“Only for white persons”: Mandela, Morgan Freeman e “Invictus” ci raccontano l’Apartheid

La storia di un leader che dalla sua prigione ha voluto cambiare il mondo.

Nelson Mandela visita la prigione dove fu rinchiuso.

“Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso” diceva Nelson Mandela. Dalla sua prigione osservava il Sudafrica piegarsi alle ingiuste leggi dell’Apartheid.

L’ALTRA SUDAFRICA: I CATTIVI VICINI

l’Apartheid è stata una segregazione razziale. La cornice fu il Sudafrica, nel 1948, a seguito della vittoria elettorale del partito nazionalista. A causa di tale vittoria, le leggi dell’apartheid dominarono il Sudafrica dal 1948 fino al 1991, dividendo il paese tra la minoranza bianca e la maggioranza nera, etichettandoli in bantu e coloured. Successvamente, si sarebbero aggiunte categorie per gli asiatici, gli indiani e i pakistani. A causa di tali leggi, non si potevano frequentare determinati luoghi, esercitare determinate professioni e accedere al sistema scolastico. Ciò era dovuto alla volontà di diminuire qualsiasi relazione interrazziale, sia in ambito sociale che politico. Per gli oppositori dell’Apartheid non c’era scampo, in quanto venivano sancite punizioni di ogni genere. Fu soltanto l’inizio, in quanto la forza del popolo nero nel voler farsi sentire era talmente tanta da dare il via a scioperi e manifestazioni. Non sono mancati boicottaggi e scontri che culminarono col massacro di Sharpeville, accaduti durante gli anni sessanta. Il cammino per la restaurazione dei diritti sarà lento, sofferto e fatto di piccoli ma grandi passi che hanno portato alla caduta dell’Apartheid: nel 1984 fu permesso agli asiatici e ai coloured di essere rappresentati in parlamento, mentre la stessa Sudafrica dovette allentare le restrizioni a causa delle condanne internazionali. La vera svolta arriva nel 1990, quando Frederick de Klerk liberò Nelson Mandela, con cui tre anni dopo stipulò un accordo. Durante le prime elezioni libere del 1994, Nelson Mandela divenne il primo presidente nero nella storia del Sudafrica. Anche i più piccoli avrebbero riconosciuto la straordinaria bellezza di tale icona politica, simbolo di pace e di fratellanza, grazie al film hollywoodiano ”Invictus”, dove le capacità diplomatiche di Mandela sarebbero entrate sia in campo politico che nel rugby.

Morgan Freeman nei panni di Nelson Mandela.

UNA PARTITA PER LA PACE: LA MISSIONE DI MANDELA RACCONTATA DA CLINT EASTWOOD

Una nazione da ricostruire ed una partita di rugby da vincere. Il film Invictus si presenta così, e ci regala un’immagine inedita di Mandela, capace di riconoscere in un campionato di rugby l’occasione per risollevare il Sudafrica. I fatti narrati nel film diretto da Clint Eastwood, infatti, sono tutti reali. Era il 1994 quando la squadra degli Springbooks a seguito della caduta dell’Apartheid venne riammessa ai campionati, ma il suo ritorno sulle scene desterà non poche polemiche. Da sempre sostenuta da una tifoseria bianca e seppellita dagli insulti di quella nera, la missione di Mandela sarà quella di unire queste due tifoserie che possa oltre che tifare per la propria squadra anche per la propria Nazione, attraverso un processo senza precedenti. Non sarà facile, visto che la squadra capitanata da Francoise Piennar perde partita dopo partita, ma grazie all’aiuto di Mandela una squadra così difficile come gli Springbooks riuscirà finalmente a vincere il campionato. Il successo della nazionale diventa simbolo del riavvicinamento della popolazione nera alla popolazione bianca e del procedere del processo di integrazione. Il film verrà acclamato dalla critica e si porterà a casa due nomination agli Oscar, oltre che al plauso di chi si è commosso guardando la pellicola e le drammatiche scene che raccontano non solo quanto passato da Mandela, ma da tutto il Sudafrica.

LA POESIA

Di seguito riportiamo la poesia da cui è tratto il titolo del film, scritta dal poeta inglese William Ernest Henley e letta da Mandela durante la sua prigionia e ripresa nel film quando Francoise Piennar interpretato da Matt Damon visita la vecchia, piccola cella di Mandela:

“Dal profondo della notte che mi ricopre
Nera come la fossa da un polo all’altro
Ringrazio gli dei qualunque essi siano
Per la mia anima indomabile.
Nella stretta morsa delle avversità
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e lacrime
Incombe soltanto l’orrore delle ombre.
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita.
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.”

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