538 morti sul lavoro nel 2021 secondo i dati INAIL del primo semestre e con un incremento tra i giovani con età compresa tra i 20 e i 29 anni.
Le morti sul lavoro sono una piaga in Italia, aumentano nel 2021 tra i giovani, diminuiscono rispetto allo stesso periodo 2020 nel quale un peso enorme lo ha avuto anche il Covid. Ultima la morte di Laila El Harim, la 41enne schiacciata la mattina del 3 agosto da una fustellatrice nell’azienda in cui lavorava in provincia di Modena. Queste tragiche morti sul lavoro in Italia riguardano giovani e meno giovani e impongono una riflessione circa la garanzia della sicurezza dei lavoratori, sancita dalla Convenzione sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro del 2006 dell’Organizzazione Internazionale dei Lavoratori.
Cosa afferma la Convenzione dell’OIL del 2006
La Conferenza generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, convocata a Ginevra dal Consiglio di amministrazione dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, riunitasi il 31 maggio 2006, nella sua novantacinquesima sessione, pone i seguenti obiettivi: ogni Membro che ratifica la presente Convenzione deve promuovere il miglioramento continuo della sicurezza e della salute sul lavoro per prevenire le lesioni e le malattie professionali e
i decessi riconducibili al lavoro attraverso l’elaborazione di una politica nazionale, di un sistema nazionale e di un programma nazionale, in consultazione con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori più rappresentative; ogni Membro deve adottare misure attive per realizzare progressivamente un ambiente di lavoro sicuro e salubre attraverso un sistema nazionale e dei programmi nazionali di sicurezza e di salute sul lavoro, tenendo conto dei principi enunciati negli strumenti dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) rilevanti per il quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni Membro deve valutare periodicamente quali misure potrebbero essere adottate per la ratifica delle convenzioni rilevanti dell’ILO relative alla sicurezza e alla salute sul lavoro, in consultazione con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori più rappresentative. Inoltre, i firmatari della Convenzione devono: promuovere un ambiente di lavoro sicuro e salubre attraverso l’elaborazione di una politica nazionale, far progredire, a tutti i livelli rilevanti, il diritto dei lavoratori ad un ambiente di lavoro sicuro e salubre, così come, alla luce delle condizioni e della prassi nazionale, e in consultazione con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori più rappresentative, i principi di base quali: valutare i rischi o i pericoli riconducibili al lavoro e combattere alla fonte i rischi o i pericoli riconducibili al lavoro; e sviluppare una cultura nazionale di prevenzione in materia di sicurezza e di salute, che includa l’informazione, la consultazione e la formazione.
Come si comporta, invece, il diritto italiano in materia di lavoro
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Questa frase la conosciamo tutti. Si tratta, infatti, del primo articolo della nostra Carta Costituzionale. Il primo articolo di un documento importante come la Costituzione non è casuale ma è una sorta di programma, di motto, di tratto distintivo. Aprire la Costituzione con una frase come quella significa allora affermare che il lavoro è il fondamento dell’intero stato italiano. Per questo la nostra Costituzione è stata definita lavorista. Ma quali sono i diritti sul lavoro previsti dalla Costituzione? La Costituzione, infatti, non si limita ad affermare dei principi generali o delle norme programmatiche, come appunto l’articolo 1. Accanto alle norme di principio, infatti, ci sono delle norme costituzionali che introducono dei diritti a favore dei lavoratori che sono direttamente efficaci ed applicabili come, ad esempio, il diritto ad una giusta retribuzione. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Per alcuni anni, si è pensato che questa norma fosse precettiva: il cittadino senza lavoro poteva esigere che lo Stato gli desse un lavoro. Successivamente, è prevalsa una diversa interpretazione in base alla quale questa norma è programmatica e invita i poteri pubblici a mettere in campo delle politiche che favoriscano l’occupazione dei cittadini. Il lavoro, nella Costituzione, non è visto solo come un diritto, ma anche come un dovere. La carta afferma, infatti, che ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Inoltre, i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Questa norma è stata attuata con la creazione del sistema di previdenza sociale gestito dall’Inps e dall’Inail che, nelle ipotesi previste dalla Costituzione, erogano delle provvidenze a favore degli aventi diritto come l’indennità di inabilità assoluta al lavoro in caso di infortunio o di malattia professionale, l’indennità di malattia in caso di malattia del dipendente, la pensione di invalidità e vecchiaia, la Naspi (ossia l’attuale indennità di disoccupazione) in caso di perdita involontaria del lavoro da parte del lavoratore. La Costituzione prevede che gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ma la realtà dei fatti non rispetta alcun principio
Il rapporto INAIL sulle morti sul lavoro del primo semestre del 2021 mostra uno scenario macabro. Al 30 giugno di quest’anno risultano nove incidenti plurimi avvenuti nel primo semestre, per un totale di 23 decessi, 15 dei quali stradali (due vittime in provincia di Bari e due in quella di Torino a marzo, quattro in provincia di Ragusa ad aprile, sette in provincia di Piacenza a giugno). Due lavoratori hanno perso la vita a seguito di un crollo di un fabbricato in provincia dell’Aquila a marzo, due a causa di inalazione di vapori tossici in provincia di Pavia a maggio, due per esplosione/incendio di un capannone in provincia di Perugia a maggio, altri due, infine, per soffocamento durante la pulizia di una cisterna in provincia di Cuneo a giugno. Lo scorso anno, invece, gli incidenti plurimi registrati tra gennaio e giugno erano stati quattro, con 8 casi mortali denunciati. Dall’analisi per classi di età si segnala l’aumento di morti sul lavoro per i giovani tra i 20 e 29 anni (6 decessi in più) e per la fascia 40-54 anni (+28 casi). Diminuiscono invece per la fascia d’età 30-39 anni (-7 casi) e over 55 (-59 decessi, da 307 a 248 casi). Un problema quello delle morti sul lavoro che riguarderebbe anche e soprattutto la prevenzione e la formazione per la sicurezza, cui si aggiunge anche la tendenza al risparmio con il ricorso al lavoro nero. Quello della corretta formazione e dei controlli circa il rispetto delle regole in termini di sicurezza sul lavoro diviene un tema urgente da affrontare per ridurre il rischio di morti sul lavoro, specie in un settore come l’edilizia che si vuole incrementare con il PNRR. Ma dalle parole bisogna passare ai fatti, perché morire per guadagnarsi il pane non rispetta la dignità dell’essere umano.