Spotify accusato di sessismo? La risposta di Mina sul maschilismo è ancora attuale.

Un recente studio condotto da Liz Pelly ha evidenziato che la piattaforma sembra dirottare i suoi utenti verso album di artisti. La piattaforma però sta cercando di rimediare.

Da quando Spotify è entrato a far parte delle nostre vite tutto è cambiato. Non dobbiamo più ricorrere ad applicazioni di dubbia funzionalità per ascoltare le nostre canzoni preferite né siamo costretti a doverle cercare su Youtube ed ascoltarle senza poter bloccare lo schermo. Di recente poi sono state aggiunte nuove opzioni, come poter ascoltare dei podcast in lingua (per esempio in inglese) oppure ascoltare playlist create dall’applicazione sulla base dei nostri gusti musicali. Insomma sembra che sia diventata un’applicazioni di cui non si può più fare a meno.

In molti però hanno notato un fatto strano. Guardando le classifiche e facendo un veloce resoconto, si può notare che ci sia una predominanza maschile e non è la prima volta che succede (è la terza volta negli ultimi quattro anni). Tra i primi 5 artisti più ascoltati a livello internazionale figurano solo nomi maschili; stesso dicasi per i top 5 in Italia. L’unico nome femminile, quello di Dua Lipa, figura alla quarta posizione nella categoria ‘top 5 album globale‘. Quindi a questo punto sorge spontanea una domanda. Questi risultati riflettono effettivamente i gusti degli utenti oppure si potrebbe affermare che Spotify sia sessista?

Spotify
Spotify accusato si sessismo e discriminazioni di genere?

Liz Pelly ed il suo studio sugli algoritmi e sulle playlist di Spotify

Liz Pelly ha tentato di rispondere a questa domanda ed ha cercato di capire se le discriminazioni di genere potessero in qualche modo influenzare le classifiche musicali. La giornalista ha creato un account completamente nuovo, in modo tale che non potesse essere influenzato dalle canzoni ascoltate in precedenza. I suoi risultati hanno indicato un certo dirottamento da parte di Spotify prevalentemente su album di autori maschili, innescando il cosiddetto ‘effetto eco‘, per il quale la piattaforma continuava a consigliare artisti anche in futuro.

Le classifiche quindi sarebbero falsate perché basate su disparità interne della piattaforma, con conseguenze che arrivano a coinvolgere perfino la vendita dei dischi e l’ascolto alla radio. Solo nel 2018 sembra che la situazione si sia leggermente riequilibrata, ma si è ancora lontani da un’equità maggiore nelle classifiche.

Le artiste tra le ‘top’ di Spotify

Fortunatamente il dominio maschile non è assoluto perché ci sono delle artiste che tentano di scalare le classifiche mondiali della musica. Rihanna è una di queste che con la sua musica è sempre riuscita ad affermarsi nelle differenti classifiche musicali. Accanto a lei ci sono delle artiste nate di recente, come Cardi B e Camila Cabelo. Nella top 5 delle artiste globali figurano anche i nomi di Ariana Grande e di Taylor Swift, rispettivamente al primo ed al quarto posto.

Rihanna
Rihanna è una delle poche artiste che è riuscita sempre a dominare le classifiche mondiali.

Alla luce di tutti questi risultati, Spotify ha messo in piedi un progetto che ha chiamato ‘Equalizer‘. Il sistema analizza le abitudini d’ascolto dei suoi utenti negli ultimi sei mesi, per poi calcolare la percentuale di artisti e di artiste ascoltate nel tentativo di costruire poi una playlist più equilibrata. L’obiettivo di Spotify era di mostrarsi solidale nei confronti delle donne e di essere contro le discriminazioni di genere. Non tutti però hanno visto di buon occhio questa trovata, giudicandola semplicemente come una strategia di puro e semplice marketing.

Sempre nello stesso periodo è stato creato anche Amplify, uno spazio riservato a canzoni dedicate a cause sociali. In queste playlist si trovano anche canzoni che esprimono e rappresentano le opinioni delle donne come ‘Women of the world‘ oppure ‘Women in Music & Culture‘. Una delle ultime iniziative, risalente appena al mese scorso, è stata creata per offrire alle donne maggiori opportunità per le donne. Il suo nome è EQL Directory ed il motivo è semplice da comprendere. Si tratta di un progetto rivolto ad ingegneri del suono, produttrici e tecniche del settore poiché occupano solo il 5% in confronto alla percentuale ricoperta dagli uomini.

Il maschilismo, una piaga che non accenna ad estinguersi

Premessa: parlare di maschilismo non significa santificare e giustificare il femminismo. Parliamo comunque di due ideologie estreme nella maggior parte dei casi che spesso creano incomunicabilità tra i due generi, peggiorando i rapporti tra le parti.

Il maschilismo si manifesta soprattutto quando gli uomini si trovano in gruppo perché si innescano delle dinamiche particolari per le quali anche l’uomo meno maschilista può trasformarsi nel peggiore dei maschilisti. Tutto questo per non sentirsi escluso dal gruppo, ma si tratta spesso di dinamiche di cui il soggetto non è consapevole. Il maschilismo vero e proprio toglie soggettività alla donna, la oggettivizza perché questo facilita la costruzione di una relazione in quanto è più facile relazionarsi ad un oggetto che ad una persona. Molto spesso la persona in questione non dispone delle giuste capacità mentali che gli consentono di relazionarsi correttamente con una persona, specialmente con una donna.

Maschilismo
Oggettivare la donna è molto più semplice per l’uomo maschilista perché gli permette di costruire più semplicemente una relazione.

A complicare la situazione subentra anche la testardaggine dell’uomo maschilista che rende difficile per lui accettare opinioni e pareri differenti dai suoi. Quando esprime il suo pensiero non può non compiacersi di quello che la sua mente ha partorito. Nonostante sia bravo a comportarsi da maschilista quando è da solo, in gruppo dà il meglio di sé perché subentra la componente della competizione. Ciò che probabilmente si nasconde dietro questa maschera da ‘vero uomo’ è in realtà insicurezza perché necessita di ruoli chiari e ben definiti. Ha difficoltà ad accettare ruoli diversi da quello che si è attribiuto e questo lo condanna a vivere in un limbo. Inoltre spesso manifesta questo latente disagio attraverso la violenza e l’umiliazione al fine di ristabilire la propria superiorità.

L’uomo maschilista non si pone domande perché possiede già tutte le risposte alle domande fondamentali della vita, non mette in dubbio le sue credenze perché sa di essere dalla parte del giusto. L’unico modo per contrastare tutto questo è l’educazione. Sapersi mettere in discussione, essere aperti a nuove prospettive e a nuovi punti di vista sarebbe solo il punto di partenza.

Mina and the empowerment of women

Nel corso degli anni la nota cantante Mina ha dimostrato una forza ed un atteggiamento che ha sempre sfidato il maschilismo in Italia. In passato le è stato chiesto cosa ne pensasse del femminismo e la sua risposta ha avuto una risonanza molto forte, per questo è stata definita ‘la prima femminista (anche se non lo sapeva)‘. Mina ha affermato che ‘il nemico della donna è la donna stessa che non riesce a sfilarsi da sotto il calcagno dello schiavismo del maschio’.

Mina
Mina, ‘la storia di una tigre’.

Attraverso i testi delle sue canzoni (e non solo) si è fatta portavoce di di messaggi solidali nei confronti del genere femminile. Anche il suo improvviso ritiro dalle luci della ribalta nel 1974 non è stato casuale. In quanto donna si riteneva che la sua vita privata dovesse essere sbandierata ai quattro venti e che in quanto personaggio pubblico non potesse sottrarsi alle attenzioni del suo vastissimo pubblico. Di questi doveri e di questa imposizioni sociali Mina se ne letteralmente mostrata incurante, rinnegando i doveri che la società ha tentato di imporgli.

Le pressioni che probabilmente la cantante ha subito da parte del manager e della sua casa discografica devono essere state molto forti. Un cantante che diventa solo voce poteva andare bene ed essere tollerato, ma una donna? Cosa sarebbe stata una donna, cantante, senza la sua presenza fisica? La risposta l’ha data la stessa Mina in ‘Non gioco più‘, canzone manifesto del suo addio alle scene. ‘Io cambio e chi non cambia resta me‘. Mina oltre Mina che non voleva più essere Mina pur rimanendolo; un esempio eccezionale tanto quanto l’evoluzione della sua carriera.

Martina Morello

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.