Dopo l’ok del Senato con 201 voti favorevoli e 38 contrari, la firma del Presidente della Repubblica ha ufficialmente proclamato la costituzionalità della riforma sulla legittima difesa. Tuttavia il Capo dello Stato ha inviato una lettera alle più alte cariche in cui “avverte” il Parlamento delle possibili incongruenze che potrebbero scaturire da una scorretta interpretazione della legge: Mattarella menziona il “grave turbamento” e le condizioni di necessità per cui sia possibile avvalersi della scriminante.
Ciò nonostante, il contenuto della riforma non è perfettamente in sincronia con quanto la propaganda politica e il senso comune hanno veicolato: la difesa NON è sempre legittima e il “grave turbamento” dovrà essere dimostrato dal giudice.
Cosa significa difesa “legittima”?
Nel quotidiano si sente spesso parlare di legittima difesa, pur non essendo ben chiaro come questa venga attuata e all’interno di quali circostanze. In concreto è disciplinata nel nostro ordinamento penale dall’articolo 52: «Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.»
Già in questo primo comma vengono alla luce delle problematiche. Come si può misurare la proporzione tra difesa ed offesa? Da quale momento si può parlare di “necessità” della difesa? Chiaramente la reazione di chi subisce il furto di una mela non può essere la stessa di chi sorprende un ladro nella propria abitazione; tuttavia il secondo comma dell’articolo 52 sottolinea l’importanza della necessità di difendere la “propria o altrui incolumità” e “i beni propri o altrui” quando questi siano in pericolo.
L’esistenza della legittima difesa rappresenta una causa di giustificazione nella commissione di un reato: un individuo sarà quindi “giustificato” per le sue azioni penalmente rilevanti se il giudice stabilisce che le ha commesse per difendere i propri beni o se stesso. Questo articolo del codice penale serve per tutelare gli individui che hanno necessità di difendersi da un pericolo imminente (poiché non hanno il tempo materiale di contattare le forze dell’ordine – si dice che all’offesa dovrà essere immediatamente successiva la difesa), e che rispondono a questo pericolo adottando una reazione difensiva proporzionata al pericolo.
Quando finisce la difesa “legittima”?
Il nostro ordinamento penale prevede la tutela del condannato come una delle prerogative fondamentali. Nel nostro paese la pena di morte venne abolita nel 1889; inoltre sono previste misure che assicurano la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e la sua incolumità.
Per garantire che il “ladro di mele” non venga assassinato per legittima difesa è previsto nel codice penale un articolo a tutela del meccanismo di proporzione di cui sopra.
L’articolo 55 del c.p. delinea le circostanze del cosiddetto eccesso colposo: “Quando […] si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge, ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni riguardanti i delitti colposi”. Il presente articolo intende “proteggere” da un “eccesso di difesa” in modo da evidenziare come tra il fatto di reato e l’immediata reazione difensiva debba sussistere una proporzione. In pratica le cause di giustificazione non garantiscono più l’impunibilità della vittima se questa nel difendersi va oltre i limiti imposti dalla legge. Se il contadino che subisce il furto di una gallina spara al ladro uccidendolo, secondo la legge italiana risponderà di omicidio colposo.
Sarà quindi il giudice a decidere se l’azione difensiva messa in atto dalla vittima sia stata veramente “legittima” (quindi se sussiste la proporzionalità tra difesa ed offesa).
Ad ogni modo, nei casi di eccesso colposo, l’imputato (ad es. il ladro) non viene in nessun caso giustificato dal reato (furto) ma gli viene attribuito il reato subito come “colposo”
Cosa cambia con la riforma di Salvini?
Quanto detto è ciò che è attualmente previsto dal nostro ordinamento penale in materia di legittima difesa.
La riforma voluta dal ministro dell’Interno Salvini introduce delle modifiche ad entrambi questi articoli: il 52 ed il 55 del codice penale. Il punto è che nonostante la retorica “politica”, gli effetti della riforma sembrerebbero essere molto meno concreti di quanto affermato dai politici.
- Per quanto riguarda l’articolo 52, l’articolo 1 della riforma inserisce l’avverbio “sempre” nel secondo comma dell’articolo: nei casi di violazione di domicilio sussiste sempre il rapporto di proporzione (tra offesa e difesa) […]. Ciò significa che ogni volta che la vittima di un furto si difende da un’intrusione nella propria abitazione dovrà farlo in maniera proporzionata all’offesa subita, senza eccezioni di qualunque tipo.
- Sempre nel 52, viene aggiunto un quarto comma il quale prevede che chiunque respinge un’intrusione – violenta – all’interno delle mura domestiche o nei luoghi di lavoro previsti dall’articolo, agisce in condizione di legittima difesa
- Le modifiche all’articolo 55 (eccesso colposo) riguardano il cosiddetto grave turbamento: la riforma inserisce questo elemento come causa di giustificazione nei casi in cui la risposta difensiva sia “eccessiva”. Dovendo comunque essere valutato dal giudice in sede processuale e dai magistrati attraverso le opportune prove, il “grave turbamento” interviene nelle situazioni in cui l’individuo risponde eccessivamente ad un’aggressione avvenuta in modo da impedire (per circostanze di luogo, tempo o della persona stesa – ad esempio l’età) la legittima difesa. In altre parole, l’imputato di eccesso colposo sarebbe assolto da tale accusa se riuscisse a dimostrare che la sua risposta eccessiva è stata causata da un comportamento criminale che avrebbe volutamente fatto in modo di impedire la legittima difesa. Prendiamo l’esempio di una persona anziana che, proprio per tale condizione fisica, viene presa di mira in quanto (possibilmente) incapace di reagire con legittima difesa: l’anziana vittima che ha risposto all’intrusione con un eccesso colposo non sarà incriminata con questa accusa poiché si può dimostrare il grave turbamento.
- Altre modifiche al codice penale fanno riferimento alla condanna per furto in abitazione: il condannato potrà accedere alla condizionale solo dopo il risarcimento della persona offesa. Vengono inoltre inasprite le pene per i furti in abitazione: le accuse di violazione di domicilio prevedono ora un pena che può andare da 1 a 4 anni di reclusione. Nel furto la pena varia adesso dai 4 a 7 anni di reclusione (se aggravato, cioè con l’utilizzo di armi, parte dai 5). Inasprite anche le pene per le rapine, da 5 a 10 anni.
La nuova riforma introduce nuovi elementi di prevenzione e di sicurezza da un lato, dall’altro lascia molto (forse troppo) spazio all’interpretazione della legge da parte dei giudici per quanto riguarda il grave turbamento e l’eccesso colposo.
Se Matteo Salvini nel presentare la sua nuova riforma ha più volte dichiarato che la difesa “è sempre legittima” la legge sembra dimostrare il contrario, cioè che la legittima difesa è tale quando non è dimostrabile il contrario. La retorica politica ha veicolato l’immaginario di una realtà in cui ognuno può farsi giustizia da solo senza essere punito ma le cose non stanno proprio così. Inoltre solo uno dei punti elencati nell’immagine è stato veramente applicato: quello sull’aumento delle pene; per il resto nella riforma è chiaro che ognuno dovrà essere processato per essere assolto da un’accusa; l’eccesso colposo non è stato cancellato bensì integrato con il grave turbamento (non significa che se sparo al ladro non sono colpevole di omicidio); il magistrato è colui che dovrà raccogliere le prove per dimostrare la legittimità della difesa.
Sergio Mattarella ha firmato la legge soppesando i vantaggi e gli svantaggi interni a questa ma dimostrandosi fiducioso nell’operato della magistratura. Rimane comunque da sottolineare che in Italia non esiste una giustizia “fai-da-te” e che in ogni caso di difesa sarà un giudice ed un processo a stabilire se questa è stata legittima o meno.
Gian Marco Renzetti