“A Carnevale ogni scherzo vale”: il periodo che precede le settimane di penitenza della Quaresima è caratterizzato da allegria, balli e da maschere. Di simile natura è un celebre detto latino: “Semel in anno licet insanire” – “una volta all’anno è lecito fare pazzie”, per un attimo è quindi possibile uscire dagli schemi. Nell’antica Roma, a dicembre, in onore della divinità italica di Saturno, si teneva la festività dei Ludi Saturnales, caratterizzata dallo scambio di doni tra i cittadini e dalla momentanea violazione delle norme sociali. Lo scopo è quello di compiere un rito liberatorio per preparare la comunità all’adempimento degli ordinari doveri. La trasgressione è in realtà apparente, perché ognuno è consapevole che al termine dei giorni di festa tutto torna alla normalità, tuttavia ridere e dissacrare il potere è utile a rendere più tollerabile ogni obbligo sociale.
Il teatro come rito liberatorio
L’idea di momentaneo sovvertimento dell’ordine sociale è riconoscibile anche nel genere della commedia latina, in primo luogo nell’opera di Plauto. Elementi divertenti, caricature e doppi sensi costituiscono il patrimonio letterario di un autore che rappresenta ancora oggi un punto di riferimento per chi si occupa di teatro comico. L’intento di Plauto è quello di intrattenere e di divertire, e le trame sono quasi sempre incentrate sul contrasto tra due personaggi. I temi frequenti sono la beffa, gli inganni e gli equivoci. Il finale è sempre lieto. Lo schema dei personaggi è fisso e ricorrente, e la maschera più vivace è quella del servus, caratterizzato da una grande astuzia. Plauto si distingue per il suo modo di rappresentare un mondo che si oppone a quello reale, dove i figli si prendono gioco dei padri e i servi dei padroni. Durante la rappresentazione teatrale, come nel periodo dei Saturnali, è possibile ridicolizzare la realtà e trasgredire all’ordine sociale, alleviando così le tensioni con una risata liberatoria. L’accettazione della finzione scenica è favorita dall’ambientazione: le commedie di Plauto sono ambientate in Grecia e sembrano voler dimostrare che a Roma non sarebbe concessa né la vittoria dei figli sui padri, né quella dei servi sui padroni. “Licet haec Athenis” – “questo ad Atene è possibile”, afferma Plauto nella commedia Stichus.
Le maschere e i canti carnascialeschi
L’intenzione di rovesciare la realtà, almeno per un periodo dell’anno, è rimasta nei secoli e in parte è presente ancora oggi. In occasione del Carnevale la possibilità di indossare delle maschere consente di essere, per un giorno o per una serata soltanto, ciò che si vuole. Ed è in maschera che venivano recitati i canti carnascialeschi, tra i secoli XV e XVI, nelle celebrazioni del carnevale, durante le sfilate dei Trionfi e dei Carri. Il più celebre tra questi è quello scritto da Lorenzo il Magnifico, che scelse i personaggi di Bacco e Arianna per un invito a godere a pieno di ogni attimo e a non perdere alcuna occasione per essere felice. “Chi vuol esser lieto, sia, di doman non c’è certezza.” Il Carnevale, che ultimamente sta perdendo il suo spirito originario, consisteva in un momento di festa e di libertà, durante il quale ci si poteva lasciare andare ad un clima generale di allegria. Tuttavia, secondo alcune interpretazioni, questa festa e le sue maschere potrebbero anche rappresentare un’occasione per salutare l’inverno che sta per volgere al termine.
Il Carnevale italiano oggi
Oggi il Carnevale si celebra nei Paesi di tradizione cristiana con rito cattolico, e ha lo scopo di preparare ai quaranta giorni della Quaresima, che devono essere caratterizzati da digiuno e da astinenza. La tradizione prevede sfilate ed esibizioni incentrate su motivi fantasiosi e caratterizzate dal mascheramento. In Italia è Venezia la città che meglio conserva e replica ogni anno i riti più celebri. Il suo carnevale è uno dei più conosciuti e apprezzati del mondo, insieme a quello di Rio de Janeiro. Viareggio costituisce un altro importante centro turistico in questo periodo, e seguono le città di Roma e di Sciacca. Celebri in Italia sono anche le diverse maschere, che derivano dalla nuova modalità di produzione degli spettacoli che prende forma nel XVI secolo: la Commedia dell’Arte, nota all’estero come “Commedia Italiana”. La più celebre è quella di Arlecchino, di origine bergamasca. I festeggiamenti si chiudono durante il martedì grasso con un ricco banchetto, dopo il quale occorre, come suggerisce il nome stesso della festa, “carnem levare”, ossia togliere la carne. “L’amor de carneval mor in quaresema”, recita un proverbio veneto.
Chiara Maria Abate