È morta Marielle Franco, 38 anni, figura pubblica molto stimata a sinistra, politica, sociologa e attivista brasiliana, popolare nelle strade come nelle reti sociali. Quattro pallottole l’hanno raggiunta alla testa in pieno centro a Rio de Janeiro.
Ore 21.30 di mercoledì 14 marzo, Rua Jpaquim Palhares (Estàcio, Rio de Janeiro) è trafficata, le macchine si muovono lente, a scatti, ferme negli ingorghi. Marielle Franco sta attraversando il distretto finanziario su un veicolo guidato dal suo autista Anderson Pedro Gomes, a fianco a lei la sua addetta stampa. Torna da una manifestazione contro la discriminazione delle donne di colore Jovens Negras Movendo as Estruturas, “Giovani nere che muovono le strutture”. La sua auto giunge fino all’incrocio, una vettura, nel cui abitacolo si trovano tre o quattro uomini armati, la affianca, vengono sparati nove colpi. Muore così Marielle Franco, politica, sociologa e attivista brasiliana.

Non ha avuto un passato semplice Franco, donna, nera, ragazza madre, nata tra la periferia degradata di Rio de Janeiro, ha provato sulla propria pelle il peso di crescere in un posto in mano alla criminalità e alla violenza, decentralizzato e volutamente abbandonato a se stesso. E’ riuscita a svincolarsi da questa realtà e ha scelto di diventare la voce di tanti altri che non hanno avuto la sua stessa fortuna, facendo delle favelas il centro della sua lotta. Si è dimostrata attiva nel sociale, femminista e attivista per i diritti umani, ha nutrito un particolare interesse per la situazione delle donne nelle periferie, per i diritti della comunità LGBTQ, per le discriminazioni razziali.
Nel 2016 si è candidata ed è stata eletta consigliera comunale a Rio, all’interno della coalizione formata dal Partito Socialismo e Libertà e dal Partito Comunista Brasiliano. Si è da sempre dimostrata critica nei confronti dell’intervento federale ed è stata un punto di riferimento per la denuncia degli abusi della polizia e le violenze dei diritti umani. Recentemente si era dedicata ad importanti indagini in merito ai frequenti omicidi avvenuti nelle favelas.

E’ emerso che i proiettili utilizzati proverrebbero da un lotto venduto dall’azienda CBC alla polizia federale del Brasile nel 2006. Il governo ha parlato dell’assassinio come di un agguato frutto di un azione criminale, ma tale fonte lo correlerebbe invece al possibile gesto di un banda di polizia.
L’omicidio ha sconvolto il paese, i funerali sono stati accompagnati da applausi e proteste. Durante l’omelia, il prete ha espresso profonda indignazione per l’omicidio della paladina dei diritti umani. ”E’ mattanza di poveri, e’ mattanza di neri, mattanza di chi lotta”, ha detto il sacerdote. (www.ansa.it) Luiz Eduardo Soares, intellettuale brasiliano, ha paragonato l’omicidio di Marielle a quello di Patricia Acioli: “Penso all’omicidio di Patricia Acioli avvenuto nel 2011, sempre per mano della polizia militare. Credo che i due casi abbiamo lo stesso movente e la stessa regia“.

L’unica cosa che si può affermare con certezza in merito all’accaduto è che si è trattato di un’esecuzione, i killer hanno aperto il fuoco solo per uccidere e non per sequestrare qualcosa, gli investigatori ritengono che a sparare siano stati sicari esperti poiché i colpi sono andati a segno. Perciò, indipendentemente da chi abbia effettivamente commesso l’omicidio è chiaro che Marielle era una voce troppo scomoda, troppo fuori dal coro per un paese come il Brasile. Gli abusi di potere da parte delle divise sono all’ordine del giorno. ll 12 maggio del 2017 la Corte interamericana dei diritti umani ha messo sotto accusa il Brasile per non aver preso provvedimenti giudiziari contro le forze di polizia a seguito dei fatti di Nova Brasilia, slum che è stato teatro di due scontri, nell’ottobre del 1994 e nel maggio del 1995. Due sparatorie che hanno portato, ciascuna, alla morte di 13 persone. Nel primo caso cinque donne, di cui due adolescenti, sono state vittime di violenze sessuale da parte degli agenti. Secondo fonti governative, nel gennaio del 2018, 154 persone sono decedute per mano delle forze dell’ordine: il 57% in più del gennaio 2017. (fonte dati: thevision.com)

In Brasile si delinea una situazione dove vi è un duplice problema alla base del clima di aggressioni che stanno attraversando il paese. Le forze dell’ordine, che avrebbero il compito di difendere i cittadini, si comportano in molti casi come uno strumento militarizzato di sorveglianza. Il governo, d’altro canto, rimane inerme e in silenzio di fronte alla violenze della divisa, valutando l’importanza della vita dei suoi cittadini in base allo status quo, criminalizzando un intero gruppo sociale per la situazione di povertà in cui è costretto a vivere, dimenticando che ciò non può essere una colpa del popolo, ma esclusivamente del malfunzionamento del governo stesso.
-pincorno