6000 sardine, il movimento nato in una piazza di Bologna si è propagato in tutta Italia ed è arrivato a Palermo.
Quando riunirsi e far parte di un gruppo, di una massa diventa forse la scelta più giusta da compiere. È questo il caso delle 6000 sardine? Ormai è storia ciò che quattro ragazzi emiliani sono riusciti a fare solo qualche giorno fa.
Nascita e diffusione delle 6000 sardine
Mentre Salvini si trovava a Bologna per dare inizio alla campagna elettorale per le regionali, Mattia, Roberto, Giulia e Andrea sono stati capaci di far scendere in piazza 15000 persone. A motivarli un vero e proprio moto di ribellione; una protesta contro questa politica fatta più di proclami e propaganda che di contenuti, di odio e discriminazione invece che di inclusione. Si sono diffuse a macchia d’olio le sardine e le immagini dei loro assembramenti, persino sotto la pioggia come a Modena, scene che in Italia non si vedevano da un bel po’. La voglia e il desiderio di esprimere il proprio dissenso, la volontà di sentirsi un’unica cosa, invece di cedere alla disgregazione che questi tempi pare vogliano farci vivere. A Palermo erano in 4000, insieme davanti al Teatro Massimo al grido di: “populisti la festa è finita”. Intanto le sardine hanno pronto un tour che li porterà non solo in altre città italiane ma anche in Europa e, dulcis in fundo, negli USA. Un gruppo di connazionali emigrati si sta già organizzando per riunirsi all’ombra della statua di Giuseppe Garibaldi a New York, in Washington Square Park. Esprimere il proprio malumore contro una politica sovranista è un obiettivo comune, non è solo relegato ai nostri piccoli confini italiani.
Storia della psicologia delle masse
È la fine dell’800 quando si inizia a parlare di società di massa, intesa senza ombra di dubbio negativamente, con un senso di appiattimento e di totale mancanza di una propria coscienza. È altrettanto vero però che le masse hanno creato un bel po’di rumore nel tempo. Sono state promotrici di grandi movimenti o, all’opposto, si sono rivelate assolutamente deleterie per il genere umano. Molteplici gli esempi che la storia riporta, essenziali per comprendere appieno il genere umano tanto da essere diventati oggetto di studio. Gustave Le Bon prima e Freud dopo hanno dedicato una parte delle proprie indagini ad analizzare ciò che scuote questo ammasso di gente. Quando e perché un individuo smette di essere Io e comincia a riferirsi a se stesso solo come collettività. La psicologia delle masse studia il comportamento di questi gruppi non organizzati o che comunque presentano un’organizzazione temporanea per cui gli individui si riuniscono per la stessa causa. Gustave le Bon, nel lontano 1895, scriveva che una persona posta in una massa tende a commettere barbarie, esprimere opinioni discutibili, totalmente contrarie al buon senso e alle abitudini comuni. Insomma una sorta di incoscienza collettiva, un esercito di pecoroni. Pensate che questo pensiero è datato fine ‘800, in un’epoca estremamente lontana da quella di oggi caratterizzata dall’esistenza dei social, da una diarrea verbale che sembra coinvolgere proprio tutti, anche le nonnine. Lo psicologo e sociologo francese aveva quindi una visione esclusivamente negativa delle folle, un fenomeno sociale capace di amplificare nel bene e nel male i sentimenti insiti in ognuno di noi, ma soprattutto di annullare completamente la razionalità dell’uomo. La massa diventa quasi un luogo in cui sentirsi protetti e sicuri e in cui dare sfogo ai più beceri istinti. Proprio a questa concezione fa riferimento Freud quando parla dell’agglomerato non organizzato di persone. Il padre della psicanalisi infatti fa riferimento alla teoria delle pulsioni quando si riferisce alle folle, in quanto tenute assieme dalla libido. In Non avviene il meccanismo della rimozione che, nella dottrina freudiana generalmente, frena i desideri inconsci. Ovviamente dove esiste questa massa amorfa, c’è un leader. Qualcuno in grado di ipnotizzare, di farsi portatore di un messaggio impressionistico, da ripetere fino alla nausea e così semplice da poter essere facilmente assimilabile dalla gente. Yes, we can o Make America great again sono chiari esempi.
L’aspetto positivo della folla
Accanto a quest’idea distruttiva però, è stato introdotto il concetto di saggezza della massa. Non solo incoscienza collettiva quindi, ma anche intelligenza complessiva. Qual è la principale differenza fra le due folle allora? Mentre nel primo caso c’è semplicemente un leader che trascina la gente senza alcun pensiero di base, quando si parla di gruppi assennati invece le opinioni sono molteplici. Ogni componente della massa porta con sé una riflessione, un’idea, una conoscenza che gli appartiene. Non c’è nessuno da seguire, nessuno che pilota il tuo pensiero. Ogni parere è unico, indipendente e non indottrinabile. Sono le persone e le loro coscienze a far sì che tali aggregazioni siano sinonimo di morte culturale o di rinascita.