Pensi di essere un caso clinico? Perché secondo Foucault e AHS dovresti farti internare

American Horror Story è una delle serie tv più conosciute di tutti i tempi. La seconda stagione è ambientata all’interno di un manicomio, luogo ampiamente descritto e analizzato nella filosofia di Foucault.

chambre vide avec cadres de lit

American Horror Story è una serie tv statunitense trasmessa per la prima volta nel 2011, riscuotendo sin da subito ampio successo da parte del pubblico e della critica. Se si inizia a vederla, non se ne può più fare a meno. L’intento dei creatori è proprio quello di stupire i telespettatori, creando per ogni singola stagione una nuova trama, una nuova ambientazione e dei nuovi personaggi. Il gusto dell’inedito tiene i fan di questa serie in pugno da stagioni, tanto che, sebbene se ne siano già collezionate ben 11, si aspetta con ansia la sucessiva di anno in anno.

AHS, Asylum

Seppure le ultime abbiano toccato temi e problemi piuttosto attuali, si sa che il primo amore non si scorda mai e, infatti, i veri amanti di questa serie non possono proprio fare a meno della tenerezza della prima stagione o della perversione di Hotel. Un’altra storia che ha tenuto tutti a bocca aperta è quella narrata nella seconda stagione, Asylum. Come suggerisce il titolo, la serie è ambientata all’interno di un manicomio. Siamo nel 1964 nel Massachusset e queste istituzioni sono ovunque socialmente accettate, a tal punto che la popolazione si sente tranquilla a uscire di casa sapendo che queste anime corrotte sono tutte rinchiuse in uno spazio delegato a questo.

Il manicomio della serie, il Briacliff, è gestito da diverse personalità dai tratti e dai precedenti piuttosto inquietanti. Prima fra tutte, suor Jude, direttrice, di cui si scopre presto la storia bizzarra: nonostante per lungo tempo fosse stata una cantante, la donna ha preso i voti subito dopo aver investito una ragazzina, negandole soccorso nel momento del bisogno. La suora è aiutata nella gestione del manicomio da monsignor Howard, personalità eccentrica e ambiziosa, al punto che desidera diventare papa, e dal Dr. Arden, un medico privo di etica professionale, che in più occasioni propone sadici esprimenti sui pazienti. Fa parte della direzione anche suor Mary Eunice, posseduta da un demone che le farà, ad un certo punto della serie, commettere crimini intollerabili.

La trama di questa stagione soddisfa perfettamente le aspettative degli amanti del genere horror/thriller: omicidi, pazienti che hanno tutte le sembianze dei malati psichiatrici, possessioni, azioni truci e colpi di scena. A chiunque non abbia ancora visto questo capolavoro, si consiglia di iniziare subito; a chi ne ha già sperimentato il gusto dell’orrido, si raccomanda un rewatch! Intrighi, scene inquietanti e la maledetta canzoncina Dominique non potranno che restarvi in testa…

Conoscenza e potere

Ma la ragione per cui si sta parlando qui di questa stagione di American Horror Story non è tanto perchè la si ritiene degna di nota (ragione da non escludere, certo) , quanto perchè essa è ambientata in uno dei luoghi che più inquietano l’essere umano e la coscienza collettiva del nostro millennio: il manicomio.

Per quanto quello che fa da sfondo alle vicende della serie sia un esempio sui generis di questa istituzione, non si può negare che abbia un fondo di verità. I manicomi non solo, come tutti sappiamo, sono storicamente esistiti, ma sono stati luoghi necessari di rinchiudere ed isolare quei soggetti che si ritenevano dannosi o pericolosi per la società. Hanno avuto un ruolo specifico e, sebbene oggi possano suscitare attrazione e repulsione allo stesso tempo, non bisogna dimenticare le ragioni di fondo per cui sono stati creati.

A spiegare l’importanza storica e teorica di queste istituzioni è stato uno dei più grandi intellettuali del secolo scorso, Michel Foucault. Per il filosofo, il manicomio è la massima forma di espressione del potere psichiatrico, di cui si parlerà più approfonditamente nel prossimo paragrafo. Si deve qui innanzitutto spiegare che per potere l’autore non intende mai la relazione tra un soggetto che sottomette e uno che viene sottomesso, ma piuttosto una struttura più articolata. Scrive, infatti:

il potere deve essere analizzato come qualcosa che circola, o meglio come qualcosa che funziona solo a catena. Non è mai localizzato qui o lì, non è mai nelle mani di alcuni, non è mai appropriato come una ricchezza o un bene. Il potere funziona, si esercita attraverso un’organizzazione reticolare.

E allora come si fa a detenere il potere? Con la conoscenza. Gli esseri umani creano dei discorsi, tramite i quali cercano di esprimere una supposta verità. Quando i criteri per definire cosa sia vero e cosa falso si modificano, si modificano anche quellli di conoscenza. Coloro che detengono il sapere, detengono anche il potere. La conoscenza, secondo Foucault, non è mai fine a sè stessa, perchè permette di plasmare il mondo e, in secondo luogo, di conquistarlo.

Il potere psichiatrico

Proprio per questa ragione, Foucault indaga i manicomi: perchè sono centri del potere. In particolare, del già menzionato potere psichiatrico. Da quando la psichiatria si è articolata come una scienza, cioè come una forma di sapere, i manicomi sono diventati un modo per stabilire i principi di normalità e di devianza. Prima, infatti, i folli non erano, seppure esclusi in alcuni casi dalla società, radicalmente allontanati e, anzi, talvolta potevano persino essere venerati. La reclusione fisica è solo l’ultimo passo di un processo avvenuto nel corso di secoli per provare a controllare chi venisse considerato folle.

Appare evidente, infatti, che chi vi si trova rinchiuso viene definito un caso patologico rispetto a dei supposti casi standard o fisiologici. A chiarire chi sia pazzo e chi no sono dei criteri stabiliti dalla psichitria stessa, la disciplina che si propone di definire che cosa sia la verità quando si indaga la mente umana.

A gestire i manicomi non sono le caricature che vediamo in American Horror Story, non sono personaggi strampalati e, a loro volta, mentalmente instabili. La gestione dei manicomi è stata generalmente conferita a figure di rilievo e ai medici che si proponevano di fare esperimenti serissimi. Se i creatori della serie si sentono di farne ironia, è solo perchè guardano a questa storia con l’ironia e la leggerezza proprie di un secolo in cui la sanità mentale non deve più fare i conti con la reclusione forzata.

La messa in scena televisiva ha bisogno di personaggi che rendano immediatamente evidente il loro ruolo a una massa di telespettatori abituata alla concezione secondo cui la salute mentale non è sempre un fatto collettivo (se non nei casi di massima sicurezza), quanto piuttosto una necessità privata.

Ci si augura che il tema della salute mentale diventi sempre più importante per chi ci governa e che avere accesso alle cure di cui si necessita possa diventare di giorno in giorno più facile, al fine di permettere a chiunque abbia bisogno di aiuto di disporre degli strumenti necessari per ottenere il proprio benessere. Si spera, però, anche che ognuno possa capire, per stare in pace con sè stesso, che, come disse Franco Basaglia, padre della legge 180, che ha autorizzato la chiusura dei manicomi,

visto da vicino nessuno è normale.

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