Nietzsche ed il cinema vedevano il mondo allo stesso modo: come una favola illusoria

Il cinema, essendo una delle più dirette imitazioni e interpretazioni del reale, declina per immagini il sapere concettuale della riflessione filosofica, diventandone un luogo di esercizio. Il potere comunicativo delle immagini, infatti, rende il cinema perfettamente adatto ad esplorare moltissimi temi filosofici, sollecitando nello spettatore la meraviglia di imparare a ragionare. Ma qual è il limite tra il mondo vero e l’interpretazione, tra la realtà e la narrazione?

In questa ottica, esempio del dialogo tra il cinema e la filosofia è l’intuizione speculativa del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche applicata e interpretata dal cinema espressionista dei primi anni del XX secolo, tanto quanto dal cinema contemporaneo. Nietzsche, con la decostruzione della realtà esistenziale, afferma che tutte le idee nascono da una particolare prospettiva. Ciò significa che esistono infiniti schemi concettuali che rendono la conoscenza della cosa in sé e della verità, impossibile o quantomeno irraggiungibile. La sostituzione del mondo vero con quello apparente, che sembra esso stesso destinato a scomparire, è il fulcro interpretativo delle teorie nietzscheane che si adattano al mondo del cinema. L’esistenza è illusione, ingannevole apparenza, un mero prodotto del fittizio (“ I fatti non esistono, esistono solo interpretazioni” – Critica dei valori supremi). Nel cinema espressionista il rapporto con il mondo fenomenico, quello visibile, si riduce sempre ad un labile confine tra ciò che appare e ciò che è realtà, la quale viene ridotta ad una dimensione mutevole che inganna e si modifica, lasciando lo spettatore in tutta l’ambiguità del dubbio.

Nietzsche e il cinema

Le tematiche nietzscheane dello sdoppiamento dell’io in virtù delle interpretazioni e del prospettivismo (come si evince dall’affermazione di Zarathustra: “Finalmente ho più di un volto!”) formano un orizzonte teorico interpretato in maniera differente da moltissimi film: da Matrix a Memento, da Inception al Cigno nero, tutti film che affermano il carattere dell’illusorietà del mondo visibile. Moltissimi registi sembrano aver fatto proprio il pensiero di Nietzsche: dai tratti dell’Übermensch (l’oltreuomo) illustrato da John Sturges nel film “I magnifici sette”, all’esercizio della violenza e dell’irrazionalità di Kurbrick in Arancia Meccanica. Avendo analizzato in breve come Nietzsche sia direttamente collegato alla produzione di molte opere cinematografiche, impossibile non citare la complessità del prospettivismo narrativo in Citizen Kane (Quarto potere). Il personaggio principale è costruito attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuto, delineando una vastità di differenti personalità. Kane è la somma delle interpretazioni che la gente ha di lui, e quindi sorge spontaneo il dubbio: esiste Kane come personaggio in sé o è solo il prodotto confuso del prospettivismo? Senza dubbio Kane si inserisce perfettamente nell’ottica nietzscheana della problematica legata al volto effimero dell’apparenza, proprio perché riflette quel confine sottile tra la verità in sé e la verità declinata secondo diverse prospettive. Kane infatti è visto come un personaggio ribelle per alcuni personaggi, per altri è un grande imprenditore, mentre per la moglie è solo un individuo orgoglioso ed egocentrico che vuole affermarsi a discapito degli altri. Tutto ciò mette in luce la pluralità di oggettivazioni di uno stesso personaggio e di una stessa realtà. Il film, dunque, non intende raccontare una storia attraverso un approccio lineare, ma decide di proiettare l’enigmaticità del soggetto esistenziale nella complessità della scelta cinematografica. La fragilità dell’identità e la crisi dell’unicità del soggetto è quindi il perno di “Quarto potere” che assume una valenza filosofica e una portata concettuale notevole.

Il mondo è quindi diventato illusione, una favola apparente. Ma cosa intende Nietzsche quando afferma che il mondo è diventato una favola? E se intendesse proprio percepire il mondo come un racconto, una narrazione? Questa intuizione, racchiusa nell’aforisma del “Crepuscolo degli idoli”, ci permette di ricollegare Nietzsche all’essenza del cinema stesso. Cos’è il cinema se non il più grande mezzo di trasformazione del reale? Cos’è se non il racconto del mondo, la realizzazione di una favola immaginaria?

Elisa Lagatta

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