Chi di noi almeno una volta nella vita non ha mai pensato di lavorare durante la stagione estiva, rinunciando così al mare e alle vacanze, per poter mettersi da parte qualcosa e cominciare a sentire il primissimo sapore della responsabilità e dell’autonomia economica? A scontrarsi con i nostri buoni propositi però, incontriamo gli annunci online, spesso non veritieri, che a nostra insaputa ci stanno conducendo alla truffa, all’estorsione e all’inganno.
Sempre più studenti si affacciano al mondo lavorativo attraverso i cosiddetti lavori stagionali: occupazioni che si svolgono per un periodo specifico dell’anno e in un breve o medio lasso di tempo. Gli sbocchi lavorativi di breve periodo sono tantissimi, e tra l’ambito agricolo, alimentare e dell’intrattenimento, spicca quello del turismo. Centinaia di annunci in cerca di bagnini, cameriere di sala, animatori, si susseguono l’un l’altro. Quasi tutti offrono le stesse condizioni: vitto e alloggio assicurato, stipendio onesto, orario di lavoro non sopra le 8 ore, e un giorno libero a settimana, ottenendo così un’offerta vantaggiosa difficile da rifiutare. Ma cosa si nasconde esattamente dietro tutto ciò? Cosa si cela dietro le facce sorridenti di chi ogni giorno vi accoglie in albergo, dietro animatrici preparate e gentili disposte ad assecondare e soddisfare ogni capriccio? La verità è assai ben diversa dall’apparenza: la bellissima opportunità da cogliere al volo, si traduce in sfruttamento, orari massacranti, contratti fasulli e pochissimi diritti. I piccoli errori sono seguiti da urla e aggressioni psicologiche, ma nonostante tutto bisogna annuire e obbedire. Stiamo parlando dell’altra faccia del turismo di massa, dove il lavoro viene malpagato e abusato, nel quale il datore cerca di trarre il massimo profitto a discapito delle regole. Purtroppo questo è un aspetto di cui non si parla abbastanza e infatti si nota una certa ritrosia nel denunciare: è difficile dare dei numeri, sono centinaia i casi riportati ogni anno, senza contare le innumerevoli situazioni che non vengono segnalate, perché la maggiore difficoltà del lavoratore è quella di uscire allo scoperto senza ritorsioni, mentre paura e sconforto spingono a non affrontare la questione dal punto di vista penale.
La Riviera e lo schiavismo 2.0
L’economia del turismo si costruisce spesso su rapporti di lavoro estremamente svantaggiosi e degradanti per i lavoratori, e ne è esempio la Riviera romagnola, uno dei posti più conosciuti e rinomati d’Italia, dove alberghi, ristoranti, piscine e discoteche offrono divertimento e svago ai turisti. Città come Rimini, Riccione e Milano Marittima fanno del turismo la loro fortuna, ma non sempre i vantaggi sono a beneficio di tutte le componenti. Infatti in queste zone lo sfruttamento ha da sempre assunto un carattere intensivo e umiliante: il lavoro è sfiancante e molto spesso viene gettato il seme della discordia tra i dipendenti che devono subire l’altissima pressione psicologica (composta per di più da violenza verbale e talvolta fisica) inflitta dai superiori. Ma la violazione più frequente è il mancato turno di riposo, ufficialmente dichiarato ma inesistente nella realtà, arrivando così a ritmi lavorativi non previsti dal contratto. Inoltre quando si parla di “vitto” il più delle volte ci si sta riferendo agli avanzi degli avanzi dei clienti, il cibo infatti viene lesinato, il contenuto dei piatti è congelato e scongelato in loop, ciò che non viene buttato viene dato ai dipendenti, e questo non sempre è sinonimo di cibo fresco o sano. Per non parlare dello stipendio da fame che sfiora l’illegalità, una retribuzione talvolta pari a 3.50 euro l’ora, in un ambiente in cui si fatica 11 ore al giorno, tutti i giorni. Considerato il fenomeno endemico in molti ristoranti, alberghi, lidi romagnoli (e non solo), si arriva alla conclusione che i controlli siano insufficienti e le istituzioni assenti di fronte al fatto: occorre rompere il meccanismo di omertà . Sono numerose le associazioni nate a difesa dei lavoratori stagionali, come “Rumori Sinistri”, nata a Rimini nel 2005, il cui scopo è quello di dare spazio alle voci dei lavoratori che denunciano le situazioni inenarrabili del lavoro stagionale, senza garanzie e senza tutele contrattuali, attraverso campagne informative e di sensibilizzazione, per dimostrare che l’alta capacità di sopportazione e resistenza a volte non è per nulla sufficiente.

Marx e il tema delicato dello sfruttamento
Quello sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è un processo storico che ha radici molto profonde: Karl Marx, filosofo e politico tedesco, cercò di individuarne le cause, i colpevoli e gli innocenti, tentando una sorta di rivoluzione, cercando di elaborare teorie di denuncia con l’intento di cambiare una società inferma e turbata dal capitalismo. Ad oggi le cose non sembrano cambiate, il fenomeno dello sfruttamento è ancora molto radicato, e si potrebbe fare riferimento ad un processo di reificazione della persona, che diventa res, oggetto, cosa, a servizio del capitalista. Esso evidenzia come il modo di produzione capitalistico possa influenzare la vita delle persone e la loro capacità di reagire a tale potere. Infatti secondo il filosofo tedesco, l’uomo è vincolato ad un’alienazione economica, ossia una condizione di profondo disagio in cui è costretto a vivere in conseguenza al sistema economico vigente. È quindi la povertà che ci spinge ad accettare condizioni di lavoro pesanti e dure? Secondo Marx l’alienazione dell’uomo avviene sotto molteplici aspetti: il lavoratore è vincolato ai ritmi frenetici e stressanti che l’impiego impone, il rapporto privilegiato è quello con il “capitalista” a discapito delle relazioni sociali e familiari che l’uomo non ha tempo di coltivare. Di conseguenza avviene una spersonalizzazione dell’essere umano che perde gratificazione in ciò che fa, dato che i vantaggi favoriscono esclusivamente gli imprenditori, visto il basso costo della manodopera. Ma la colpa di tutto ciò ricade solo sui malfattori, imprenditori e capi di lavoro che non rispettano le regole? Secondo Marx lo sfruttamento avviene soprattutto perché all’interno della società ci sono individui disposti a “sottomettersi”, che tollerano la condizione precaria e di disagio in cui si trovano. Perciò, se al contrario, la massa rifiutasse di piegarsi agli sfruttatori, lo sfruttamento stesso non troverebbe terreno fertile per concretizzarsi. Chiaramente ai giorni d’oggi sarebbe esagerato e fuori luogo parlare di una rivoluzione, poiché l’epoca in cui le teorie marxiste vennero elaborate era ben differente rispetto a quella attuale. Ciò non esclude però il dovere di denunciare, aiutare chi si trova in una situazione di lavoro ingiusta e denigrante, rivolgendosi alle associazioni competenti in grado di darci il giusto aiuto.

Rosanna Sapia