L’urlo silenzioso dell’anoressia: l’intervista a Simone Carotenuto

Simone Carotenuto, 23enne fit-influencer di Roma, è conosciuto sulle piattaforme Instagram e You Tube con lo pseudonimo di sim1workout. Lo abbiamo contattato e, dimostrandosi alquanto disponibile, ci ha concesso un’intervista riguardante un tema da lui particolarmente sentito: l’anoressia nervosa. Avendo sofferto di tale disturbo sin dai 13 anni, Simone ha voluto condividere con noi la propria esperienza, sottolineando così l’importanza di tale gesto: “Con questo – ha asserito – spero di essere d’aiuto a quante più persone sia possibile”.

L’anoressia nervosa: una malattia, non un sintomo

Una vecchia foto di Simone Carotenuto, ritratto in condizioni di salute evidentemente non ottimali

L’anoressia nervosa, insieme alla bulimia, consta d’uno tra i più importanti disturbi del comportamento alimentare – o DAP, Disturbi Alimentari Psicogeni. Essa, nello specifico, concerne un quasi totale rifiuto del cibo da parte d’un individuo generalmente caratterizzato dall’ossessivo timore d’ingrassare. In termini di personale evoluzione, tale malanno coinvolge funzioni psicologiche, neuroendocrine, ormonali e metaboliche. I trattamenti, seppur tuttora in fase di studio, consentono il dono d’un modesto beneficio al paziente attraverso la somministrazione di cure farmacologiche. L’anoressia nervosa altro non è se non una malattia e, pertanto, non deve in alcun modo essere confusa con l’omonimo sintomo – appunto la mancanza d’appetito –, il quale, al contrario, indica la possibile presenza d’un differente stato patologico.

L’eziologia del disturbo: come nasce l’anoressia nervosa?

L’origine dell’anoressia nervosa non risulta, ancor ora, completamente chiara. La sua nascita si attribuisce, di consueto, ad una mera mistione di cause: sussistono motivazioni predisponenti di natura biologica, sociale ed altresì psicologica a cui si sovrappongono fattori considerati scatenanti.

Le cause biologiche

Gli ormoni gastrointestinali svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione neuroendocrina dell’ingestione del cibo e del mero senso di sazietà. La grelina, ormone atto allo sviluppo dell’appetito, può pertanto contribuire alla manifestazione dell’anoressia nervosa in caso di mancato – o non corretto – funzionamento.

Le cause sociali

Tra i fattori predisponenti risultano rilevanti tanto la familiarità – una letterale conseguenza genetica – quanto il contesto familiare. Quest’ultima, in particolare, può contribuire alla nascita d’un DAP nel caso in cui sussista una situazione di grave difficoltà comunicativa. In altri termini, il non poter comunicare od esprimere le proprie emozioni rende l’anoressia nervosa una sorta di comunicazione non verbale verso la famiglia, una inconscia richiesta di udienza, un terribile urlo silenzioso. In altre circostanze, il disturbo deriva da significative problematiche d’autostima, legate a feedback negativi reiterati dal sistema sociale ed amicale. Altresì l’ambito massmediatico, fornendo agli individui canoni ideali di bellezza, contribuisce alla formazione d’una generale insoddisfazione riguardo il personale stato fisico.

Le cause psicologiche

Come già trattato in riferimento alla percezione dell’immagine allo specchio, uno tra i processi maggiormente coinvolti, soprattutto in fase di mantenimento, concerne la dismorfofobia: i soggetti sofferenti di tale difficoltà non solo si rivelano insoddisfatti del proprio aspetto, bensì non riescono a percepirlo con obiettività. Questi, infatti, nell’atto d’osservarsi allo specchio, presentano una tendenza ossessiva nel vedere un corpo distorto e peggiore di quanto realmente non sia. La dismorfofobia non concerne unicamente una errata valutazione percettiva, ma un disturbo psicopatologico che coinvolge la rappresentazione dell’intero schema corporeo.

L’intervista a Simone Carotenuto

Simone Carotenuto nella così definita “Power House”, ovvero la sua palestra casalinga

A che età, all’incirca, hai iniziato a soffrire di anoressia?

Intorno ai 13 anni.

Parlami di quel periodo, di come lo hai trascorso, di come vivevi.

Ero in piena fase di adolescenza, con tanti cambiamenti da affrontare: la scuola superiore, in cui non mi trovavo assolutamente bene, il calcio, sebbene non riuscissi più a giocare bene, diversi amici e così via. Era un periodo in cui avevo paura, soprattutto per ciò che mi poteva riservare il futuro. Avevo paura di non riuscire a gestire tutto come volevo, paura di non arrivare dove volevo arrivare, di non riuscire ad avere il controllo delle cose. Insomma, tutto doveva andare alla perfezione. Scuola, sport, condizione fisica, tutto. Simone non si accettava per com’era, non stava bene con se stesso… e si sentiva solo. I miei genitori non erano molto presenti perché lavoravano sempre e quando cominciarono a preoccuparsi era già troppo tardi… Mi volevano aiutare, ma ero diventato ingestibile. Il perdere peso velocemente ed il digiuno prolungato erano solo la punta dell’iceberg: il reale problema era mentale, non fisico.

Poi hai trovato una spinta, sei rinato: cos’è successo?

Dopo che il mio peso arrivò a toccare i 38kg e dopo essere stato ricoverato in fin di vita, ci furono 5 anni di alti e bassi fino a luglio del 2014, la data della mia rinascita vera e propria, della mia rivincita. Fu allora che nacque Sim1workout. A luglio, decisi di iscrivermi in palestra per dare una svolta alla mia vita. Avevo finalmente capito che non potevo più continuare a vivere in quel modo.  

Credi che la tua situazione passata abbia influenzato chi sei ora?

Assolutamente sì. Dopo aver passato tutto questo, posso dire di essere diventato una persona sicuramente più forte, soprattutto caratterialmente. Guardo ogni cosa con una mentalità diversa, una mentalità che si mantiene sempre positiva e vincente di fronte a tutto!

A tuo avviso, uscire da una condizione di anoressia a livello fisico equivale ad uscirne altresì psicologicamente?

Certo che no! L’anoressia è, in primis, una malattia mentale! Uscito dall’ospedale, non ero più in fin di vita, ma comunque non ero guarito. Dall’esterno, le persone guardano un anoressico pensando che il problema risieda nel cibo, ma, in realtà, come ho detto prima, quella è solo la punta dell’iceberg.

La palestra ti ha aiutato considerevolmente: in che modo lo ha fatto? Come sei entrato in contatto con quel mondo?

Il prima ed il dopo di Simone: è visibile un netto miglioramento tanto della forma fisica quanto di salute

Decisamente! La palestra mi ha salvato letteralmente la vita. Quando iniziai, pesavo 48kg ed ero alto 1.78m, dunque ancora molto sottopeso. Cominciai con una dieta ipercalorica, che mi consentì di prendere 2kg al mese, più o meno. Inoltre, sempre in quel periodo, aprii un canale YouTube: Sim1workout. Non lo feci per fama o popolarità, non mi interessava diventare famoso. Iniziai, in primis, per documentare la mia vita ed il mio percorso, per mostrare a tutti che anche il ragazzo con la genetica peggiore del mondo, pur partendo da una situazione disastrosa, può farcela! Posso quindi dire di essere rinato grazie al fitness… e a You Tube. Da quel momento, la mia vita cominciò a cambiare. 

Ora come stai? Indubbiamente in termini fisici stai molto bene, ma psicologicamente? Temi ricadute?

Sto benone, grazie! Soprattutto psicologicamente. No, non temo ricadute: ora come ora, è solo un lontano ricordo, una cosa passata ormai da anni.

Se potessi lanciare un messaggio a chi tuttora vive una simile situazione, cosa diresti?

Ragazzi, fatevi aiutare dalle persone che vi sono vicine. Fatevi aiutare da uno psicologo. Per quanto mi riguarda, e lo dico con fierezza, mi ha dato una gran mano. Ricordatevi sempre che la vita è una e che questa malattia fa perdere tanto tempo prezioso, tanti anni che non torneranno più indietro. Daje regà!

Lasciamoci con due auguri: anzitutto, cosa auguri a te stesso? E, poi, cosa auguri a chi sta lottando contro l’anoressia?

Auguro a me stesso di continuare ad essere felice, positivo e determinato più che mai a migliorarmi e ad aiutare gli altri. Per quanto riguarda le persone che soffrono o hanno sofferto, auguro loro di ritrovare la felicità, di accertarsi di vivere una vita piena di gioie e soddisfazioni. Chi ha avuto un passato come il mio sicuramente ne ha passate tante. Perciò, ragazzi, ritrovate la forza che è in voi! So che c’è, so che l’avete: bisogna solo tirarla fuori!

Sulla conclusione dell’intervista, Simone è intervenuto nuovamente, asserendo: “Con questo, spero di essere d’aiuto a quante più persone sia possibile”. Ritengo, personalmente, che ciò dica più di quanto possa fare un semplice commento di chiusura. L’esperienza e la sua condivisione, in riferimento a qualunque ambito della vita, giocano un ruolo fondamentale e di primordine nella misura di prevenzione d’un danno e d’una ricaduta. Se così non fosse, del resto, risulterebbero vane. Altro non posso fare, dunque, se non ringraziare il mio omonimo per le dichiarazioni rilasciate, per aver condiviso con me e con tutti una sezione decisamente oscura del proprio vissuto. Mi auguro – si perdoni il gioco di parole – che il suo augurio si avveri davvero per “quante più persone sia possibile”.

Simone Massenz        

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