“È iniziato tutto con un’allucinazione. Un giorno, ero bambina, fissavo la tovaglia a fiori rossi, distolsi lo sguardo dal tavolo e mi accorsi che lo stesso motivo era stampato sul soffitto, persino sulle finestre e le colonne. Tutta la stanza, il mio corpo, l’universo erano ricoperti di fiori rossi e io scomparivo.”
Una scena post-apocalittica. L’ambientazione di un banale splatter.
Nessuna delle due. Si tratta di “Flower Obsession”, un’installazione originale e creativa composta interamente di fiori rossi, in occasione della prima triennale della “National Gallery of Victoria” di Melbourne.
All’entrata dell’esposizione, al pubblico vengono consegnate delle sintetiche margherite gerbera e adesivi floreali, con l’invito a posizionarli ovunque volessero, dai pavimenti ai mobili. Il risultato, dopo ben 4 mesi, è una surreale dimora completamente ricoperta di fiori rossi, come se la natura avesse reclamato uno spazio abbandonato.
Un chiaro esempio di arte interattiva in cui lo spettatore diventa artista, da avere un puro ruolo passivo di contemplazione arriva a partecipare all’opera.
Ma chi c’è dietro quest’esplosione floreale e perché decide di tappezzare un intero appartamento di rosso?
ALICE
“Il mio lavoro artistico è espressione della mia vita, in particolare della mia malattia mentale.”
Yayoi Kusama è un’ artista giapponese dal tic tremolante alle labbra e alle mani. Una minuscola donna dalla parrucca ciliegia che riesce a fondere il rapporto tra realtà e percezione, attraverso colori psichedelici, pattern ripetitivi, visioni allucinate. Non proponendo una sua visione della realtà. Ma modificando la realtà stessa. Conducendo lo spettatore nel suo bizzarro mondo a pois.
Una sorta di lunapark fatto da puntini, cerchi colorati, linee ripetuti in modo ossessivo e da piante e animali con cui comunica: “Ogni violetta aveva una sua fisionomia, una propria individualità e mi parlava come un essere umano.”
Una personalità imprevedibile ed eccentrica non molto distante dalla ragazzina visionaria di Lewis Carroll di metà 800, che segue un coniglio nella sua tana: “Quand’ecco che improvvisamente le passò accanto di corsa un Coniglio Bianco con gli occhi rosa. La cosa in sé non aveva nulla di veramente speciale; e Alice non pensò neppure che fosse poi tanto strano sentire il Coniglio che diceva tra sé: “Santo cielo! Santo cielo! Arriverò in ritardo!””
Un coniglio che assume i tratti di un disturbo mentale che, fin da bambina, le fa vedere macchie colorate ovunque posi lo sguardo. Un paese delle meraviglie tempestato di zucche giganti in cui riflettere il proprio disagio interiore.
LA REGINA DI CUORI
“Il mio desiderio era diventare una pittrice un giorno, così ho iniziato a dipingere dall’età di 10 anni. Mia madre diceva che non mi era permesso dipingere e che un giorno avrei dovuto sposare un uomo ricco e diventare una casalinga. Portò via i miei colori e le mie tele.”
Yayoi nasce nel 1929 a Matsumoto, un paesino tra le montagne a 200km da Tokyo, da una famiglia tradizionalista e conservatrice di ricchi proprietari terrieri.
Il padre è un donnaiolo, frequenta bordelli ed è spesso assente da casa.
La madre, spietata donna d’affari, scarica la frustrazione dei tradimenti di lui sulla figlia, criticandola per il suo carattere introverso: “L’educazione di mia madre è stata bigotta. Mi ha reso una persona fragile, vulnerabile. Mi picchiava, pretendeva di farmi sposare un uomo che non avevo mai visto. La mia arte invece aveva bisogno di una libertà più illimitata e di un mondo più vasto.”
Forte e severa, detesta che la bambina dipinga, irritandola a tal punto da distruggere ogni suo disegno. La costringe a seguire il padre nelle sue avventure amorose e a riferirle ogni cosa, per poi umiliarla aspramente e inculcarle un’idea negativa del sesso, definendolo categoricamente come qualcosa di sporco, di cui vergognarsi e tenere nascosto. Parla di matrimoni combinati, precludendole ogni possibilità di amore romantico.
Questi divieti vengono somatizzati da Yayoi che all’età di 10 anni inizia ad avere allucinazioni: “Vedo fiori dappertutto e ce ne sono così tanti che vado nel panico. Ne sono così sopraffatta che voglio mangiarli tutti.”
Vede fiori, zucche, puntini, reti ricoprire tutto il mondo che la circonda e trasferisce ossessivamente le sue visioni su carta: “L’unico modo per me di eludere queste apparizioni furtive – scrive nella sua autobiografia Infinity Net – è quello di ricrearle visivamente con la pittura, la penna o una matita nel tentativo di decifrare quello che sono, per ottenere il controllo su di loro ricordando e disegnando ciascuna di esse.”
La pittura diventa una terapia con cui dar forma al suo mondo interiore.
Soffocata dalla cultura giapponese, percepita come retrograda, un giorno informa la madre della sua decisione di lasciare il Giappone (“troppo piccolo, troppo servile, troppo feudale e troppo sprezzante verso le donne”) per New York. La madre le da un milione di yen, intimandole di non mettere più piede in casa.
NELLA TANA DEL CONIGLIO
“La tana del coniglio scendeva giù dritta, come una galleria, e poi sprofondava all’improvviso, tanto all’improvviso che Alice non ebbe neanche il tempo di pensare a fermarsi, e si trovò a precipitare giù per quel cunicolo profondo.”
L’America è vista come occasione per esternare in tutta libertà il suo estro creativo e realizzarsi come artista, anche se non ha soldi e non mangia: “Il freddo mi arrivava alle ossa e i crampi per la fame non mi lasciavano dormire, così non potevo far altro che stare in piedi e dipingere. Non c’era altro modo di allontanare la fame e il freddo. Fu così che il mio spirito creativo raggiunse picchi di maggiore intensità.”
Se nella serie di Self Obliteration ricopre pareti, oggetti e corpi con dei pois, in cui si annulla nello spazio circostante indossando vestiti a tema; nelle Soft Sculpture ritrae zucche e organi maschili di grosse dimensioni.
Il movimento Hippy scoppiato negli anni ’70 trova terreno fertile nella sua ossessione per il sesso, tanto da creare una rivoluzione sessuale che liberi le persone dall’astinenza, dai tabù, dai pregiudizi di genere: nascono i Kusama Happenings, eventi nel suo studio o in luoghi pubblici a sfondo sessuale, con uomini e donne nudi, intenti in atti sessuali espliciti di gruppo.
Nonostante l’irruzione della polizia sia costante, tanto da arrestarla e processarla diverse volte, gli happenings continuano e riscuotono così tanto successo da arrivare ad etichettarla come la regina degli hippy e icona del movimento omosessuale americano. Emblematico è Homosexuality Wedding, un happenning che inneggia all’amore libero, uscendo dagli schemi repressivi che la società impone.
“La sua energia è a dir poco infinita. Nella dolorosa ossessione che trasmette ogni sua tela e scultura si coglie una prospettiva inedita sul mondo, come fosse una storia che non ha mai fine. Credo che sia questo aspetto ad attrarmi maggiormente nell’opera di Kusama.” Afferma Marc Jacobs, direttore artistico per Louis Vuitton, con cui svolge una delle più grandi collaborazioni. Vengono realizzati numerosi capi d’abbigliamento che riportano gli ossessivi pois, grandi e colorati.
RISVEGLIO
“Svegliati, Alice!” le disse la sorella. “Hai dormito tanto!”
“Oh, ho fatto un sogno così strano!” disse Alice. E raccontò alla sorella, così come le ricordava, tutte le strane avventure che avete appena letto; e quando ebbe finito, la sorella la baciò e disse: “ È stato proprio uno strano sogno, mia cara; ma adesso corri a prender il tè, si sta facendo tardi.”
Il progredire dei suoi disturbi compulsivi la costringe ad auto-ricoverarsi all’ospedale psichiatrico di Tokyo: “La tua malattia deriva dal fatto che dipingi troppo”, dichiara il dottore. Questo non le impedisce di affittare un atelier davanti all’ospedale e a recarsi ogni giorno per dipingere.
“Sii ciò che vorresti sembrare di essere” dice ad un certo punto la Duchessa, personaggio volubile nel libro di Carroll, rivolgendosi ad Alice. Yayoi Kusama ci è riuscita, abbandonandosi al sogno, entrando in un mondo incantato e seguendo fedelmente le proprie visioni. Ma, a differenza di Alice, senza svegliarsi mai.
Clelia Sinisi