La peste di Tebe nell’Edipo re di Sofocle: Coronavirus, uomo e ambiente

La pestilenza nell’Edipo re: Sofocle sembra implicitamente sottolineare una connessione tra il re e la propria terra. Uomo e ambiente sono interconnessi? Qual è la relazione tra l’emergenza Coronavirus e i cambiamenti climatici?

Francois Xavier Fabre-Edipo e la Sfinge, 1806-08

Siamo intorno al 429 a.C. e ci troviamo ad Atene, seduti sui gradini del teatro di Dioniso, presso l’acropoli, mentre Sofocle mette in scena un’opera che sarà ricordata come la tragedia per eccellenza: l’Edipo re, che si inserisce nel cosiddetto ciclo tebano, ossia un gruppo di poemi epici, oggi perduti, che narrava la storia in chiave mitologica della città di Tebe, polis ai limiti meridionali della pianura della Beozia.

Si noti la città di Tebe in Beozia.

Il mito di Edipo

Tuttavia, per comprendere meglio il prologo della tragedia di Sofocle, occorre fare un passo indietro per guardare al mito. Laio, sovrano di Tebe, sposò Giocasta, da cui non riusciva ad avere figli. Di nascosto consultò l’oracolo di Delphi e la Pizia gli rispose che semmai avessero avuto un figlio, egli avrebbe ucciso il padre e avrebbe giaciuto con la madre. Laio, inorridito, ripudiò Giocasta, senza rivelarle il vaticinio: tuttavia la moglie esasperata lo fece ubriacare e lo attirò di nuovo tra le sue braccia.  Nove mesi dopo diede alla luce un figlio: Laio lo strappò alla nutrice, gli forò i piedi con un chiodo legandoli insieme e lo abbandonò sul monte Citerone. Il Fato volle che il bambino sopravvisse: fu trovato da un pastore corinzio, il quale gli diede il nome Edipo, ossia “dai piedi gonfi”, per via delle ferite, e lo portò con sé a Corinto, dove fu adottato dal re Polibio. Un giorno Edipo, dileggiato da un giovane perché non somigliava affatto ai suoi presunti genitori, andò a chiedere all’oracolo di Delphi quale sorte gli serbasse il futuro e la Pizia gli rispose disgustata: “Ucciderai tuo padre e sposerai tua madre!”. Il ragazzo, inorridito, poiché amava  Polibio e Peribea, decise di non tornare a Corinto: nello stretto valico tra Delphi e Daulide si imbattè in Laio che, a bordo di un cocchio, gli ordinò di spostarsi. Il giovane non lo fece e una delle ruote ammaccò il piede di Edipo che, adirato, scagliò a terra Laio, che si era impigliato nelle redini, e lo trascinò nella polvere fino alla morte. Il vecchio re era diretto a Delphi per chiedere all’oracolo come liberare Tebe dalla Sfinge, una creatura mostruosa con testa di donna, corpo di leone, coda di serpente e ali d’aquila, volata a Tebe dagli angoli più remoti dell’Etiopia. La creatura sottoponeva ai passanti un indovinello e chi non lo risolveva veniva sbranato: « Quale essere, con una sola voce, ha talvolta due gambe, talvolta tre, talvolta quattro, ed è tanto più debole quante più ne ha? ». Edipo, avvicinatosi a Tebe dopo l’assassinio di Laio, diede la risposta esatta: «l’uomo», che infatti cammina a gattoni, a quattro gambe, quando è piccolo, con due quando è adulto e con tre (con il bastone) quando è vecchio. E la Sfinge, avvilita, si gettò giù dal monte Ficio. I Tebani acclamarono Edipo re (tyrannos) ed egli sposò Giocasta, ignaro che fosse sua madre, da cui ebbe quattro figli, due maschi e due femmine: Eteocle e Polinice, Antigone e Ismene. La profezia si avverò e una pestilenza, che sembra quasi essere ombra della Sfinge, si abbatté sui Tebani. Da qui inizia la tragedia di Sofocle.

Arnold Böcklin, Die Pest, 1898, Basilea Kunstmuseum; Melania Giglio, La Sfinge/Peste in Edipo Re, AFI-Archivio Fondazione Inda, Edipo Re, Siracusa.

Il prologo dell’Edipo Re

Nel prologo vediamo Edipo alle prese con una pestilenza che tormenta la città, piena di incensi, di invocazioni e di lamenti. Il re appare in scena attorniato da una folla supplicante che si pone attorno a lui per chiedergli di essere salvata dalla fame e dal contagio. Il sacerdote di Zeus gli riferisce che la città è in completa balìa delle onde e non sa più risollevare il capo dai gorghi di una tempesta di sangue: la terra non dà frutti, gli animali muoiono e i figli si spengono ancor  prima di venire alla luce. In più Apollo ha scatenato una pestilenza, che Sofocle chiama loimòs, che flagella la città “così si svuota la casa di Cadmo e il nero Ade si riempie di gemiti e lamenti”. Il popolo si appella al proprio re chiamandolo soter, ossia “salvatore”, supplicandolo di trovare un’alkèn, una difesa, e di risollevare le sorti della pòlis ollutai, la città che perisce, liberandola ancora una volta dal male, così come aveva fatto risolvendo l’indovinello della Sfinge. Edipo, sovrano sollecito verso il proprio popolo, soffre con loro e afferma di aver già mandato Creonte, fratello di Giocasta, presso l’oracolo di Delphi. Non appena egli ritorna in patria, apparentemente lieto, Edipo lo invita a parlare apertamente davanti a tutti: l’oracolo ha dichiarato di scacciare dal paese la contaminazione, il miasma, nutrita in quella terra e di non alimentarla ancora fino a renderla insanabile, esiliando i colpevoli. Edipo, perplesso dalla vaghezza delle parole riportate, domanda ancora spiegazioni: Creonte gli rivela che Apollo ha mandato la pestilenza come punizione verso colui che ha ucciso Laio, il vecchio sovrano, che ora risiede in quella stessa terra. Il giovane re, non sapendo che l’uomo in cui era incappato anni prima era Laio e che egli stesso è l’uomo che cerca, lancia una maledizione contro l’assassino condannandolo all’esilio.

Busto di Sofocle, considerato, insieme ad Eschilo ed Euripide, uno dei maggiori poeti tragici dell’antica Grecia (Colono, 496 a.C. – Atene, 406 a.C.).

Re e terra, uomo e ambiente

La causa della pestilenza è dunque Edipo stesso: dapprima salvatore e poi distruttore della città. Si può notare come il re, nei miti antichi e nei racconti delle origini, sia connesso alla propria terra e come la sanità di essa, la fertilità dei raccolti e la prosperità del popolo dipenda dalle qualità fisico-morali dell’uomo che la governa. Il coro di vecchi tebani, nella parodo, canta che per far rinascere Tebe a vita nuova, sanarla dalla peste e far maturare i frutti della “terra gloriosa” occorre estirpare il male, ossia eliminare quel corpo untore che la affligge: Edipo infatti ha contagiato la terra con i suoi atti immondi. L’uomo, il microcosmo, dunque è intrinsecamente legato all’ambiente in cui vive, al mondo, il macrocosmo: sono due aspetti indivisibili in quanto le singole parti sono in rapporto al tutto. Al concetto di interconnessione si allaccia oggi Grazia Francescato, esperta di questioni ambientali, presidente del WWF dal 1992 al 1998, che sostiene: «Il primo comandamento dell’ecologia dice: Tout Se Tient. Ovvero, ogni cosa è collegata a tutte le altre. Cambiamento climatico ed epidemie non conoscono confini. Le variazioni di temperatura, umidità e condizioni del suolo potrebbero favorire un “salto di specie” di virus e batteri già in circolazione o risvegliare quelli che da migliaia di anni vivono congelati nel permafrost».

Daniele Pecci nel ruolo di Edipo con Laura Marinoni nel ruolo di Giocasta nell’Edipo re andato in scena al Teatro Greco di  Siracusa nel 2013, regia di Daniele Salvo.

Emergenza Coronavirus e emergenza climatica

Alcuni studiosi infatti sostengono che l’emergenza climatica e l’emergenza coronavirus siano problemi interconnessi, sebbene non se ne abbia la certezza, sembrerebbe che l’aria inquinata e in particolare le polveri sottili, favoriscano la virulenza di contagio da Covid-19, una correlazione diretta sulla quale si stanno effettuando ancora studi e analisi. Questo spiegherebbe infatti il contagio particolarmente elevato nei focolai lombardi: non a caso Brescia e Bergamo sono le province più duramente colpite, province che di fatto risultano tra le mediamente più inquinate d’Italia. Recentemente Giuseppe Miserotti, membro dell’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE), ha evidenziato come i picchi di epidemie come la SARS e l’influenza Aviaria nel 2003 e l’influenza Suina nel 2009, si siano verificati in corrispondenza di picchi di temperature di almeno 0,6 o 0,7 gradi oltre la media. Viste le temperature elevate degli ultimi periodi non c’è da stare sereni.

Kylix attica del Pittore di Edipo

L’uomo è davvero padrone della Terra?

La tragedia di Sofocle analizza la fragilità umana e l’illusione della potenza dell’uomo sulla terra: chiunque può ritrovarsi, in breve tempo, non rendendosene neanche conto, da uno sfolgorante periodo di vita al più abietto dei destini, pur credendo di perseguire giusti ideali, e che l’uomo molto spesso è artefice delle proprie tragedie. L’insegnamento che potremmo dunque tenere in serbo è che siamo tutti interdipendenti e interconnessi: quando finirà l’emergenza Coronavirus torneremo a comportarci come prima o inizieremo a rispettare di più il nostro ambiente?

 

https://www.ilsuperuovo.it/la-peste-nellantica-grecia-attraverso-la-lente-del-poeta-e-dello-storico/

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