“Odio il capodanno! In tv sembra fantastico, ma ogni volta è una grandissima delusione”: così dice Ted Mosby, protagonista della famosissima serie How I met your Mother, ai propri figli. Non gli possiamo dare torto: le feste di fine anno, dai giorni precedenti il Natale fino ai primi dell’anno nuovo, sono accompagnate talvolta da un mix di emozioni, aspettative e desideri contrastanti che alla lunga sfiniscono e stancano. In questo periodo di luci colorate, pranzi deliziosi e fuochi artificiali, molte persone sono assalite da pensieri malinconici, ansia, stress, solitudine, fino ad alcuni casi di manie autolesioniste e suicide.

È il caso di ciò che viene chiamato Christmas Blues, la depressione del periodo di Natale. Come è possibile che in un periodo allegro e gioioso per antonomasia le persone possano essere afflitte da profondi sentimenti di tristezza e paura?
Christmas Blues, quando il Natale è triste
In realtà, non ci sono prove di una vera e propria “sindrome natalizia”. È vero, gli studi dimostrano un lieve incremento dei suicidi nei periodi di festa e in particolare durante e dopo il Natale (Jessen-Jensen, 2010), ma vengono ritenuti dati “non statisticamente rilevanti”. Non è nemmeno possibile paragonare il Christmas blues a disturbi come i disordini affettivi stagionali, perché non si ripete per forza ogni anno.
Sta di fatto che, nella realtà, durante i periodi di fine anno sono più frequenti incidenti e liti familiari che richiedono l’intervento delle forze dell’ordine, così come aumentano le richieste di aiuto a consulenti e psicologi. I disturbi maggiori sono crisi di pianto, stress, disturbi del sonno, abuso di alcol.
Le motivazioni addotte sono molteplici. Tra le più frequenti, innanzitutto il periodo natalizio è un periodo in cui si passa più tempo in famiglia, e questo talvolta riporta a galla dissapori e conflitti. Anche lutti recenti o situazioni di difficoltà acuiscono il dolore e aumentano la tensione tra parenti.
In secondo luogo, lo stress, anche finanziario, a cui si viene sottoposti: le “mille cose da fare” portano ad una quantità di impegni ben poco conciliabile con il riposo dal lavoro; le spese, inoltre, finiscono per essere eccessive, perché il pensiero “non me lo posso permettere” diventa tabù.
Infine, la convenzione sociale: l’atmosfera impone che “a Natale bisogna sentirsi più felici”, e questi sentimenti imposti diventano una tortura per chi non è dell’umore giusto. Non riuscire a provare quella “gioia” condivisa porta ad isolarsi, a sentirsi diversi e a vivere questo periodo con particolare pesantezza.

I periodi difficili certo non guardano il calendario: la perdita del lavoro, la fine di una relazione, i conflitti con la famiglia possono capitare in ogni momento. Ma quando capitano proprio in un momento così delicato, pieno di aspettative inconsce e di desiderio di serenità, sembra che ci trovano particolarmente esposti: bastano un gesto o una parola, e tutta la fragile luminosità natalizia si spegne nel triste buio della depressione. Perché, allora, siamo così sensibili a questo periodo di fine anno?
L’angoscia di fine anno
Se cerchiamo di capire il sentimento di fondo del Christmas Blues, non possiamo non notare i tratti dell’angoscia, un sentimento che ha assunto particolare rilievo nella storia della filosofia soprattutto grazie ad Heidegger.
Cos’è l’angoscia? È quella situazione emotiva che proviamo di fronte ai nostri limiti, quando ci accorgiamo che non stiamo vivendo in modo autentico, ma trascinati dai fatti della vita. È un sentimento che ci isola dagli altri e dal mondo per riportarci di fronte a noi stessi: non si tratta allora di semplice stress o ansia, emozioni passeggere, ma di quel senso di vuoto del quale non sappiamo spiegarci l’origine. Un vuoto inquietante e tormentoso, ma al tempo stesso ineludibile.
“Non c’è dubbio che il Natale può rivelarsi una micidiale addizione di angosce. Lo è perché è simbolo di speranza miracolosa, perché è una nascita, una metafora di cambiamento”, sostiene la psicoterapeuta Maria Rita Parsi.
Infatti a Natale l’angoscia è più forte perché, a fine anno, percepiamo in modo più netto il tempo che passa. La fine dell’anno è tempo di bilanci emotivi, personali, economici. Dover rendere conto a se stessi della propria situazione è difficile: quante volte abbiamo la sensazione che il tempo sia andato più avanti di quanto noi stessi siamo avanzati!

Ma la fine dell’anno ci ricorda anche la morte. Non in senso macabro: la domanda che l’angoscia del Christmas blues ci pone è “Come stai vivendo?”. Infatti a lasciarci delusi sono le celebrazioni che hanno perso il significato, le tradizioni che sono diventate noiose abitudini: a guidarci è il Si, il soggetto impersonale della frase “Si è sempre fatto così.” Quanto più l’uomo obbedisce al Si (“A Natale si deve essere felici!”, “Natale si passa in famiglia!”, “Nelle feste si sta assieme, altrimenti non si ha mai tempo!”), tanto più è assente da se stesso. Solo l’angoscia, isolandoci e riportandoci a noi stessi, è la condizione necessaria per riprendere in mano la nostra vita.
Il Christmas Blues è angoscia, nel senso di desiderio di vita autentica: una vita di relazioni vere, di discorsi profondi ed onesti, di gesti d’affetto sinceri. Oltre le tradizioni e i cerimoniali, il Natale rinnova il desiderio di dare senso agli abbracci, alle parole, alle persone che contano.
E allora, se state soffrendo l’angoscia di Natale, traetene il massimo e rinnovate davvero la vostra vita: vi auguro di festeggiare e vivere non per convenzione ma per convinzione.
Federico Mandelli