“Quando il benessere dei popoli o gli interessi delle maggioranza, si fanno coincidere con la negazione del diverso la storia spalanca le porte alle più immani tragedie”.
Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla cerimonia al Quirinale dedicata alla giornata della memoria, ha ricordato il pericolo incombente della Shoah. Un virus pronto a diffondersi nuovamente nelle menti di chi, nonostante tutto, ancora non ha sviluppato anticorpi. L’odio razziale è rimasto come assopito per anni, ritirato nella caverna come il più classico degli antagonisti dell’animazione per poi, di colpo, tornare alla ribalta. Solo che il razzismo è reale. Anche troppo. E se una volta restava relegato nella vergogna di chi segretamente lo coltivava, oggi non vi è più pudore a sbandierarlo nella propria bacheca Facebook. Fa quasi ribrezzo, a volte, che qualcuno esprima invece istanze socievoli verso determinati gruppi sociali. Buonismo, lo chiamano. E forse lo è anche, ma meglio buonisti incurabili che razzisti latenti.
Diversità e umanità
Tornando alle parole del Presidente: colpisce, filosoficamente parlando, un passaggio. Mattarella ricorda, ad un certo punto del discorso, che una società priva di diversità è stato il baluardo ideologico del nazismo. Siamo tutti diversi, sostiene il Presidente della Repubblica, e ciò non va dimenticato. Ora, è interessante notare come l’uguaglianza tra uomini passi per l’accettazione delle loro diversità e come ciò richieda uno sforzo morale ed etico. Uno sforzo in primis di immedesimazione nell’altro, nell’individuazione di una comune base esistente tra l’io e l’altro: l’essere umani. Seppure tra i grandi esponenti della filosofia politica vi siano casi che negano tale sostrato egualitario – vedasi Hobbes, che vede solo gli uomini, non l’umanità – tendenzialmente tra uomo e uomo si da per assodato un fondo comune: uomini diversi, eppure uomini.
Anche Aristotele, che pure legittimava la schiavitù su base naturale, non poteva negare l’evidenza. Lo schiavo, per quanto inferiore per qualità morali e politiche, è un uomo, esattamente come il politico ateniese. Il gruppo sociale degli schiavi, dai romani agli schiavi d’america, è, per l’appunto, un gruppo sociale: legiferare contro di loro vuol dire, sostanzialmente, riconoscerli come uomini all’interno di uno stato. Impedire loro di leggere è, implicitamente, un’ammissione della loro umanità che si è cercato di contenere con le catene.
Umani e subumani
Ovvietà? No, purtroppo. Perché il nazionalsocialismo non è stato questo. Non è stata discriminazione, non si è voluto negare semplicemente il diverso, nasconderlo, contenerlo, relegarlo. Agli ebrei – e non solo – si è negata l’umanità. Quell’umanità che comunque, nel rapporto tra padrone e schiavo, tra servo e signore, tra maschio e femmina, ha sempre concesso alla parte sottomessa una dignità superiore rispetto alla bestia. L’ebreo viene marchiato con un numero. Viene perseguitato, stanato dalle soffitte, come il più spregevole dei ratti. Viene caricato su un convoglio e spersonalizzato, spogliato, estirpato con gas tossici, soppresso con un repellente velenoso, come la più infima zanzara. Hitler parla di razze sub-umane. La democrazia e il socialismo non sono opinioni politiche errate tutt’al più nocive: troppo semplice. Sono germi. Batteri schifosi che intaccano la grandezza dell’unica, grande, razza superiore.
La fine dell’umanità
L’ideologia nazista scavalca la dicotomia tra uguaglianza e diversità, gettandosi oltre essa. Uguale e diverso sono termini riferiti agli esseri umani. Hitler cancella, formalmente, l’umanità dalla faccia della terra. Non più uomini, ma popoli, razze. E per lo stesso ragionamento con cui legittimiamo l’uccisione di massa di animali d’allevamento, il nazismo legittimava l’olocausto. Il discorso di Mattarella riporta in luce la questione con forza, riporta alla mente l’idea di una diversità che poggia su una base comune, imprescindibile. Se si cancella quella, allora tutti sono superiori e inferiori a tutti, tutti si sentiranno legittimati a far prevalere la propria superiorità, sia essa biologica o trascendentale, sul pretesto che non si ha nulla di che spartire con l’oppresso. Chiunque potrebbe finire in un lager e diventare una bestia da macello. Eppure, resti fermo almeno per noi, che gli uomini – nessuno escluso – non sono animali da macello.
Giovanni Cattaneo