Le origini socialiste del fascismo e del suo leader Mussolini: le basi della dittatura.
I Fasci italiani di combattimento e il Programma di San Sepolcro testimoniano le idee di sinistra che hanno caratterizzato i primi anni del fascismo.
In principio era socialista
Nella storia italiana ci sono momenti che tutti conosciamo e dei quali sappiamo dire qualcosa. Belli o tragici che siano. Nel secondo gruppo rientra certamente quell’epoca definita come il Ventennio, anni di dittatura fascista guidati da Benito Mussolini. E’ il periodo dei brogli elettorali e dell’assassinio della democrazia, delle leggi razziali e della Seconda Guerra Mondiale.
Siamo ormai abituati ad etichettare il fascismo come un movimento di estrema destra dannoso cento anni fa così come oggi, anche se il pericolo è ridotto. Ciò che non tutti sanno è l’origine socialista di questa ideologia.
Chi ne ha parlato per primo è stato lo storico israeliano Zeev Sternhell. Lui, insieme ad un piccolo gruppo di colleghi di varie idee politiche, ha cercato di spiegare in modo più approfondito il fascismo, sia in chiave italiana che europea. Sosteneva che il movimento non solo avesse caratteristiche in comune con quelli di sinistra, per esempio la matrice rivoluzionaria, ma che nascesse da lì. Insomma, nato socialista in seguito spostatosi verso destra non per vera e propria convinzione ma per cercare quello spazio vitale per trasformare un progetto in un’opera reale.
I Fasci italiani di combattimento e i principi di sinistra
Benito Mussolini milita fin da giovane tra le fila del Partito Socialista Italiano ( PSI ) riuscendo in breve tempo a diventare direttore dell’ “Avanti!“, il quotidiano ufficiale del partito. Esistevano varie correnti e Mussolini capeggiava quella più radicale, quella secondo cui bisognava fare la guerra al proletariato in nome della rivoluzione. In occasione del primo conflitto mondiale era un interventista, convinto che questo potesse favorire l’indebolimento dell’economia e della società italiana e una seguente rivolta dei socialisti.
Espulso dal PSI decise di fondare i Fasci Italiani di Combattimento nel 1919 a Milano. La linea politica appare ancora spostata verso sinistra, ma con qualche accenno nazionalistico in politica estera. Il nuovo movimento voleva quindi fondere insieme due ideologia opposte e rivali, nazionalismo e socialismo.
Nello stesso anno si tengono le elezioni politiche che si rivelano una disfatta per il neo-nato movimento di Mussolini. La confusione creata dal miscuglio delle varie idee aveva fatto tentennare gli elettori che scelsero i due grandi partiti del tempo: PPI e PSI. Nella città natale dei Fasci non arrivarono neanche a 5000 voti.
Già nel 1920 Mussolini decise di iniettare nel sangue dei suoi militanti la violenza, strumento col quale deciderà di opporsi al socialismo e ai nemici della nazione. A Trieste incendiarono l’Hotel Balkan, sede delle associazioni slavofile, mentre a Bologna presero d’assalto il municipio per impedire l’insediamento della nuova giunta comunale.
Il movimento, sostenuto anche da alcuni imprenditori, continuerà a distinguersi per questa sua caratteristica violenza, organizzandosi in squadre d’azione e arruolando ex combattenti ancora galvanizzati dalla guerra.
Il Programma di San Sepolcro
Il 6 giugno 1919 su “Il Popolo d’Italia“, il quotidiano fondato da Benito Mussolini, viene pubblicato il programma dei Fasci italiani di combattimento, il programma di San Sepolcro.
Questi propositi dimostrano e fissano nella storia l’ambiguità del movimento alle origini. All’inizio si vuole precisare che il programma è rivoluzionario e fortemente innovatore, che pone la guerra rivoluzionaria al di sopra di tutto e tutti.
La matrice socialista è ben visibile nelle richieste di suffragio universale ( quindi voto alle donne), nell’abbassare l’età minima per il voto a 18 anni, l’abolizione del Senato, una riforma della Costituzione, la formazione di Consigli Nazionali del lavoro ( i moderni sindacati). In ambito lavorativo proponeva 8 ore lavorative al giorno, i minimi di paga, assicurazione sull’invalidità e sulla vecchiaia. Infine voleva nazionalizzare le fabbriche di armi, attuare una forte imposta progressiva sul capitale e sequestrare i beni delle congregazioni religiose. Insomma il testo è colmo di anticapitalismo, anticlericalismo e lotta alla borghesia. Compare però già la prima nota nazionalista nel punto in cui dice che il movimento vuole “una politica estera nazionale intesa a valorizzare nelle competizioni pacifiche della civiltà la nazione italiana“.
Il Programma di San Sepolcro presenta aspetti a dir poco moderni, nel senso di nuovi e anticipatori del tempo. Vi sono proposte che verranno attuate solo dopo la nascita della repubblica e altre delle quali ancora oggi si discute. Ma la storia ci insegna che queste sono destinate a rimanere semplici parole scritte su un foglio di carta, dimenticate nel giro di pochi anni in nome di una feroce e terribile dittatura.