Destra e sinistra: sono solo due scatole vuote o esistono ancora differenze ideologiche?

Sebbene i termini destra e sinistra appaiano oggi confusi e incapaci di cogliere le complesse dinamiche ideologiche e politiche della contemporaneità, essi hanno da sempre rappresentato un ruolo fondamentale nell’orientare l’opinione pubblica. Infatti, destra e sinistra indicano letteralmente due direzioni antitetiche, orientamenti del tutto opposti che, da più di due secoli, vengono utilizzati per indicare i contrasti tra movimenti e ideologie di cui si nutre l’universo, eternamente in conflitto, del pensiero e della politica.

Tutto nasce nel 1789 quando, appena conclusa la Rivoluzione francese, vengono inaugurati gli Stati Generali. All’interno della sala dell’assemblea i rappresentanti si dividono in base le proprie idee politiche: i rivoluzionari e i radicali si misero a sinistra e i conservatori e difensori dell’antico regime a destra. I termini destra e sinistra, con il passare del tempo, sono serviti come indicatori concettuali per una serie di fratture di ordine sociale relative a temi differenti. È sicuramente una semplificazione estremamente riduttiva parlare della destra come rigorosamente religiosa e della sinistra laica, oppure della destra come gerarchica e della sinistra come paritaria ed egualitaria. Nonostante ciò, storicamente, destra e sinistra si sono sempre schierate e distinte in base a una serie di valori riferiti ai vari aspetti della vita e della società e possiamo dunque mettere in luce che, nel corso della storia, questo conflitto si è sempre costruito sul contrasto tra tradizione e progresso, conservazione ed emancipazione. Destra e sinistra: un inviolabile tabù linguistico, una trappola confusa. Che cosa sono? Esistono ancora o sono state spazzate via da questa minacciosa e destabilizzate “crisi delle ideologie”?

Bobbio e la crisi delle ideologie

“Destra e sinistra non esistono più” è ormai diventato un luogo comune. Sartre pare sia stato il primo a decretarne la fine con la sua famosa frase “destra e sinistra sono due scatole vuote”. Ma è davvero questa la situazione? Lo storico e politologo Norberto Bobbio afferma, nel suo saggio “Destra e Sinistra”, che ha senso, ancora oggi, parlare di questa divisione, in particolare rispetto al concetto di uguaglianza. Trattare queste due posizioni, intendendole come programmi politici contrapposti, risulta del tutto anacronistico vista la situazione politica attuale. Oggi conosciamo la politica come un universo sempre più complesso, in cui è praticamente impossibile distinguere correnti di pensiero nette. I partiti politici si si contrappongono, si intrecciano e si allontanano per poi riunirsi in un unico grande movimento. Secondo Bobbio destra e sinistra non sono affatto scomparse, sono solo cambiate e alle ideologie del passato se ne sono sostituite altre, simili o del tutto nuove. Destra e sinistra esistono, ma non sono più reciprocamente esclusivi, non si tratta più di un aut aut. Bobbio definisce la differenza fra destra e sinistra in virtù del diverso atteggiamento rispetto al problema dell’uguaglianza: la sinistra prende in considerazione gli aspetti che rendono gli uomini uguali (considerando la diseguaglianza un prodotto sociale da superare), mentre la destra si focalizza maggiormente sulla diseguaglianza, considerandola come un dato naturale. “In nome dell’eguaglianza naturale, l’egualitario condanna la diseguaglianza sociale; in nome della diseguaglianza naturale, l’inegualitario condanna l’eguaglianza sociale.” (Norberto Bobbio)

Nietzsche e Rousseau sul concetto di uguaglianza

Questo contrasto nella diversa valutazione delle uguaglianze naturali e sociali è testimoniato da due filosofi che si fecero rappresentanti, rispettivamente, del pensiero egualitario e inegualitario: Rousseau e Nietzsche. Nel discorso sull’origine della diseguaglianza, Rousseau parte dalla considerazione che gli uomini sono nati uguali ed è stata la società civile (vale a dire la società che lentamente si sovrappone allo stato di natura) ad aver portato al dominio di uno sull’altro. Sulla base di queste considerazioni, l’egualitario parte dalla convinzione per cui la maggior parte delle disuguaglianze sono sociali e, in quanto tali, eliminabili. Il movimento femminista ne è il perfetto esempio: è stato un movimento egualitario basato sulla considerazione per cui la radice della disuguaglianza tra uomo e donna sia il frutto di costumi socialmente eliminabili.

Nietzsche, al contrario, in “Al di là del bene e del male”, definisce la democrazia come l’espressione della decadenza, perché con essa trionfa la massa degli uomini mediocri. La degenerazione peggiore dell’uomo è, per Nietzsche, “quel che per le teste vuote rappresenta l’uomo dell’avvenire”. I “babbei socialisti”, secondo il filosofo, ridurrebbero quindi l’uomo in una perfetta «bestia d’armento» per colpa del loro ugualitarismo radicale. All’interno del concetto nietzscheano di volontà di potenza si possono delineare aspetti antidemocratici e antiegualitari che costituiscono la componente reazionaria del suo pensiero. Componente che spinge Nietzsche a rifiutare la democrazia e la lotta per l’uguaglianza, considerata dal filosofo come “un sintomo di malattia” (Ecce Homo). “Perché così a me parla la giustizia: gli uomini non sono eguali” (Così parlò Zarathustra).

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