Le maree eccezionali hanno provocato gravi danni alla città patrimonio dell’Unesco. Ma la salvaguardia dell’arte non è ancora una priorità.
L’emergenza acqua alta
Quelli passati sono stati giorni difficili per la città di Venezia, non solo per i suoi abitanti, ma anche per il suo patrimonio artistico. La marea eccezionale non ha risparmiato nemmeno la basilica di San Marco, al cui interno l’acqua ha raggiunto il metro d’altezza e ha completamente allagato la cripta. I danni sono gravi, e le conseguenze potrebbero essere persino peggiori se l’episodio si ripetesse, dato il forte potere corrosivo dell’acqua salata. Anche il museo Ca’ Pesaro ha risentito dell’alluvione: per via dei ripetuti blackout è scoppiato un incendio che, pur essendo stato subito spento, ha fatto in tempo a far crollare parte del soffitto. Il teatro La Fenice ha scampato per poco il pericolo, dato che l’acqua lo ha “solo” reso inagibile, ma non ha intaccato la struttura in modo irreparabile. Se negli anni futuri si ripresentassero alluvioni simili, i monumenti di Venezia potrebbero essere danneggiati questa volta in modo irreversibile.
Il problema della salvaguardia
Il progetto del Mose, la barriera che dovrebbe proteggere la città dalle maree, procede a rilento, e i (pochi) provvedimenti presi per la salvaguardia del patrimonio si sono dimostrati insufficienti di fronte al peggiorare del fenomeno dell’acqua alta. Il lavoro di restauro che viene svolto di volta in volta dopo questi episodi non può recuperare del tutto ciò che c’era prima, ed inoltre basta un solo giorno di alluvione per annullare giorni di lavoro. Più il tempo passa, più incombe il rischio di veder sparire questa immensa risorsa artistica.
Il potere dell’arte
La perdita del patrimonio artistico veneziano sarebbe una grave ferita non solo per chi sull’arte fonda la propria vita, ma anche per la nostra stessa identità culturale. La filosofia moderna, che assegna all’arte un ruolo privilegiato nell’ambito della cultura, ci insegna quanto sia prezioso il patrimonio a nostra disposizione. Un’opera d’arte non è solo un oggetto “bello” dal punto di vista estetico, qualcosa da ammirare: per Schelling, ad esempio, essa è “l’infinito espresso in modo finito”, è l’unico mezzo per abbattere la barriera tra reale e ideale, concreto e astratto, conscio e inconscio. Gli opposti in tensione possono essere conciliati e riconosciuti proprio grazie alla rappresentazione artistica. Osservando forme finite la nostra mente può attivarsi, mettersi in movimento, e aprirsi ad illimitate interpretazioni: l’opera permette a tutti di provare il potere dell’artista, quello di vedere oltre al materiale.
Heidegger dà ancora più importanza all’arte, che non è più un semplice meccanismo di copia di oggetti reali o immaginari, ma diventa ciò che ci svela l’essenza della realtà, che ci porta a comprendere la profondità di ciò che ci circonda. La bellezza dell’opera ci apre un mondo di interpretazioni pur rimanendo
sempre se stessa: essa ci presenta un oggetto preciso, ci isola di fronte ad esso, in modo che ci sia permesso di dialogare con esso, di scoprirlo. Possiamo ricavare da quest’opera molte informazioni, eppure essa conserverà un significato nascosto, un’unità misteriosa che porta ad interrogarsi e a voler conoscere ulteriormente.
I filosofi ci spiegano che senza l’arte l’essere umano sarebbe un po’ meno tale, meno portato a quell’attività che lo distingue dagli altri esseri viventi: l’esercizio della ragione. Avere a disposizione una così grande quantità di opere d’arte è senz’altro un privilegio, ma proprio per questo non è da dare per scontato. Proteggere l’arte diventa un nostro compito, un obiettivo importante per permettere all’essere umano di continuare a migliorarsi.