Un nuovo studio del Children’s Hospital di Boston ha scoperto una mutazione genetica che scatena una malattia legata alla figura folcloristica del vampiro. Creatura succhia-sangue o disturbi del sangue?
Strigoi in Romania, shtriga in Albania e vrykolakas in Grecia. In qualunque modo lo si voglia chiamare, un vampiro è un essere nato nel folclore che sussiste nutrendosi della forza vitale (generalmente sotto forma di sangue) dei viventi. Queste creature sono presenti in svariate culture, ma la variante europea rimane quella tutt’oggi accettata dalla cultura popolare. Il termine ‘vampiro’ deriva da suddetta variante, reso famoso dopo i resoconti di un’isteria di massa del XVIII secolo nell’Europa orientale, che in alcuni casi ha portato alla detenzione di cadaveri e ad impiccagioni d’innocenti. Come ogni leggenda che si rispetti esiste un fondo di verità, vediamo come malformazioni genetiche hanno alimentato il Van Helsing presente in ognuno di noi.
Cos’è un vampiro?
Il vampirismo esiste da millenni. Culture antiche come Babilonesi, Ebrei, Greci e Romani erano colme di storie di demoni e spiriti, considerati i precursori dei moderni vampiri. Il folclore dell’entità conosciuta oggi come vampiro ha origine invece nell’Europa sudorientale intorno al ‘700. Nella maggior parte dei casi le creature sono considerate revenants, esseri malvagi, vittime di suicidio o streghe. La credenza in queste leggende diventò così pervasiva che in alcune zone creò isterie di massa, proprio come la caccia alle streghe americana.
Sebbene ci siano molti elementi in comune tra le leggende, è difficile fare una singola descrizione del vampiro. Generalmente lo immaginiamo come una creatura goffa, pallida e dai canini allungati. Esistono numerose teorie riguardanti la nascita della teoria ma entriamo nel mondo della biochimica per scoprire la più accreditata.
La porfiria
Con il termine porfiria s’intende un gruppo di otto disturbi del sangue. Tali patologie influenzano la capacità dell’organismo di produrre il gruppo eme, un derivato della porfirina contenuto dei globuli rossi e adibito al trasporto dell’ossigeno. Il difetto genetico influenza la produzione di eme, accumulando un precursore della porfirina: la protoporfitrina. In particolare, nella protoporfiria eritropoietina, conosciuta anche come EPP, la propoporfirina si accumula nei globuli rossi, nel plasma e nel fegato. Quando questa molecola viene esposta a luce ultravioletta produce sostanze tossiche per le cellule, causando gonfiore, arrossamento e bruciore. L’EPP condivide dunque sintomi con la leggendaria tradizione dei vampiri. Le associazioni più evidenti sono la sensibilità alla luce ma anche un’anemia cronica, la quale causa il classico pallidume.
Tutt’oggi la porfiria è curata tramite trasfusioni di sangue per integrare gruppi eme funzionanti. Tale trattamento non era sconosciuto nemmeno in quei secoli, infatti predicatori e pseudo-medici notarono che facendo ingurgitare del sangue le condizioni dei pazienti miglioravano. Tutto questo, unito alle credenze popolari già diffuse, portò i malati ad essere esclusi da una società, quella dell’Europa del XVIII secolo, ignorante di fronte a ciò che risultava inspiegabile.
Una leggenda diventata realtà
Purtroppo siamo impossibilitati a conoscere l’esatta verità dietro ogni leggenda, le cause sono spesso numerose e alcune si sono perse nel corso della storia. Quindi una malattia non è l’unica spiegazione ad un fenomeno così vasto e radicato nella nostra cultura. Per fare un esempio, un altro fattore chiave è la scarsa conoscenza del processo di decomposizione: a volte le persone sospettavano di vampirismo quando un cadavere non appariva come pensavano che un cadavere normale dovesse essere. Di conseguenza accusavano chi somigliava proprio ad un cadavere. Nonostante ciò ancora una volta la scienza ci ha aiutato a rimuovere quel velo di nebbia sull’origine delle nostre leggende più famose.