fase immediatamente successiva alla trance, Anna dimenticava talvolta l’uso della sua lingua madre, il tedesco e poteva parlare solo in inglese e francese.

La “vittoria” di Freud e il “fallimento” di Breuer

Breuer applicò anche ad Anna il metodo dell’ipnosi ma non giunse che ad un pugno di mosche; la mente della ragazza era, come detto, di un’intelligenza fuori dal comune, ma era anche instabile e caotica. Ciò inficiò di fatto il meccanismo proiettivo delle sedute di ipnosi, dove i racconti erano dati da ritmi “spezzati”, sconnessi, senza apparente correlazione mnemonica o pratica; divenne celebre la risposta della giovane in cinque lingue diverse;

“Ajamàis acht nobody bella miò please lieboehn nuit”

Una diapositiva di immagini confuse, sfocate e per nulla esplicative dei disagi psicologici che turbavano la ragazza. Il metodo dell’ipnosi venne, dunque, per la prima volta nella storia, accantonato per dar posto allo sperimentale ed embrionale metodo dell’ascolto supposto invece da Freud.

I risultati furono sconcertanti. Breuer e Freud iniziarono ad incentivare la giovane al dialogo, ponendosi solo nella condizione di ascoltare e incoraggiandola a parlare di qualunque cosa le passasse per la testa. Il processo terapeutico fu intuitivo e permise di scoprire molte controversie psicologiche generate da conflittualità genitoriali e forse, si suppose, degli episodi di violenza in età infantile.

C’è da dire che il percorso di cura fu ricco di alti e bassi; Breuer ebbe una morbosità verso la ragazza da cui era fortemente attratto e quest’ultima si innamorò del terapeuta sviluppando una vera e propria dipendenza affettiva. A quel punto Breuer decise di ritirarsi lasciando il caso nelle mani di Freud che segnò il passaggio reale e concreto alla psicoanalisi.

Silent Hill e la sua mostra degli orrori

Sul capolavoro Konami uscito nel 2001 per ps2 si potrebbe parlare per ore, ma non volendo fare di questo articolo uno spazio esclusivo dei fanboy nostalgici dell’orrore di Hiroyuki Owaku, mi soffermerò su un sottotesto che questo gioco, il “2”, (come altri del suo filone) decide di raccontare.

Brevissimamente, chi o cosa è, Silent Hill?

Silent Hill è una nebbiosa cittadina del Maine che funge da purgatorio terreno per le anime condannate a vagare tra le sue strade. Le origini della suddetta sono state affrontate canonicamente e non, ma possiamo limitarci a dire che essa fu terreno di culto e sacrificio di una setta, che la condannò ad essere un luogo di penitenza popolato dal peccato e la perdizione dei suoi abitanti. Fu “purificata” da un grande incendio divampato nelle miniere sotto la stessa, i cui fumi tossici uccisero e costrinsero la restante parte della popolazione a fuggire. Molti corpi tuttavia non furono mai trovati.

Le tre dimensioni del peccato penitente

Esistono tre Silent Hill per i novelli esploratori;

  • la prima, la Silent Hill fisica, è presente nel mondo reale ed è visitabile da chiunque. Non presenta alcuna caratteristica particolare se non la quiete irreale che si respirerebbe in una città abbandonata di cui si notano solo edifici in rovina;
  • la seconda è il Mondo Nebbioso, che molti riconducono al “purgatorio” di Silent Hill. E’ la prima dimensione del peccato, sconnessa dal mondo fisico e dove è possibile imbattersi in alcuni degli abitanti scomparsi da quest’ultimo. E’ un mondo tetro, opprimente, da cui è impossibile fuggire ma dove raramente si annidano reali pericoli. In questo luogo le anime scontano le colpe con l’attesa e sono costrette a vivere ciclicamente nel loro senso di colpa.
  • la terza, l’Otherword, il mondo oscuro e nero, l’inferno alimentato dalle colpe dei penitenti. Durante questa transizione, la nebbia sempiterna scompare per lasciare il posto al buio più pesto, dove non esiste la minima possibilità di vedere la luce. Nell’Otherword si trovano mostri e creature di ogni genere; creature deformi che rappresentano fisicamente le perversioni e i peccati e che assumono simbolicamente il ruolo di carnefici dei penitenti, torturandoli e uccidendoli più volte in un ciclo senza fine.

James Sunderland e la sua redenzione

James è un uomo distrutto, la moglie malata e sofferente è stata uccisa dalle sue mani come gesto di estrema pietà. Pietà che il protagonista di questo viaggio tormentato non riesce a rimuovere dal suo cuore. Lasciandosi morire ogni giorno di più, James riceve una lettera firmata da Mary, la moglie morta. Sul biglietto c’è un invito a rivedersi lì, in quella stessa cittadina del Maine dove erano stati diversi anni prima e per un istante è come se il tempo si fosse fermato; ma tutto questo non ha alcun senso! Mary è morta, non può essere viva. James l’ha uccisa con le sue mani. Ma se fosse stata ancora viva? Se ci fosse stata anche solo una possibilità di riprovare di nuovo, di avere una seconda opportunità di cambiare quel destino ineluttabile che li aveva separati? James dunque parte alla volta di Silent Hill, in cerca di qualcosa di ben più prezioso della moglie perduta.

Affrontando mostruosità di ogni sorta, James sarà costretto a rivivere l’orrore del lutto più e più volte, costringendosi ad una lenta accettazione dell’impotenza di non poter riscrivere il passato. Il suo cammino non ci mostra solo la morte, ma la vita, proiettata con l’aspettativa di perdono, perdono per averla uccisa, per non essere stato capace di sopportarne la perdita.

Silent Hill è il prototipo perfetto di un’ipnosi regressiva, la stessa che avrebbe evocato demoni nella mente della giovane Anna e che adesso rievoca i fantasmi delle colpe di James.

Considerazioni Finali

Il dolore del rifiuto e della perdita sono tematiche comunemente affrontate in ambito clinico nella psicologia moderna; ci mostrano che le debolezze sono in ognuno di noi, celate ma sondabili con mano. Anna O era una mente deviata dal dolore patito in crescita, una mente eccellente distorta dalla psicosi di un passato non accettato e all’apparenza impossibile da eradicare. A seguito del percorso con Freud la giovane cominciò a vivere una vita normale e divenne persino un’immagine di prestigio nella società del suo tempo; attivista rinomata dei diritti dei bambini e delle donne e traduttrice multilingue di un certo rilievo. In seguito però, fu nuovamente internata.

La “pazzia” non è un’enfisema; non si può non sceglierla ma nemmeno averla per caso. La pazzia è una componente legata alla creatività ed esiste in ognuno di noi. La mente umana è fragile e basta una piccola scossa per spingerla oltre il baratro della razionalità.

James Sunderland ha toccato l’inferno delle sue responsabilità e ha accettato i propri limiti; Anna O, semplicemente non ha resistito al richiamo nuovo di Silent Hill e vi ha fatto ritorno.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.