Capire la società è difficile tanto quanto capire Kant. Eppure, le affermazioni del filosofo di Königsberg sono le uniche chiavi di lettura che possediamo per poter leggere e comprendere il mondo che ci circonda.
Chi è straniero nella terra di nessuno? Per anni hanno cercato di spiegarcelo i nostri genitori, i professori e persino la politica. La pace perpetua è possibile? Probabilmente, ma per saperlo dovrai sottoporti alla lettura del terzo articolo definitivo de La pace perpetua di Immanuel Kant. Si, Kant, colui che speravi non ti chiedessero mai ad un orale di maturità. Se all’epoca cercasti di schivare quella domanda in ogni modo, le risposte al quesito le troverai attorno a te (e in questo articolo).
STORIA DEL FILOSOFO DELLA RAGIONE (E DELLA PACE)
Immanuel Kant, oltre ad essere considerato come una delle più note menti occidentali dell’età moderna (e ricordato come quell’uomo che ci ha fatto dannare alle interrogazioni di filosofia), è passato alla storia come il primo uomo ad elaborare una teoria giuridica compiuta su come realizzare la pace. Parliamo di un’illuminista convinto, simpatizzante verso gli ideali di libertà professati dalla Rivoluzione Francese e talmente monotono da convincere la piccola comunità di Königsberg ad impostare i propri orologi in base alla sue passeggiate. Le sue idee politiche possiamo leggerle ne Per la pace perpetua (1795), Il progetto etico-giuridico ha come tema centrale della sua riflessione quello di costruire un buon ordinamento giuridico tale da mantenere, appunto, la pace perpetua. Il filosofo ipotizzò che si potesse realizzare una pace duratura, superando i conflitti, il caos e le guerre, sulla base di una serie di articoli suddivisi tra preliminari e definitivi. Articoli come “Nessun trattato di pace deve essere stipulato con la tacita riserva di argomenti per una guerra futura” e altri come “Nessuno stato si deve intromettere con la forza nella costituzione di un altro stato”. Kant infatti sostiene che uno Stato sia “una società di uomini su cui nessun altro tranne essa può comandare e discutere”. Per Kant “Stato” vuol dire legge, è l’istituzione creata dagli uomini per amministrare il diritto che permette la convivenza e la libertà, in modo tale da stipulare legami pacifici tra gli uomini. Riflette sullo stato di natura, che è definito come uno stato di guerra nel senso che, sebbene non ci siano conflitti aperti, il rischio di questi non è del tutto estinto. Per Kant l’uomo allo stato di natura è ragione e passione. Non siamo, da questo punto di vista, molto lontani da Hobbes e Locke. Davanti allo stato di natura, la ragione dice a qualunque uomo di uscirne. Kant delinea uno “Stato repubblicano” che si basa su “Tre principi della ragione”: La Libertà, L’Uguaglianza e L’Indipendenza dell’individuo. Da qui, la dimostrazione di come la storia sia servita per dare una lezione a chiunque, dalle rivoluzioni fino alle guerre civili e religiose che hanno caratterizzato i secoli in cui hanno vissuto i più grandi filosofi che si sono soffermati sulla scienza politica. Afferma che per raggiungere la pace dobbiamo uscire dallo stato della guerra del tutti contro tutti. Per Kant i tipi di rapporti vengono elencati negli articoli definitivi e sono: fra individui all’interno di una stessa comunità, nel quale il diritto che consente di uscire dallo Stato di natura degli uomini all’interno dello stesso gruppo è il diritto civile; il secondo tipo di rapporto è quello tra gruppi di uomini in quanto Stati, dove il diritto che ci consente di uscire dallo Stato di natura in questo tipo di rapporti è il diritto internazionale; il terzo tipo di rapporto per concludere è quello dello Stato con lo straniero che si trova sul suo territorio. La legge che regola il rapporto dello straniero con lo Stato di cui non è cittadino, ma sul quale si trova, è il diritto cosmopolitico. Si tratta di un articolo talmente contemporaneo da riportarci ai giorni nostri, dove stereotipi e pregiudizi si sono trasformati in un paio di occhiali spessi, talmente spessi da non lasciarci intravedere niente più. Da questo punto di vista, Kant fu un visionario, su quanto sta accadendo in Italia negli ultimi anni.

GUIDA SU COME STARE AL MONDO SECONDO IL DIRITTO COSMOPOLITA
L’articolo cosmopolita si limita alle condizioni dell’ospitalità universale. Ogni cittadino è cittadino di uno Stato e cittadino del mondo intero e quindi i suoi diritti sono validi in qualsiasi luogo. Kant ne precisa il senso come “diritto di visita”, ossia come diritto di recarsi liberamente in un altro Stato, di soggiornarvi e di lavorarvi; il che significa inevitabilmente un dovere di ospitalità da parte dello stato di accoglienza. Oggi si viaggia tanto, chi per lavoro e chi per passione. Viaggiare per noi occidentali è inteso come farsi una vacanza, che sia d’affari o per ferie poco importa. È l’idea che l’uomo, in quanto tale, per i suoi diritti naturali, diventa cittadino del mondo; ci sono dei diritti che non valgono solo rispetto al mio stato, ma rispetto al mondo intero. Pensiamo un attimo all’Unione Europea, in quanto è grazie a lei se possiamo viaggiare liberamente negli stati facenti parte dell’Unione e possiamo essere tutelati in caso di reato. Il diritto di visita però, non vuol dire diritto a colonizzare. Bisogna utilizzare questo verbo in quanto bisogna entrare non solo nell’ottica di Kant, ma nella sua epoca. No, non parliamo neanche di un doux commerce ma ci siamo vicini: colonizzare vuol dire violare l’identità di altri popoli, creare forme di soggezione. Colonizzare un territorio vuol dire che gli indigeni diventeranno uno strumento di lavoro per raggiungere i fini dei colonizzatori. Questa tematica degli scambi internazionali include il diritto al commercio internazionale: come Montesquieu, anche Kant ritiene che il commercio faciliti i rapporti umani e che più i popoli si conoscono, meno diffidano gli uni dagli altri, più si sviluppano relazioni internazionali pacifiche. Se uno straniero si comporta bene, non può essere respinto, in quanto è un suo diritto quello di spostarsi. È il principio di ospitalità universale. Kant afferma che la Terra è popolata dagli uomini: siamo condannati ad incontrarci, amarci e sopportarci. Nessuno Stato può proibire l’ingresso degli stranieri. Tutti viaggiamo. Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo pensato di vivere all’estero. Arrivano, si adattano, aprendo ristoranti dove mangiare pollo indiano. Acquistano i loro abiti tipici a un passo dalla loro nuova casa, perché qualche anno prima una loro connazionale si era trasferita per la stessa ragione: per soldi, aprendo un negozio di gellaba. Essendo tutti uomini dotati di libertà e diritti naturali, nessuno Stato può maltrattare gli stranieri quando arriva sul suo territorio. Gli stranieri, nel momento in cui parliamo di individui che fuggono per cercare una prosperità economica migliore, vanno accolti e hanno il diritto di vivere e lavorare come tutti i cittadini dello Stato, a meno che non si rendano pericolosi o non attentino all’unità nazionale. Solo in quel caso, vanno incarcerati o espulsi. Per il tempo, è un progresso enorme: al tempo di Kant, c’erano gruppi (rom, ebrei) cui veniva impedito di spostarsi, a meno che non notificavano punto di arrivo e partenza del viaggio. Oggi, invece, viviamo nell’epoca dove esistono emigrati di Serie A ed emigrati di Serie B, come quanto accaduto nel Febbraio del 2022 a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina e dell’invasione Russa, in quanto un numero neanche quantificabile di cittadini scapparono per raggiungere l’Europa. L’accoglienza come la gara alla solidarietà fu tanta, ma paradossale, visto che in molti ammisero di volerli aiutare solo perché scappavano da ”una guerra vera”. Si, soltanto perché la videro in televisione e poterono constatarla con i loro occhi. Osservarono i carri armati, udirono gli allarmi. Ciò che accade sul fronte Orientale resta un mistero per tutti, tranne per chi sbarca a Lampedusa alla ricerca di una coperta, di un pò d’acqua e di un posto dove dormire.
NEMICI/AMICI: LA TERRA PROMESSA E LA LOTTA AL PREGIUDIZIO
Gli episodi di razzismo registrati negli ultimi anni ci hanno allontanato da quel traguardo che ci avrebbe resi parte attiva del processo d’integrazione. Non si parla neanche più di etichettare l’uomo in razze come ai tempi del Nazismo o della tratta degli schiavi, quanto piuttosto di avere semplicemente paura del diverso. La storia ci insegna che quando nascono condizioni di pericolo tali da dover fare le valigie e scappare, le persone lo fanno, senza neanche le valigie. Lo abbiamo visto con la persecuzione degli ebrei, con la fuga degli albanesi dal regime comunista e, di recente, con gli sbarchi della popolazione africana nei paesi europei. Secondo gli ultimi dati raccolti, il numero dei migranti sbarcati fino al Agosto 2023 sono stati 106.023. Un dato in aumento rispetto al 2022, dove ne sono stati registrati 52.558, mentre nel 2021 erano 37.169. Sono cifre che nascondono persone, paure, rabbia, tristezza e speranza, quella di un futuro migliore. Molti sono in clandestinità, in quanto attendono asilo e sono all’inizio del lungo cammino che potrebbe portare alla terra promessa. La terra promessa non è la loro, è la nostra. La paura del diverso ci spinge a credere che ogni migrante sbarcato sia un pericolo per la nostra incolumità. Parliamo dell’uomo nero, il nemico della nostra infanzia. Ad alimentare il clima d’odio sono infine i pregiudizi che, legati agli stereotipi, si trasformano in un cocktail letale di violenza verbale come tornate a casa vostra, e fisica, come la sparatoria di Macerata del 2018, quando un italiano sparò ad un gruppo di stranieri, ferendone 6. Il motivo risale a qualche giorno prima, ovvero al rinvenimento del cadavere mutilato di Pamela Mastropietro, uccisa da un nigeriano, in Italia da diversi anni. Frasi Giustizia da soli. L’episodio più recente è stato oggetto di discussione mentre, quest’estate, eravamo sotto l’ombrellone: un branco di stranieri avrebbero tentato di rapire un ragazzo inseguendolo con un machete. Ma nel momento in cui si verificano determinati episodi, chi è che paga? La legge li condanna, ma lo Stato li punisce? Risale a pochi giorni fa la notizia dell’espulsione dall’Italia di un 47enne straniero colpevole di aver molestato una commessa di Pescara. La Giustizia lenta, programmi di recupero fallimentari, sono tutti fattori che non si focalizzano su una migliore integrazione. La strumentalizzazione del rapporto tra migranti e criminalità è stata talmente efficiente da parte di politici e media a tal punto da far credere che chi commette reato non venga punito, o che non esistano leggi che puniscano chi commetta reato e che, anzi, quest’ultimo venga tutelato. Un cammino difficile che vede da un lato i miscredenti e dall’altro chi cerca di costruirsi una vita portando sulle spalle uno zaino, il proprio figlio e un’etichetta che ti trasforma in un criminale. Criminale per l’europeo medio, è chi veste una pelle scura, un cappotto bagnato e una pagella cucita sui propri abiti. Come un passaporto, una carta dei diritti come quella dell’Unione, che vorrebbe dirti ”Non ho commesso alcun peccato”.