Quando Venditti rielabora Dante, nasce Ricordati di me (che son la Pia)

Morte e dimenticanza, queste le paure più comuni; come arginarle, se non addirittura vincerle? Attraverso la memoria. 

Il timore dell’oblio é contrastato dal valore del ricordo: ecco quanto ci consegnano Dante Alighieri nel canto V del Purgatorio e Antonello Venditti in Ricordati di me.

Francesca e Pia sono davvero due facce della stessa medaglia?

Il canto V dell’Inferno, di cui abbiamo parlato la scorsa settimana, dà voce e respiro ad una delle storie d’amore più avvincenti della Letteratura di ogni tempo e voce e respiro sono quelli di una donna in particolare, Francesca da Rimini, la quale viene effigiata ancora (e quindi eternamente) (av)vinta dall’amore per Paolo, il Bello, Malatesta.
In maniera speculare e niente affatto casuale, il canto V del Purgatorio dà voce e respiro ad un’altra donna, Pia dei Tolomei, figura, però, non speculare alla precedente, bensì antitetica.
Perché antitetica?
Perché questa, a differenza dell’adultera ravennate, non é rimasta legata in eterno al male che l’ha perduta, né maledice il suo assassino augurandogli la Caina. Pia il peccato l’ha superato e il male l’ha vinto, trattenendo a sé solo il bene e coltivando il perdono, ma…lasciamo parlare lei stessa.

L’epigrafe perfetta: Siena mi fece, disfecemi Maremma

Uccisa dal marito, il signorotto guelfo Nello Pannocchieschi, che, verosimilmente, l’ha gettata giù da una torre per sposare l’amante Margherita Aldobrandeschi, Pia dei Tolomei, nobildonna senese vissuta nel XIII secolo, avrebbe tutte le motivazioni per scagliarglisi contro, invece, nelle due lapidarie terzine che il Sommo Poeta le dedica, non c’è nemmeno una parola di biasimo; nemmeno una sillaba di recriminazione.
Una vita intera raccolta in un unico verso disposto a chiasmo Siena mi fece, disfecemi Maremma, la morte risolta in un tocco appena accennato, ai vv. 136-137,- salsi colui che ’nnanellata pria/disposando m’avea con la sua gemma, ossia lo sa (bene) colui che, dopo averla chiesta in sposa, le aveva dato l’anello nuziale e, per il resto, solo la memoria dell’affetto rimane: l’anello, l’amore, questi i tratti su cui insiste, non prima però, di aver avanzato una precisa richiesta all’Alighieri, quale?
Quella d’essere ricordata.
Più precisamente, la donna chiede al fiorentino: deh, quando tu sarai tornato al mondo e riposato de la lunga via (…), ricorditi di me, che son la Pia.
Ricorditi di me: queste la supplica che consegna all’Alighieri quando sarà tornato al mondo da questa sua esperienza ultraterrena e quando si sarà riposato dal viaggio.

Il potere della dissolvenza si vince con l’arte della ricordanza

Ricordati di me é anche quanto, supplice alla stessa maniera della Tolomei, ma secoli dopo, chiede Antonello Venditti alla donna da lui amata e cui riserva le stesse formule di cortesia riservate da Pia a Dante.
A Dante é, infatti, chiesto di ricordarsi di lei quando si sarà ristorato; alla donna amata (e persa) da Venditti, é chiesto di ricordarsi di lui in una sera in cui no, non ha da fare (e tutta la città è allagata da questo temporale).
Sono differenti, é vero, i nuclei tematici che la lirica amorosa sviluppa poi e in cui fanno la loro comparsa il dolore il rimpianto, sentimenti così distanti dalle battute purgatoriali, ma é impressionante l’analogica richiesta ed impressionante è quello che essa comunica.
E cosa comunica la richiesta d’esser ricordati avanzata tanto nel 1300, quanto nel 1988?
Beh, comunica che l’arte della rimembranza é ancora l’unica arte con cui l’uomo sappia contrastare e, talvolta, persino vincere, una delle sue più profonde e ancestrali paure, ovvero quella d’essere dimenticato o, ancora peggio, scordato.
(Peggio perché, etimologicamente, dimenticare é uscire dalla mente, ma scordare é uscire dal cuore…)
Il ricordo è il solo appiglio, dunque, che abbiamo per avere conferma di aver lasciato un segno del nostro passaggio, una traccia, quella che ciascuno di noi spera di lasciare e che teme, invece, di non riuscire a imprimere (arrivando, in forma di anima o innamorato ferito, a mendicarla).

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