I bambini e i ragazzi sanno essere intrattabili, e di una cattiveria assurda. Ma sanno anche dimostrare il contrario. Una classe di un istituto tecnico di Faenza, ad esempio, ha deciso di non voler escludere ed emarginare Margherita, la loro compagna sorda. Hanno quindi deciso, insieme al collegio docenti, di imparare la lingua italiana dei segni, così da poter comunicare a Margherita tutta la loro solidarietà
La si può vedere nei corridoi, durante gli intervalli. Sorda, ma sorridente, intenta a parlare coi propri compagni di classe. Le mani si muovono velocemente, il tempo per parlare è sempre poco. I suoi compagni, al posto che innalzare una barriera tra loro e Margherita (quella del suono), hanno deciso di imparare una nuova lingua: il Lis. Un desiderio dimostrato sin dai primi momenti passati insieme. Gli studenti hanno chiesto ai professori di seguire un corso, e quindi è stato organizzato. Ogni docente ha devoluto almeno un’ora dei loro insegnamenti al Lis, e così è stato strutturato il corso. Hanno anche affisso un cartellone in classe, per aiutare il ripasso.
Le difficoltà della solidarietà: una lingua nuova, a tutti gli effetti
Quello che può anche sorprendere di questa iniziativa è la difficoltà nell’imparare il Lis. Al contrario di quanto possano pensare in molti, il linguaggio dei segni non è una semplice pantomima. Non si tratta di un linguaggio deittico, o di una semplice forma di comunicazione non verbale. Ha a tutti gli effetti la struttura di una lingua vera e propria, con tanto di dialetti diversi a seconda dei paesi di sviluppo.
Nel corso degli anni ’30 si pensava il contrario, tanto che si tentò di insegnare alle scimmie il linguaggio dei segni. Era un esperimento destinato a fallire: le capacità motorie ovviamente erano presenti, ma solo l’uomo ad oggi possiede un’area cerebrale responsabile del linguaggio. Se testati in risonanza magnetica, a dei bambini sordomuti, parlando la lingua dei segni, si attiveranno le stesse aree che si attivano a dei soggetti normodotati mentre parlano.
Le parole del professore
A causa di questo, il professore Michele Orlando, 40 anni, insegnante di italiano nella classe, il corso di amministrazione, finanza e marketing, riconosce che i professori abbiano incontrato molte più difficoltà dei ragazzi. Μa ai microfoni di Repubblica si dice veramente soddisfatto dell’esperienza e della solidarietà dimostrata dai ragazzi. Ha aspettato la vicinanza del Natale per rendere pubblica la questione. “Ho aspettato questo momento per regalare una bella storia alle persone, per ribadire il significato del dono e della gratuità, valori che rischiano di essere trascurati anche a scuola quando sei sommerso di adempimenti burocratici, dalla fretta, dai programmi da rincorrere. Gli studenti non li riduci a griglie di valutazioni, sanno sorprenderti. Questi ragazzi, occupandosi in questo modo della loro compagna, hanno fatto la differenza. Dovrebbe essere la norma, speriamo che almeno contagi. È comunque un obiettivo educativo enorme che abbiamo raggiunto, è stata l’occasione per trasformare gli ostacoli in un trampolino di lancio“.
Le conseguenze del gesto
Al passaggio al terzo anno, Margherita ha trovato anche nuovi compagni. Forse anche grazie alla solarità di questa ragazza, tutti si sono dati disponibili a imparare il mezzo di comunicazione necessario. Anche il preside si è pronunciato felice dell’iniziativa, riconoscendone l’altruismo e lo spirito d’integrazione. Un gesto tanto umano che anche il Miur si è mosso a stanziare dei fondi per l’istruzione dei docenti di sostegno così che imparino questa lingua. Si spera che questo gesto di solidarietà sia motore di molti altri simili